Uno “scenario da Crimea” per la Groenlandia?
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Mentre in Donbass passa praticamente sotto controllo russo uno dei maggiori giacimenti europei di litio, nell'area di Ševchenko, alle estreme propaggini nordoccidentali della DNR, in giro per il mondo si continua a guardare, quantomeno con “curiosità”, alla possibile evoluzione delle mire di Donald Trump sulla Groenlandia, interrogandosi sulle sue potenzialità, per gli Stati Uniti, in termini commerciali, geopolitici e militari.
Dunque, le riserve di litio dei giacimenti di Ševcenko – che, dice il leader della DNR Denis Pušilin, Kiev ha tentato a lungo di mercanteggiare con le compagnie occidentali - sono valutate in 13,8 milioni di tonnellate; ma si stima che l'area sia ricca anche di altre risorse naturali, quali niobio, berillio, tantalio, ecc. Tutti minerali che interessano i produttori delle moderne tecnologie, portandoli a sfidarsi a livello planetario, per accaparrarsi il mercato dei metalli da terre rare, un gruppo di diciassette elementi (quindici lantanidi della tavola di Mendeleev, oltre a scandio e ittrio) che, come ricorda Vladimir Karasëv su news-front.su, sono essenziali oggi per oltre 200 prodotti utilizzati nell'alta tecnologia (cellulari; dischi rigidi per computer; auto elettriche e ibride; monitor e televisori a schermo piatto), anche se il principale consumatore di terre rare è l'industria della difesa, per display elettronici; sistemi di guida; laser; sistemi radar e sonar.
Il particolare valore degli elementi contenuti nelle terre rare è dovuto principalmente al loro utilizzo come catalizzatori e magneti nelle tecnologie convenzionali e a basse emissioni di carbonio e, sui mercati mondiali, i cinque protagonisti principali in tale campo sono la Cina, con il 38% delle riserve mondiali, seguita da Vietnam (19%), Brasile (18,1%), Russia (10,4%) e India (6%). Più distanziati Australia (3,5%), USA e Groenlandia, con 1,3% ciascuna.
Proprio la presenza degli ultimi due paesi in tale classifica, aiuta a spiegare almeno in parte l'interesse di Trump per la Groenlandia: il controllo sulle sue riserve offrirebbe agli USA l'opportunità di raddoppiare le proprie scorte, considerato anche che nessun altro paese al mondo possiede più del 1% di riserve di terre rare. Rimane comunque l'eccezione della Cina, ricorda Karasëv, che mantiene il controllo geopolitico sulle catene di approvvigionamento dei metalli da terre rare e su tutti i mercati secondari che ne dipendono.
Pechino fornisce infatti circa l'85-95% dei minerali da terre rare lavorati a livello mondiale e, da fine anni '90, domina il mercato globale, detenendo un quasi monopolio sulla loro lavorazione. Tra l'altro, osserva ancora Karasëv, è anche per questi motivi che Washington manifesta crescente nervosità per lo sviluppo dei BRICS, di cui fanno parte attori chiave nel mercato dei metalli delle terre rare.
Ma torniamo alla Groenlandia e ai “sogni” trumpiani; che poi non sono del tutto inverosimili. Sul piano generale, il “quasi un continente” dispone di un PIL di 3,5 mld $, di cui oltre la metà viene dall'industria ittica, che copre quasi il 90% delle esportazioni. Dei poco più di due milioni di kmq di superficie, ricordano le Izvestija, circa l'80% è coperta di ghiaccio, il che esclude la possibilità di sfruttarne le risorse naturali, anche se il ritmo del riscaldamento globale lascia prevedere che sempre più terreno verrà liberata dai ghiacci.
Quando, con la crisi petrolifera degli anni '70, si cominciò a cercare petrolio e gas un po' ovunque, anche l'isola ne fu interessata, principalmente sulla piattaforma e nelle acque profonde, ma senza grossi risultati, così come vent'anni dopo, alla ripresa delle indagini con ExxonMobil, Chevron, Shell. In ogni caso, nel 2021, il governo autonomo ha deciso di vietare trivellazioni e esplorazioni, tranne tre piccole aree, con licenze che scadono tra il 2027 e il 2028.
Ma gli USA non si sono dati per vinti, valutando le riserve petrolifere di Groenlandia e mari circostanti in oltre 31 miliardi di barili, anche se le ricerche non sono ancora iniziate: incidono costi e difficoltà, oltre all'indeterminatezza sul fatto se le quantità estraibili di gas e petrolio siano remunerative con le attuali tecnologie. A oggi, comunque, vi si estrae anortosite, zaffiri e rubini, ma solo in due miniere: attività trascurabile nel bilancio economico complessivo del paese. L'esplorazione geologica viene però effettuata su una gamma molto ampia di minerali: nel 2021, per esempio, aveva suscitato un po' di clamore il progetto “Disko-Nuussuaq” (Bill Gates e Jeff Bezos avevano investito nella “Bluejay Mining”, impegnata nello sviluppo del sito) per la possibile presenza di nichel, rame, platino, cobalto; ancora una volta, con risultati modesti.
