Trucchi, travestimenti e moda tra manifestazioni per Navalny preparate su TikTok

Trucchi, travestimenti e moda tra manifestazioni per Navalny preparate su TikTok

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Il nuovo atto di dissenso ordito dall’entourge di Aleksej Navalny si terrà domani. Leonid Volkov, uno dei suoi collaboratori, ha infatti annunciato un'azione di protesta per il 14 febbraio, in cui gli abitanti delle grandi città russe sono invitati a uscire la sera nel cortile del proprio palazzo, ad accendere le luci dei cellulari per un quarto d’ora e a scattare foto da pubblicare sui social network.

"Forse vi potrà sembrare che questi quindici minuti non cambino niente, ma in realtà cambieranno tutto", ha scritto Volkov. E in effetti, dall’arresto di Navalny, in giro per il mondo non si è fatto che parlarne come dell’uomo del cambiamento, il martire, il salvatore, definito su La Stampa il nuovo Nelson Mandela, paragonato sul Time a Erin Brokovich, descritto da molti come il Julian Assange russo e candidato finanche al Premio Nobel per la Pace (che vanta grandi predecessori a stelle e strisce).

In Italia, puntuali come la morte, sono dunque arrivati anche i tweet di Laura Boldrini a sostegno delle manifestazioni pro Navalny e le liriche di Roberto Saviano sulla bellezza e l’eroismo delle manifestanti con le rose rosse tra i capelli. Tanta commozione da ogni parte del mondo.

Lo stesso Navalny, prima di tornare agli arresti, aveva rivolto un accorato appello ai propri sostenitori, invitandoli a scendere in piazza per protestare lo scorso ventitré gennaio.

Dunque, di fronte a tanto eroismo, al cospetto di quello che è definito il grande leader dissidente, di cui ogni sillaba proferita è rilanciate da mesi in tutto il mondo occidentale, ci si sarebbe aspettati la più alta sollevazione popolare. Ma quel che colpisce è che i media, nei giorni delle proteste, non hanno fatto altro che parlare di manifestazioni organizzate e rilanciate su TikTok.

Già, su TikTok.

Sono abituata a pensare a questo social network come a uno spazio dove adolescenti caricano balletti e canzoni effettati e post-prodotti in video-editing accattivanti.

Non comprendevo dunque cosa c’entrasse l’app per ragazzini con il grande eroe nazionale russo.

Ma osservando le immagini delle proteste di Piazza, effettivamente, scorgevo perlopiù teenager.

Così, di fronte al richiamo della “romantica” azione di dissenso organizzata per San Valentino, mi sono messa ad approfondire anche il linguaggio della protesta organizzata su TikTok alcune settimane prima. E se non fosse per il fatto che siamo nel 2021, anno in cui ormai tutto è possibile, non avrei creduto si potesse giungere al livello osservato sulla app in questione.

In uno dei video, una ragazzina truccatissima scaglia via il proprio passaporto russo, indicando di essere disposta a rinunciare alla propria cittadinanza in nome del suo eroe Aleksej Navalny, che appare come icona posticcia, tra palpiti di luci bianche e rosse, mentre lei ammicca alle sue spalle, sulle note di “Tarakany” dei BasnPanda, soundtrack popolare su TikTok.

Un’altra fanciulla dalla voce da scoiattolo, distorta con l’effetto “chipmunk”, suggerisce ai manifestanti fermati dalla polizia di spacciarsi per Americani, al fine di evitare gli arresti, suggerendo una serie di frasi da utilizzare in emergenza che vanno da: “You are violating my human rights!” a “I’m gonna call my lawyer!”. Lei è molto convinta che con la giusta pronuncia questa strategia possa funzionare. Anche se si manifesta in un posto diverso da quello in cui la manifestazione stessa era stata autorizzata, aggiungerei.

 

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Lo spettacolo sulla app per teenager continua con una giovane che racconta come si vestirà per la manifestazione: sicuramente giacca e pantaloni neri. Non fa una piega. Ma poi il dubbio: “Dovrei portare anche lo zainetto oppure no?” chiede ai suoi follower, mostrandone uno, “non saprei, ditemelo voi nei commenti”. Dei dubbi atroci, poveretta. Ma sulla mascherina e il cappellino scuri, almeno, ha le idee chiare: scopro così che il nero è il colore di tendenza alle manifestazioni di protesta.

Infatti, l’outfit non diverge da quello dell’influencer Chiara Ferragni mascherata da black block quando, incappucciata e con lo smartphone alla mano per le proteste del movimento “Black lives matter”, molto trendy lo scorso giugno, si faceva fotografare con un cartoncino mezzo ciaccato con la scritta “fuck racism”.

Tra i vari video, c’è anche quello di un ragazzino dal look new wave, capelli cotonati e microfono a forma di pollo, che rivela come la partecipazione alla manifestazione pro Navalny potrebbe portare alla carcerazione, ma occorre rischiare in nome della rivoluzione, afferma, “e se deciderai di andare anche tu”, spiega, “in questo video ti dirò di quel che hai bisogno: guanti e mascherina”.

Meglio di niente.

“Condividi questo video” conclude, indossando occhiali vintage anni Ottanta, “questo giorno sarà ricordato nella storia!”. Senz’altro. Insieme a questi bei filmati.

E ce ne sono centinaia su YouTube: l’analisi è interessante per capire da chi è costituito il seguito dei sostenitori del nuovo messia russo.

