S-400, lo strappo finale della Turchia con la NATO

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PICCOLE NOTE


Il 13 settembre «il presidente Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che la Turchia ha fatto ulteriori passi avanti per l’acquisto del sistema missilistico S-400 russo» riporta Anadolu. Un annuncio che ha trovato poca eco mediatica sebbene sia di notevole rilevanza internazionale.
 

Da tempo la Turchia era in trattative con Mosca per l’acquisto di tale sistema d’arma antiaerea, forse la più sofisticata al mondo, in grado di colpire a grande distanza 300 bersagli contemporaneamente.
 

Una trattativa lunga e travagliata, che ha suscitato «preoccupazione» in ambito Nato, della quale la Turchia è membro, «perché il sistema di difesa aerea russo è incompatibile con le difese aeree di altri Stati membri della NATO», riporta ancora l’agenzia stampa turca.
 

Il termine «incompatibilità» non sembra riferirsi soltanto a problematiche di tipo militare. Sottende, infatti, altro: un vero e proprio rivolgimento geopolitico.
 

L’annuncio del presidente turco, infatti, indica una chiara scelta di campo: un allontanamento di Ankara dalla Nato e un ulteriore passo in direzione di una partnership strategica con Mosca.
 

Un processo iniziato all’indomani del fallito colpo di Stato in Turchia del luglio scorso, propiziato da ambiti Nato secondo diversi media  turchi.
 

Un’accusa mai formulata esplicitamente da Erdogan, che però ha lasciato intendere più volte, e in maniera più che esplicita, che si sarebbe aspettato maggior aiuto dai suoi alleati d’Occidente nel momento dell bisogno, in particolare dagli Stati Uniti.
 

Si allargano, dunque, le distanze tra Nato e Ankara. Più che significativo, in tal senso quanto detto de Erdogan nel corso di una riunione di sindaci dell’Akp (il suo partito): [nella Nato] sono «impazziti per l’affare degli S-400».
 

È evidente che la Russia ha tutto l’interesse ad assecondare le richieste turche, non solo per l’incasso (pur notevole: 2,5 miliardi), quanto per il vantaggio geostrategico che gli consegna il riposizionamento di Ankara.
 

La tempistica scelta da Erdogan per dare tale annuncio, al quale ha accordato deliberatamente il massimo della pubblicità e dell’ufficialità, non è casuale.
 

Sono giorni cruciali per il Medio oriente a causa del referendum sull’indipendenza del Kurdistan dall’Iraq, indetto dal Krg (governo regionale del Kurdistan) per il 25 settembre.
 

Un progetto fortemente avversato da Ankara: la nuova entità statale, infatti, potrebbe dare alimento alle spinte revansciste della minoranza curda in Turchia, minacciandone l’integrità territoriale (sul referendum vedi anche Piccolenote). Questo almeno il timore del presidente turco.
 

Sempre Anadolu, oggi riporta la forte presa di posizione in merito del ministro degli Esteri turco, Mevlüt Cavusoglu, il quale ha ammonito le autorità del Kurdistan a recedere dalla via intrapresa, altrimenti ci sarà un «prezzo» da pagare.
 

L’ufficialità che Erdogan ha voluto dare alla vicenda degli S-400 palesa che egli non si fida degli Stati Uniti, i quali finora hanno spalleggiato il governo di Erbil (capitale del Kurdistan) e che sul referendum, pur sconsigliandolo, hanno tenuto un atteggiamento accomodante.
 

Un atteggiamento che ha favorito l’irrigidimento del Krg,  conscio del fatto che, nonostante tutto, gli Stati Uniti non ritrarranno il loro appoggio ai curdi.
 

Ciò perché «l’America considera le forze curde gli alleati più importanti nel conflitto che li oppone allo Stato islamico» (Isis); e perché il Krg «è diventato il più importante alleato militare statunitense […] per limitare l’influenza iraniana nella regione», come dettaglia Hamdi Malik sul sito al monitor il 5 settembre.
 

Da qui l’ulteriore strappo della Turchia dalla Nato, del quale l’acquisto degli S-400 è simbolo non secondario.

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