In Groenlandia, il problema dell'estrazione di metalli e altri minerali è simile a quello del petrolio, per le condizioni naturali difficili e per i fiordi nel nord dell'isola coperti di ghiaccio per la maggior parte dell'anno, mentre al sud si lamentano infrastrutture carenti. Non resta che “sperare” nello scioglimento dei ghiacci: le vie marittime diventeranno accessibili a esplorazioni e esportazioni, la navigazione estiva sarà libera in tutti i territori artici e, in alcuni luoghi, si potrà navigare in inverno senza l'intervento di rompighiaccio.
Di certo, però, pensando alla Groenlandia, gli yankee non guardano solo alle sue ricchezza minerarie: strettamente adiacente al “Passaggio a Nord-Ovest”, può diventare l'alternativa americana alla Rotta marittima settentrionale, consentendo di tagliare migliaia di km tra i porti nordamericani e la regione Asia-Pacifico, soprattutto il Giappone. Già nel 2007, per la prima volta e poi ancora nel 2016, il “Passaggio” è stato completamente libero dai ghiacci per diversi giorni, anche se ciò non risolve il problema dei bassi fondali per i vascelli di grosso tonnellaggio.
Come che sia, il generale potenziale economico della Groenlandia non è da sottovalutare, con le riserve verosimili di petrolio, gas, elementi di terre rare e uranio. Per le prime due voci, si parla di una stima combinata di 31,4 miliardi di barili di petrolio equivalente, un valore paragonabile al potenziale dell'Alaska. Per fare un confronto (nell'illustrazione, la valutazione, in miliardi di barili di petrolio equivalente, delle riserve di idrocarburi nell'Artico https://ic.pics.livejournal.com/colonelcassad/19281164/5250912/5250912_900.jpg): per il Canada, si parla 18,5 mld di barili di petrolio e 124,8 di gas; per gli USA, rispettivamente 24 e 14 mld; per la Russia, 124 e 500 mld. Le riserve di uranio sono invece valutate in circa 300.000 tonnellate: un quantitativo notevole, osserva ColonelCassad, sufficiente a soddisfare la domanda USA per oltre 15 anni, considerata la domanda per il 2024 e tenuto conto che gli Stati Uniti ne sono oggi i principali consumatori mondiali, con 18.137 tonnellate, seguiti da Cina (13.132 t), Francia (8.232), Russia (5.436), Corea del sud (4.309).
Le riserve di terre rare (neodimio, terbio, praseodimio) dell'isola sono state stimate in 40 milioni di tonnellate: una ricchezza significativa per gli USA, nel contesto della competizione con la Cina che, come detto, controlla le maggiori fonti mondiali di terre rare.
Sul fronte geopolitico, poi, c'è da considerare l'utilizzo delle acque costiere, ma, soprattutto, come accennato, il controllo delle rotte marittime e aeree.
Per quanto riguarda poi l'importanza militare e le preoccupazioni che ciò può seriamente provocare a Mosca, su questo giornale se ne è già accennato in precedenza, a più riprese.
Per cui, nota ancora ColonelCassad, chi potrebbe oggi davvero escludere uno “scenario da Crimea” per la Groenlandia? «Non vogliamo essere danesi, non vogliamo essere americani, vogliamo essere groenlandesi», ha detto Múte Bourup Egede, primo ministro di quella che è sì una regione autonoma della Danimarca, ma che, a differenza della metropoli, non fa parte della UE.
Anche nel caso della Crimea, si trattava di un territorio autonomo all'interno dell'Ucraina, da cui la penisola si è ritirata nel 2014 sulla base di un referendum previsto dalla Costituzione della Crimea. «Tra il referendum sulla secessione dall'Ucraina e l'ammissione della Crimea alla Russia», ricorda ColonelCassad, la penisola è rimasta per qualche tempo uno stato indipendente de facto, che ha chiesto di diventare parte della Russia sulla base dell'autodeterminazione del popolo».
Applichiamo ora questo scenario alla Groenlandia: vi si indice un «referendum per la secessione dalla Danimarca, sulla base del suo speciale status giuridico; l'isola diventa indipendente e poi, dopo qualche tempo, potrebbe chiedere di entrare a far parte degli Stati Uniti, anche come stato indipendente».
Il gioco è fatto e, con l'ipotetica annessione di Groenlandia e Canada, gli USA sarebbero virtualmente pari alla Russia in termini di influenza nell'Artico.