Alluvione di Valencia: come il "global warming" sta distruggendo il vero ambientalismo

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  Alluvione di Valencia: come il "global warming" sta distruggendo il vero ambientalismo

 

 
 
di Francesco Corrado
 
 
 
Dopo la tragedia che ha colpito la Comunità Valenziana, l'UE e il governo spagnolo vogliono utilizzare la catastrofe per imporre la sempre più stringente legislazione in tema di "cambio climatico". La narrazione consiste nel considerare l'accaduto come un fenomeno unico, almeno per la sua entità, e che la colpa sarebbe del riscaldamento globale. L'altra settimana su RAI1 nel programma di Giorgino, XXI secolo, il ministro Pichetto Fratin ribadiva testualmente: "sono eventi incredibili, se uno ci avesse detto che a Valencia arrivava ciò che è arrivato nessuno ci avrebbe creduto. Nessun meteorologo l'avrebbe previsto."
 
Scienza alla mano, queste considerazioni sono false e false le affermazioni del ministro. Nel caso specifico l'arrivo di una forte tempesta era stato previsto da tutti: dai meteorologi spagnoli come dai vicini francesi e virale è diventato l'allarme inviato dall'ambasciata giapponese ai propri cittadini. L'allarme dato dai giapponesi veniva dallo studio di ciò che dicevano i meteorologi spagnoli e francesi, ovviamente. Il fenomeno che ha colpito Valencia è invece del tutto normale, non solo: con la sua azione ripetuta nel tempo ha contribuito a plasmare l'orografia della costa Valenziana. Ciò che è successo quest'anno è solo la ripetizione di un fenomeno che va avanti, con regolarità, da millenni. Riguardo alle fonti scritte in materia, e limitandoci a Valencia città, lasciando quindi da parte le altre due province della Comunità (Alicante e Castellon), possiamo risalire al 1321 e solo perché i “Llibres de Consell” anteriori sono andati distrutti in un incendio. Il fenomeno peraltro viene riportato anche in epoca romana. E se proprio negli archivi, che coprono un periodo di 700 anni, con 25 alluvioni riportate, vogliamo trovare un fatto anomalo, questo lo troviamo nel biennio 1589-1590 quando, per due anni consecutivi, la città venne travolta da grandi alluvioni causando danni irreparabili e spingendo le autorità locali a creare istituzioni pubbliche e rinforzare altre già esistenti, al fine di rinnovare la canalizzazione delle acque, costruire argini e fare altri lavori idraulici. Nel XVI secolo il clima si stava raffreddando rispetto all'optimum medioevale e si stava entrando nella cosiddetta PEG, quindi niente global warming. Si tratta di un fenomeno previsto e prevedibile, per contrastare il quale, nel corso dei millenni, l'uomo ha agito con progetti ed opere, riuscendo così non solo a conviverci ma anche a beneficiarne. 
 
La prima cosa da smentire è che le piogge cadute siano state di una scala che non ha precedenti. No. Anzi nel passato recente si sono registrate precipitazioni di livello superiore come durante la "Pantanada de Tous" del 1982. Quest'anno la causa dell'alluvione è stata la enorme quantità di pioggia caduta in una zona relativamente piccola della provincia di Valencia. I tre paesi che hanno ricevuto più pioggia sono infatti limitrofi e sono: Chiva (420 mm/mq), Requena (230 mm/mq) e Utiel (180 mm/mq). Quindi solo Chiva ha ricevuto una quantità d'acqua quasi da record. Ricordiamo che durante l'alluvione del 1982 si superarono i 600 mm/mq e su un'area di oltre 700 km/q mentre il comune di Chiva è grande 250 km/q. Bisogna tenere presente che sia il governo che la Generalitat Valenciana hanno interesse a che si pensi ad un evento eccezionale, essendo molto grandi le responsabilità politiche per ciò che è avvenuto e sta avvenendo e, nel caso del presidente della Generalitat, queste responsabilità sono certamente anche penali. 
 
