Guido Salerno Aletta: "Ecco perché il PNRR va cestinato"
di Guido Salerno Aletta - Teleborsa
Non sono giudizi personali, né valutazioni di parte: qui si riportano solo i dati contenuti negli stessi documenti ufficiali, il PNRR (Piano Nazionale di Recupero e Resilienza) ed il DEF per il 2021, che vanno almeno letti.
Il PNRR presentato dal Presidente Draghi, ed approvato in fretta e furia dal Parlamento, differisce solo per aspetti assai marginali dalla impostazione per l'utilizzo concreto delle risorse europee che era stata data dal Governo Conte: sotto questo aspetto, i due documenti sono quasi identici. La vera differenza sta nelle riforme strutturali che dovranno essere approvate, e che sono state aggiunte su pressione di Bruxelles come condizione indispensabile per avere il disco verde da Bruxelles. Sono state inserite tenendo conto delle Raccomandazioni che la Commissione aveva già rivolto all'Italia nel 2018 e 2019 nell'ambito del Fiscal Compact: ora sono ben 38 pagine di impegni, in tema di giustizia, di concorrenza, e di azione amministrativa.
L'Unione europea usa sempre lo stesso strumento di coazione: essendo stato temporaneamente sospeso il Fiscal Compact, con il conseguente venir meno in questi due anni dell'obiettivo a medio termine del pareggio strutturale del bilancio, lo "stivaletto malese" delle riforme strutturali condiziona ora l'approvazione del PNRR: senza riforme, niente fondi europei. Il fatto è che il PNRR impostato dal governo Conte e confermato da Draghi prevede un uso dissennato, davvero catastrofico per l'Italia, delle risorse di cui si dispone: 235,6 miliardi di euro con l'orizzonte al 2026.
Sono le valutazioni macroeconomiche contenute nello stesso PNRR e nel DEF per il 2021 che sono stati presentati dal Governo Draghi a dimostrare che il PNRR andrebbe completamente ripensato per via le conseguenze estremamente negative che determina. Cominciamo con l'impatto che avrà il PNRRR sulla bilancia commerciale. Si tratta delle variazioni previste rispetto allo scenario base, quello che si verificherebbe senza la adozione delle misure:
- le importazionidell'Italia aumenteranno dell'1,0% nel 2021, del 2,6% nel 2022, del 4,0% nel 2023 e del 4,7% nel periodo 2024-2026
- le esportazionidell'Italia diminuiranno dello 0,4% nel 2021, dello 0,4% nel 2022, dello 0,6% nel 2023, salvo ad aumentare dello 0,4% nel periodo 2024-2026.
Continua a Leggere su TeleBorsa