Di fatti, se Domenico Losurdo parlava di un romanticismo rivoluzionario che si ha nell’atteggiamento che taluni hanno di fronte alla figura di Ernesto Che Guevara, in grado di suscitare emozioni ed entusiasmo allorché si pensa al guerrigliero rivoluzionario, dimidiandone il profilo, dimenticando che egli è stato anche il teorico della lotta contro l’aggressione economica, oggi, per vivere quel “romanticismo rivoluzionario” privo di teorizzazioni e contenuti, pare sia sufficiente molto meno: l’outfit giusto, gli after-effects di un’app e un jingle da associare alla causa.

La rivoluzione è tutta nella moda, nella forma e negli effetti: è con questi travestimenti di tendenza che nel 2021 in molti scendono in piazza.

Per contro Navalny, dal box di vetro in cui si trovava come imputato, al momento della sentenza ha disegnato con le dita un cuoricino sulla vetrata, poi unendo pollici e indici ha fatto anche un cuore rivolto, dicono, alla moglie, notizia sensazionale che ha fatto il giro del mondo. Veramente.

Del resto, le stesse oppositrici del Presidente Lukashenko, mantenendo mimica e stereotipi per adolescenti, negli scorsi mesi non facevano altro che formare cuoricini con le mani di fronte ai fotografi, a indicare che loro erano il bene, e il resto era il male, all’interno di una gran mascherata in cui forse Maria Kolesnikova per risparmiare tempo, le dita se le era direttamente incollate, dal momento che da un certo punto in poi, di fronte ai fotografi, le mani non le si erano più sciolte.

Ora, in questo rigurgito trendy, che tanto ricorda la stucchevolezza ipocrita delle Sardine nostrane, sempre pronte a puntare il dito “contro l’odio”, perché loro si sentivano inondate d’amore, non potevano mancare le luci degli smartphone accesi nel giorno di San Valentino.

C’è da domandarsi a cosa sia dovuta questa deriva regressiva e dai codici comunicativi adolescenziali, messa in atto dai salvatori del mondo filoamericani.

Forse, mi vien da ipotizzare, parte della strategia comunicativa è mutata dopo che, in uno degli ultimi golpe, scaturiti da una sfacciata ingerenza statunitense, si è alzato troppo il tiro.

A Kiev, infatti, durante l’Euromaidan, il senatore McCain aizzava la folla contro il proprio Governo direttamente dal palco, e nella piazza le bandiere rossonere del nazi-collaborazionista Stepan Bandera sarebbero sventolate insieme a quelle europee. La manovalanza neonazista era stata un utile mezzo per il colpo di stato e da allora le marce in onore dei gerarchi nazisti, in città dell’Ucraina occidentale, si continuano a svolgere alla luce del sole, ormai fuori controllo, rappresentando qualcosa di cui vergognarsi e che andrebbe occultato, affinché la gente non si domandi da dove esca tanta feccia, perché poi per rispondere occorrerebbe tornare indietro: fino ai giorni del golpe veicolato da Europa e Stati Uniti.

All’epoca si era esagerato, così ora per confondere si utilizza un’estetica differente, i cui contorni vanno dai cuori alle luci stroboscopiche, dalle ragazzine con l’outfit giusto fino alle icone con le rose rosse in testa.

Basta un input, poi i follower si organizzano da soli.

Perché per molti la protesta è solo questione di moda, di estetica, di omologazione, di maggioranza, di conformismo e di social network.

A questo siamo giunti e lo dico con amarezza, mentre temo che la prossima “rivoluzione” sarà guidata da una fashion blogger col taglio di capelli alternativo e gli abiti con le griffe più giuste.

Già la vedo.

E così, mentre i contenuti scompaiono e la retorica conformista avanza, ci si dimentica di chi è realmente Aleksej Navalny, l’autore di fake news sulla residenza di Putin, il leader di un partito liberista e filo-occidentale per soli ricchi, l’uomo che partecipava alle "Marce Russe" tra xenofobi e ultranazionalisti, il criminale condannato per violazioni della libertà vigilata e appropriazione indebita, l’individuo il cui presunto avvelenamento l’ha reso martire nel Mondo. Ma soprattutto il redivivo che col novichok in corpo, un veleno letale, invece di morire è miracolosamente scappato in Germania fino a risorgere. Come se, qualora uno Stato volesse uccidere un oppositore, fosse normale concedergli il tempo e il modo per decollare col veleno in corpo.

Neanche fosse il personaggio di un manga.

Quel che rincuora in tutto ciò è che l’amico dell’Occidente Aleksej Navalny ha solo il 2% di consensi tra i Russi, che evidentemente ben ricordano come negli anni Novanta un altro grande amico dell’Occidente, Boris Eltsin, con le sue riforme permise il depauperamento del paese, svendendolo agli sciacalli stranieri e ai futuri oligarchi del posto.

Forse questa storia andrebbe raccontata ai giovani utenti di TikTok, sia in Russia che nel resto del mondo.

Perché nessuna protesta si fa tra cuori, abiti fashion ed effetti speciali.

Ma se questa continuerà ad essere la tendenza futura, ai nuovi rivoluzionari mascherati auguro solo una cosa: i “follower” che meritano.

Sara Reginella

Sara Reginella

Psicologa a indirizzo clinico e giuridico, psicoterapeuta, regista e autrice di reportage di guerra. I suoi lavori integrano l’interesse per le dinamiche psicologiche con l’attenzione per l’attualità e uno sguardo che mai dimentica le frange socialmente più vulnerabili.

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