Chiarito che le piogge in questione sono state di grande portata, ma non roba fuori scala o senza precedenti, vediamo di cosa si tratta. Il fenomeno chiamato DANA (depresion aislada a niveles altos) consiste in piogge torrenziali concentrate in un brevissimo periodo di tempo e si verifica quando correnti di aria fredda tra i 5000 ed i 9000 metri escono dalla normale circolazione atmosferica e si ritrovano sul caldo Mar Mediterraneo. Da questo incontro nascono le piogge. Sono tipiche di quella zona della Spagna detta Levante: Catalogna, Valencia, Murcia, Andalucia. Si verificano ogni anno, in zone del Levante, con esondazioni più o meno ingenti, ma raramente sono dell'entità che abbiamo visto il 29 ottobre. Su youtube sono disponibili clip di varie inondazioni che si sono susseguite in questi anni oltre a documentari sulle alluvioni più distruttive del recente passato. Dobbiamo tenere presente che la grande mortalità dell'alluvione di quest'anno è stata causata dall'entità delle piogge certo, ma soprattutto dalla gestione dell'emergenza. 
 
Caratteristica di queste piogge è che si verificano in un arco di tempo molto limitato, tra fine settembre ed inizio novembre. Il fenomeno, denominato DANA, che è un acronimo molto recente, è tradizionalmente chiamato "gota fria" cioè "goccia fredda" proprio alludendo al fatto che si presenta all'inizio dell'autunno. Questi dati sono storicamente e scientificamente assodati.
 
Non solo. Il fenomeno della DANA ha addirittura plasmato la linea costiera di Valencia con la sua azione ripetuta negli ultimi millenni: cioè le continue alluvioni hanno dato la forma attuale alla costa valenziana. Basta guardare la cartina e si vede che a sud della città c'è una laguna, la Albufera, in parte urbanizzata nell'ultimo secolo.
 
Ebbene dove ora c'è la Albufera una volta c'era una baia, la Albufera è stata creata proprio dall'azione degli stessi fiumi che sono esondati in questi giorni. Di fatto non si tratta di veri e propri fiumi ma di torrenti; sono secchi per buona parte dell'anno, per poi assumere carattere torrentizio quando arrivano forti piogge tipo quelle di una DANA. Ed è stato proprio il carattere torrentizio di questi fiumi che, causando un apporto di enormi quantità di detriti concentrato in pochissime ore, col tempo, ha creato l'attuale laguna. 
 
Nel caso dell'Albufera valenziana, la dinamica idrofluviale (per usare un'epressione spagnola) ha prevalso sulla forza dell'erosione del mare, così che il mare non è riuscito a conservare la baia e, con qualche millennio di lavoro, i torrenti locali hanno finito di creare la laguna. La definitiva separazione della laguna dal mare è avvenuta in epoca romana, mentre nel XVII secolo, grazie al lavoro dell'uomo, ha smesso di essere salmastra per diventare di acqua dolce.
 
Quindi la DANA, con conseguenti inondazioni, accompagna l'essere umano che ha vissuto in quelle zone e lo fa da millenni. E l'uomo ne ha beneficiato. Infatti il risultato di quelle alluvioni è che gli abitanti locali hanno avuto a disposizione una terra ricchissima e fertile grazie alle continue inondazioni che apportavano nuovi nutrienti. Per questa ragione la zona a sud di Valencia è chiamata "la huerta" cioè la zona degli orti ma soprattutto delle risaie, coltura diffusa da secoli, non a caso il piatto tipico della città è la paella.
 
Lavori di canalizzazione della zona sono antichissimi e a gestire la distribuzione delle acque per la coltivazione ci pensa, da oltre 1000 anni, il Tribunal de les Aigues de Valencia. Il tribunale, costituito tra il 960 ed il 961, nell'anno di passaggio tra il regno del califfo Abd al-Rahman III ed il suo successore al-Hakam II, è una delle istituzioni politiche più antiche del mondo ancora in attività; è inoltre il più antico tribunale del mondo, nonché la più antica istituzione democratica d'Europa ed in quanto tale è protetta come patrimonio culturale dell'UNESCO. Ecco come l'uomo ha convissuto con il fenomeno che, per il nostro ministro dell'ambiente, è incredibile. 
 
