Venezuela, le primarie aperte una festa di popolo nel nome di Chavez

Venezuela, le primarie aperte una festa di popolo nel nome di Chavez

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“Ogni elezione è un mondo, di creatività e responsabilità”, ha detto il presidente venezuelano Nicolas Maduro riassumendo ai giornalisti il percorso che ha portato alle primarie del Psuv. Un’immagine che sintetizza la differenza sostanziale tra la ritualità del voto nei paesi retti dalla democrazia borghese, e il processo di partecipazione collettiva che caratterizza ogni tornata elettorale nel Venezuela bolivariano. Non è una differenza da poco, giacché marca la distanza tra gli enunciati e la realtà, misura la dialettica tra conflitto e consenso, mettendo costantemente alla prova la legittimità del potere.

I meccanismi di legittimità di cui un partito rivoluzionario si dota per confermare e consolidare la sua guida, ovviamente, sono storicamente determinati. E se, come Cuba insegna, il Partito comunista resiste da oltre sessant’anni e gestisce con profitto una società basata sull’uguaglianza e sulla condivisione, non è – come vuole la propaganda borghese – in virtù della forza e della coercizione (la “dittatura”), ma di un rapporto fecondo tra la volontà delle masse coscienti e la direzione del partito che le rappresenta.

L’unica vera democrazia è il socialismo, ha detto il XX secolo. E questo vale ancora anche nel secolo presente. La pandemia, ulteriore e drammatico capitolo della crisi sistemica del capitalismo, lo ha dimostrato una volta ancora, dalla Cina a Cuba, al Venezuela. Il laboratorio bolivariano mette la medesima convinzione alla prova delle nuove sfide, consapevole di essere andato al governo mediante le urne e non con le armi.

E per questo, quando il presidente Maduro dice di aver preso la decisione delle primarie dopo aver esaminato l’impiego di questa pratica in altri paesi, sicuramente lo ha fatto partendo da questa considerazione. “Siamo passati attraverso colpi di stato, assalti mercenari, franco-tiratori, invasioni – ha detto Maduro – abbiamo passato di tutto, ma niente ha alterato il cammino elettorale del voto e niente lo perturberà mai”.

Al contrario, nei paesi capitalisti, i partiti della sinistra hanno utilizzato il metodo delle primarie per sancire la morte del centralismo democratico, dell’autorità e della disciplina collettiva che avevano consentito al partito bolscevico di tenere in scacco la borghesia per settant’anni, e che ancora oggi consentono alla Cina di imporre la superiorità di un modello collettivo gestito dallo stato, su quello capitalista.

“Chiediamo che l’Europa venga in Venezuela e impari come si fa una elezione democratica, efficace, trasparente e rapida”, ha detto il presidente dell’Assemblea Nazionale, Jorge Rodriguez, dopo aver votato alle primarie aperte del Psuv. Un processo che, secondo i primi risultati, ha visto una grande e festosa partecipazione popolare: 3,5 milioni di persone si sono messe in coda fin dall’alba, hanno accompagnato i candidati mettendo in campo quella formidabile organizzazione di base che costituisce la nerbatura del Partito Socialista Unito del Venezuela, il più grande dell’America Latina.

Nella prima conferenza stampa sul voto delle primarie, il vicepresidente del Psuv, Diosdado Cabello, ha ringraziato il popolo che compone la straordinaria macchina elettorale del partito. Una struttura di oltre 7.260.000 iscritti, impegnati a vari livelli di militanza, ma che rispondono sempre con un’altissima partecipazione, mostrando la forza popolare di un grande partito, al contempo di quadri e di movimento.

Una forza trasparente e coesa, che non ha avuto timore di accogliere, all’unanimità, la proposta del presidente Maduro, che è anche presidente del partito, al quale il Congresso aveva delegato la facoltà di decidere le modalità di elezione interna, il 5 marzo di quest’anno. A 8 anni dalla scomparsa del comandante Chavez, Maduro ha voluto riprenderne una volta ancora l’insegnamento, puntando sulla democrazia interna e sulla maturità della base: non solo indicendo le primarie, ma anche aprendo il voto ai non iscritti. Primarie aperte, appunto.

Un procedimento che ha messo in crisi anche quanti, a destra, hanno dovuto assistere ai giochi truffaldini dell’estrema destra, che – ha ricordato Cabello – per nascondere le frodi, ha bruciato le schede, come è accaduto in occasione delle convocazioni parallele e illegali dell’estrema destra, indette per contrastare l’Assemblea Nazionale Costituente, nel 2017. Ma come potrebbero certi partiti che esistono più sulla carta che nella realtà e che registrano a volte una ventina di militanti indire le primarie? Con chi e per chi le farebbero?

Il Psuv, al contrario, usa questo strumento di democrazia interna non per formalizzare correnti in lotta fra loro per la supremazia, ma per consolidare l’unità, considerata un ben prezioso. Unità all’interno e anche con gli alleati del Gran Polo Patriottico, ha spiegato Cabello, giacché il Psuv ha una visione inclusiva, aperta a chiunque ritenga interessante il suo progetto.

Le primarie sono state anche un evento di portata internazionale, ben condotte a livello comunicativo dal lavoro della commissione Agitazione Propaganda e Comunicazione del partito, diretto da Tania Diaz, che ha rilanciato il metodo di Chavez dell’uno per dieci: un militante, cioè, ha il dovere di moltiplicare il messaggio, e il voto, per 10.

Sia a Maduro che a Diosdado, i giornalisti hanno chiesto anche del dialogo e degli incontri con la parte più estremista della destra, che si svolgeranno in Messico. Maduro ha detto che, finora, non c’è stato alcun rapporto con l’amministrazione di Biden, anche se, sedersi con il golpismo venezuelano significa nella pratica ascoltare il verbo del padrone nordamericano, che ha sempre tirato le fila dei suoi burattini. In ogni caso, “il dialogo è molto avanzato, anche con il cosiddetto G4”, ha detto il presidente, ribadendo i tre punti messi sul tavolo dal governo bolivariano: fine delle misure coercitive unilaterali illegali contro il paese bolivariano, sblocco degli attivi sequestrati e accettazione delle autorità costituzionali, con relativo abbandono della violenza da parte dell’estrema destra. A questi punti, ha continuato il presidente, se ne aggiunge un quarto: l’allargamento del dialogo anche alle altre componenti dell’opposizione, che hanno una vera rappresentanza elettorale. La via, ha ripetuto Maduro, è quella del confronto e della democrazia. Le primarie del Psuv indicano la buona direzione.

(Articolo scritto per il Cuatro F)

Geraldina Colotti

Geraldina Colotti

Giornalista e scrittrice, cura la versione italiana del mensile di politica internazionale Le Monde diplomatique. Esperta di America Latina, scrive per diversi quotidiani e riviste internazionali. È corrispondente per l’Europa di Resumen Latinoamericano e del Cuatro F, la rivista del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV). Fa parte della segreteria internazionale del Consejo Nacional y Internacional de la comunicación Popular (CONAICOP), delle Brigate Internazionali della Comunicazione Solidale (BRICS-PSUV), della Rete Europea di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana e della Rete degli Intellettuali in difesa dell’Umanità.

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