Coronavirus: Tigri a Milano

Coronavirus: Tigri a Milano

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di Francesco Santoianni


Intanto, la datata barzelletta sui due amici in macchina nel centro di Milano: "Che strano suono ha il tuo clacson." "Già, serve per tenere lontane le tigri." "Le tigri? Ma non ci sono tigri nel centro di Milano." "È ovvio. È perché il clacson funziona". Più o meno è questa la risposta dei media mainstream di fronte al clamoroso dato diffuso dal presidente dell’Istat e cioè che, numeri alla mano, nel primo trimestre del 2019 sono morte (15.000) più persone per malattie respiratorie che quest’anno per Covid-19.
E cioè: “È ovvio. È perché ha funzionato la quarantena imposta dal governo."

Ma, se così fosse, le considerazioni da fare sarebbero semplicemente agghiaccianti.

Riassumiamo i fatti. Come è ormai noto, in Italia si è preteso di affrontare l’emergenza Coronavirus senza sapere nulla di preciso sull’andamento del contagio, senza sapere, cioè, quanti sono gli italiani già infettati dal Coronavirus, quanti sono gli asintomatici, i guariti, i portatori sani, il conseguente tasso di letalità e di mortalità del virus…. Gli unici dati ufficiali sono quelli, surreali, mostrati ogni giorno in TV dalla Protezione civile ed ottenuti da una dissennata e caotica disseminazione di tamponi diagnostici realizzata dalle Regioni senza nessun coordinamento nazionale e nessuno standard da rispettare.


Ma quante sono, in realtà, le persone già contagiate dal Covid 19? Qualche tempo fa, sono state prodotte diverse stime. Tra le più note, quella dell’Università di Oxford (il 60% della popolazione italiana) dell’Imperial College (sei milioni di italiani) di Foresti e Cancelli (11 milioni), dell’Università Statale di Milano (sei milioni), del rappresentante OMS in Italia ( 20% degli Italiani) …. Dati discordanti ma abissalmente lontani dai “dati ufficiali” (85.388 “positivi”) che conteggia oggi la Protezione civile italiana e che si direbbero divulgati solo perché, garantendo il loro confronto con quello, sovrastimato, dei “deceduti” un abominevole tasso di letalità del Coronavirus (28 volte a quello che si registra in Germania), legittima il generale panico e, quindi, le vessatorie misure di contenimento imposte dal Governo (DPCM del 9 marzo 2020) su tutto il territorio nazionale.


Ma sono servite a qualcosa queste misure? Stimando in 23 giorni il tempo medio che passa tra quando una persona viene contagiata a quando, eventualmente muore o sviluppa anticorpi, tutto dipende da quanti sono oggi i contagiati.


Se sono quanto indicato dalle stime, queste misure non sono servite a nulla. Intanto perché il tasso di letalità del Covid 19 si rivelerebbe essere immensamente più basso di quello “ufficiale” (altrimenti non si spiega perché una infezione così diffusa non abbia già ucciso centinaia di migliaia di persone) e poi perché infezioni così numerose, pur in presenza delle suddette misure di contenimento (che, permettono, comunque ad una parte della popolazione di uscire dalle abitazioni) si sarebbero certamente propagate al resto della popolazione.


Ancora peggio se, per assurdo, i dati ufficiali dei “positivi” corrispondessero alla realtà. Questo significherebbe che le misure di contenimento hanno, miracolosamente, funzionato permettendo così solo ad un esile rivolo di infettati di contagiare la parte sana della popolazione, uccidendola o facendo sviluppare in essa anticorpi. Ma questo significa che l’epidemia è solo PROCRASTINATA e che, quindi, la quarantena dovrà finire non si sa quando. Altro che a maggio, come sperano in tanti!


Sarebbe opportuno, quindi che il Governo, invece di trincerarsi dietro le imperscrutabili decisioni di un altisonante Comitato Tecnico Scientifico (che è quello che è), ci spiegasse quale (tra le tanti possibili)  è la sua strategia, su quale modello e su quali dati si basa. Se invece la sua inconfessabile esigenza è solo quella di galleggiare sulla paura (continuamente alimentata da ignobili bufale come questa) senza spiegarci alcunché, nella speranza, che alla fine, saremo talmente rintronati e immiseriti da non poterci ribellare, ce ne faremo una ragione. E ci comporteremo di conseguenza.
 

Francesco Santoianni
 
 

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