Insomma l'uomo ha sempre convissuto, anche attraversando momenti tragici, con le continue inondazioni dei torrenti locali, costruendo abitazioni in luoghi sicuri e riservando i posti più a rischio alle coltivazioni. Questo fin quando, nell'ultimo secolo, ma in modo accentuato a partire dagli anni '70, l'antropizzazione ha fagocitato il territorio. In tutta la zona a sud di Valencia, quelli che, solo 100 anni fa, erano villaggi, ora sono cittadine densamente abitate, ma non solo: questa zona, proprio quella colpita dall'alluvione, ospita il cuore dell'industria e del commercio di Valencia. I paesi sommersi dall'acqua ospitano diversi distretti industriali dove c'è di tutto: industria metalmeccanica e pesante, chimica, officine di ogni tipo oltre a ettari di magazzini, i quali ospitano ogni genere di merce, data la vicinanza col porto. Sempre nella stessa zona ci sono i grandi centri commerciali, Ikea, Leroy Merlin e compagnia bella. Si è costruito di tutto, dove chiunque sapeva benissimo che, prima o poi, sarebbe arrivata tanta acqua. Le dimensioni della laguna dell'Albufera sono di conseguenza passate da 30.000 ettari a meno di 3.000. Il poco che rimane della laguna è stato trasformato in un parco naturale, ma le sue acque sono abbastanza inquinate da far si che alcune specie animali e vegetali preferiscano vivere nelle adiacenti risaie, anch'esse irrigate con l'acqua della laguna, ma purificata.  
 
Anche se non ne parla nessuno, è abbastanza chiaro cosa sia successo a livello ambientale: se nei secoli passati un'inondazione del genere avrebbe coperto i campi per poi togliere il disturbo in qualche ora, compiendo un'opera molto relativamente distruttiva ma di costante fertilizzazione della campagna, nel tempo presente ci troviamo di fronte ad un incubo ambientale. L'acqua del fiume chiamato Rambla del Poyo, che ha causato gran parte dell'attuale disastro, non sfocia nel Mar Mediterraneo, ma sfocia nella laguna, nel cosiddetto "parco naturale". L'acqua della piena non ha attraversato boschetti, campi e risaie, ma officine, fabbriche, opifici vari, centri commerciali, case, garage ed ha portato con se ogni tipo di cose non smaltibili che ci circondano, oltre a carburanti, oli industriali, vernici, prodotti chimici di ogni tipo e ogni sorta di oggetto possibile. 
 
Dopo questo colpo crediamo che poco rimarrà della cosiddetta Riserva Naturale dell'Albufera. A parte i cadaveri di esseri umani, è diventata un cimitero di oggetti che la piena si è portata dalle città: una discarica in pena regola, altro che riserva naturale.


La possibilità di eventi catastrofici era stata prevista e si erano approntati i piani per evitarli. Dopo l'alluvione di Valencia del '57 venne approntato un piano idrogeologico per scongiurare future alluvioni. I lavori vennero interrotti nel 1973, quindi il lavoro non venne eseguito nella sua totalità, ma ne vennero eseguite molte parti tra cui la deviazione del corso del Turia e la creazione di una costellazione di cosiddetti pantanos, cioè bacini di raccolta delle acque. Il fiume Turia segna il confine tra Valencia città ed i paesi a sud, cioè quelli inondati due settimane fa dalla Rambla del Poyo. Se anche il Turia, i cui argini hanno retto la piena abbastanza bene, fosse esondato, allora il disastro sarebbe stato di un'entità molto maggiore perché avrebbe colpito anche Valencia città, che a questo giro si è salvata, inoltre avrebbe colpito pure i paesi già inondati dalla Rambla del Poyo, prendendoli da due lati. Uno scenario dantesco. 
 
Di fatto si sta campando di rendita coi lavori fatti negli anni '60 e da allora niente è stato fatto. Dopo l'urbanizzazione selvaggia degli anni '90, gli enti preposti, come la Confederacion  Hidrografica del Jucar, che ha la competenza territoriale, hanno elaborato diversi progetti per completare i lavori, soprattutto alla luce dei mutamenti intervenuti nel frattempo che rendevano urgente l'azione. Tutto ciò 20 anni or sono. Per motivi di equilibri politici, su cui non possiamo dilungarci, la politica spagnola si è incagliata e non ha fatto nulla. Non sono stati fatti interventi che sarebbero costati 300 milioni di euro, per poi ritrovarsi con 20 miliardi di euro di danni, questo per non parlare dei morti e dei danni psicologici subiti da una popolazione abbandonata a se stessa. 
 
Sembrano molto autoassolutorie le affermazioni dei politici sulle responsabilità del cosiddetto cambio climatico, quando a livello scientifico, ingegneristico e di esperienza empirica, abbiamo tutte le conoscenze e le soluzioni del caso. La crisi climatica, per usare un'espressione creata dalla redazione del Guardian e non da eminenti scienziati, sta diventando la scusa per ogni evento. Come il presidente della California che, prima "risparmia" un miliardo di dollari in quattro anni sulla protezione del patrimonio boschivo e poi, quando lo stato gli va in fiamme per incendi dolosi, dice che è colpa del global warming e che i veri responsabili sono quelli che non credono alla cosiddetta scienza.
 
In Spagna la politica ha quattro colpe.
 
La prima: non ha agito in modo preventivo, facendo le opere che, idrologia ed ingegneria idraulica alla mano, erano considerate necessarie e pure già progettate, lasciando i cittadini difesi dalle opere di epoca franchista o addirittura precedenti. Non solo non si è fatto nulla ma  addirittura si sono abbandonate o anche distrutte opere già esistenti, come i famosi pantanos, per aderire alla demenziale normativa europea sull'alveo dei fiumi. La notizia è del tutto vera e verificata per quanto folle possa apparire.
 
La seconda: non solo non si sono fatte opere dovute, ma si è permesso di costruire in zone considerate ad alto rischio allagamento. Quindi l'azione della politica spagnola non ha mai dato retta alla scienza ma ha dato retta alla corruzione e lo stesso dicasi per gli organi di controllo.
 
La terza: il mancato allarme. Il giorno fatidico, a seguito di una serie di inspiegabili comportamenti delle autorità, l'allarme è stato lanciato quando la piena era arrivata oramai al mare. L'allarme è stato dato solo dopo che l'acqua aveva travolto decine di paesi e si era quasi arrestata, processo che aveva richiesto diverse ore. L'allarme è scattato poco dopo le 20, cioè ben 5 ore dopo che, a monte, l'acqua aveva inondato Chiva e ben 7 ore dopo che il Rio Magro aveva travolto Utiel con l'acqua che arrivava al primo piano delle case. Non possiamo, in questa sede, affrontare la serie di errori e comportamenti incomprensibili tenuti il 29 ottobre delle autorità spagnole. Facciamo il paragone con la Pantanada de Tous, del 1982, con piogge superiori a quelle di quest'anno e con la situazione aggravata dal fatto che cedette, repentinamente ed inaspettatamente, la diga del bacino di Tous. Il crollo creò un'ondata di una ferocia inaudita; eppure morirono 40 persone. Nelle ore precedenti la polizia locale girava per le strade dei paesi avvertendo del rischio e indicando alle persone di salire ai piani superiori delle case. 
 
La quarta: i soccorsi post evento sono stati paralizzati dal conflitto di competenze tra governo e Generalitat per cui in molte località colpite non si sono visti soccorsi per 5 giorni e oltre. Ed anche ora la situazione è disarmante. La competenza sarebbe della Generalitat ma il governo centrale può dichiarare lo stato di emergenza e prendere il controllo della situazione. Quindi tutti colpevoli: il presidente della Generalitat che si è coperto di ridicolo (cosa che non possiamo affrontare in questa sede) oltre ad aver agito in modo assolutamente criminale, ed un governo del tutto preso da altre occupazioni, diverse comunque dall'aiutare le popolazioni colpite. Il governo per giorni ha agito come se a Valencia non fosse accaduto nulla. Rimarrà alla storia la frase di Sanchez: "Se hanno bisogno di aiuto, lo chiedano." Come termine di paragone prendiamo il caso di Felipe Gonzalez che, dopo 9 mesi di mandato (Sanchez sta lì da 6 anni), dovette fronteggiare l'alluvione nei Paesi Baschi del 1983. Ebbene dopo 24 ore l'esercito era a Bilbao. Gonzalez chiamò il presidente dei Paesi Baschi e gli chiese se voleva prendere in mano la situazione e coordinare i soccorsi. Il presidente della comunità basca declinò l'offerta ritenendo che il potere centrale avrebbe agito meglio. Altra epoca verrebbe da dire, altri uomini. Fatto sta che dopo 24 ore l'esercito era a Bilbao e ci mise 24 ore perché era caduto un ponte e si era dovuto ovviare al problema costruendone uno nuovo: roba da genio militare ovviamente. Nell'attuale situazione invece, con la gente con l'acqua alla gola, il governo spagnolo era impegnato in un plenum parlamentare per nominare qualche decina di soggetti da mettere nella televisione di stato. L'unica attività svolta dal governo centrale. L'occupazione delle televisioni.
 
A farci capire di che gente parliamo basterebbero la dichiarazione di Aina Vidal, di Sumar, quindi estrema sinistra (così dicono loro), che di fronte alle critiche ha risposto che i parlamentari non stanno lì per andare a togliere l'acqua. Nessuno chiede alla parlamentare di andare a spalare il fango, la cosa è del tutto evidente; ciò che il popolo spagnolo chiedeva era l'azione politica che poteva muovere la macchina dell'intervento statale. Con tristezza possiamo notare che dalle parole della Vidal traspare una sorta di visione neoaristocratica che peraltro non si fonda su nulla, considerando il livello culturale di questa gente.
 
Così è quasi spassoso pensare alla differenza tra Gonzalez che nel 1983 veniva svegliato alle 3 di notte dal generale responsabile degli aiuti ai Paesi Baschi, il quale chiedeva il permesso di ricostruire un ponte crollato, e queste mezze figure come la Vidal o la Ministra de Igualdad che, nei giorni immediatamente successivi al disastro è arrivata a presiedere ben tre riunioni operative per studiare l'effetto della DANA in materia di uguaglianza. Ma la ministra alla fine ha capito cosa fare per essere inclusivi e non commettere ingiustizie di genere: non aiutare nessuno. E' stata fotografata da dietro, la ministra, e nella foto, pubblicata sul profilo del ministero, erano visibili gli appunti presi, il cui contenuto è disarmante. Si leggono brandelli di frasi: "dogmatismo climatico" "nessuna ansia. Abbiamo un piano", "questo é il nostro momento". Poi la foto è stata cancellata perché spiegare certe cose è troppo, meglio far finta di niente, o invocare la fake news. Che significa è il nostro momento? Abbiamo un piano? I morti dicono che non è più il loro momento. In caso di disastri, per un politico, il momento era quello precedente o immediatamente successivo alla catastrofe, ma questa gente non ha fatto nulla né prima, né durante e manco dopo. Il piano è quello idrogeologico da cui risulta che sono state costruite zone industriali e interi quartieri in zone considerate a rischio alluvione? Il piano è quello di fare le opere pubbliche progettate da ingegneri idraulici e basate sulle conoscenze scientifiche che abbiamo in materia? No il piano è ben diverso. 
 
A chiarire cosa intendesse la ministra ci pensa Pedro Sanchez, che è andato alla COP 29 a far vedere al mondo cos'è un politico che "crede" alla scienza. Dice Sanchez: "Oltre 220 persone sono morte nel mio paese e loro sono il motivo per cui sono qui: per amplificare il messaggio dell'impatto che ha il cambio climatico e che il cambio climatico uccide. Uccide persone. Ma sono qui anche per evitarlo". 
 
Il presidente Sanchez avrebbe potuto (anzi dovuto) fare qualcosa di concreto per le vittime di  Valencia (compresi quelli ancora vivi), ma lui è di quelli che preferisce salvare il mondo.

Francesco Corrado

Francesco Corrado

Giornalista 

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