Saviano, Yoani Sánchez e le fake news come strategia contro Cuba

Saviano, Yoani Sánchez e le fake news come strategia contro Cuba

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Si sa, i proverbi nascono dalla cultura popolare, tanti sono diventati luoghi comuni mentre altri ci sarebbe proprio bisogno di sfatarli. Poi ce ne sono alcuni che rimangono immortali e vanno bene per tutte le stagioni, uno di questi è “chi si piglia si somiglia”, e penso calzi a pennello per Roberto Saviano e Yoani Sánchez.

Anche se nel decennio passato la sua immagine è stata diffusa in tutto il mondo, forse non tutti sanno chi è questa donna cubana molto conosciuta fuori dal suo Paese e quasi per nulla dai suoi connazionali.

Portata alla notorietà come blogger con il suo “Generación Y”, dove raccontava tutti i mal funzionamenti del sistema socialista cubano. Il suo blog veniva diffuso in 18 lingue diverse in tutte le latitudini. Varie testate internazionali le offrirono contratti di collaborazione, come “El Pais”, mentre in Italia era “La Stampa” che pubblicava i suoi articoli tradotti dal referente italiano della Sánchez, Gordiano Lupi, che sette anni fa ha deciso chiudere qualsiasi rapporto con la blogger cubana.

Attualmente è direttrice della testata online “14yMedio” con sede a L'Avana, con una linea editoriale di forte opposizione al governo e fortemente critica su quello che la Rivoluzione ha fatto nel suo Paese.

Fino a quando l'intelligence statunitense e le associazioni anticastriste di Miami non hanno creato e finanziato il “Movimiento San Isidro” (MSI) e il progetto “Patria y vida”, portato avanti da un gruppo di artisti cubani il cui leader è Yotuel Romero [1], Yoani Sánchez veniva presentata al mondo dai media mainstream come la principale figura dell'opposizione cubana, e per questo perseguitata dal “regime dittatoriale” di Fidel Castro.

Sembra che ora sia proprio Yotuel Romero a sostituirla, visto che lo hanno fatto partecipare a un incontro con parlamentari europei e da poco è stato anche presente in una riunione con alcuni rappresentanti dell'amministrazione Biden alla Casa Bianca.

Avevo deciso di rivolgermi a Roberto Saviano parlando di Yoani Sánchez dopo che avevo letto l'articolo di Fabrizio Verde pubblicato su “l'AntiDiplomatico” [2] dove parlava della sua “figuraccia”. So che è passato del tempo, ma seguire le incalzanti cronache cubane di questi giorni non mi ha lasciato la possibilità di farlo prima.

In quell'articolo si racconta la gaffe dello scrittore di “Gomorra” nel pubblicare un tweet con la foto di Betty Pairol, la donna cubana che da sola era scesa in piazza in contrapposizione a chi stava protestando nelle strade del suo quartiere: Braccia in alto a sostenere la bandiera con la “stella solitaria”, un foulard rosso vivo avvolto sul suo capo e un forte grido di rabbia che esce fuori dalla foto per raggiungere chiunque la stia guardando.

 

 

Una immagine che Roberto Saviano non ha perso tempo a utilizzare contro la “dittatura del partito comunista”, come lui stesso ha scritto nel tweet, dittatura che violerebbe i più elementari diritti umani, quei diritti che la donna, secondo lui, era scesa in strada a rivendicare con tutta la rabbia in corpo.

Dopo essersi reso conto dell'enorme gaffe, il tweet è stato subito cancellato e sostituito con una intervista al “Corriere della Sera” di Yoani Sánchez.

So molto bene che sulla blogger/giornalista cubana si è già scritto di tutto e forse non aggiungerò molto di nuovo, ma penso che alcune cose sia importante ricordarle per l'ennesima volta, visto che Saviano, imperterrito, continua a far finta di nulla condividendo le “denunce” e molte fake che la blogger rilascia in giro per il mondo.

Può anche darsi che lui stia in buona fede quando parla di Yoani Sánchez, perché forse non conosce bene la sua storia, ma, se così fosse, la cosa sarebbe molto grave per un intellettuale come Saviano.

Per parlare così male di Cuba bisogna avere un forte sentimento di ostilità nei confronti della loro Rivoluzione, tanto da augurarsi al più presto un suo totale disfacimento.

Come è conosciuta la storia di Yoani Sánchez, ai più è anche conosciuta la forte passione politica che Saviano aveva da ragazzo (come da tempo ha reso pubblico il giornale “Il Bolscevico”).

Lui, in giovane età, è stato un convinto comunista che ha avuto contatti, scambi di lettere e piccole collaborazioni col giornale del Partito marxista-leninista italiano (PMLI) e questo fino al suo primo anno di università.

Nelle lettere inviate a “Il Bolscevico” si definiva «un ragazzo da sempre impegnato nella lotta di classe e militante della sinistra rivoluzionaria extraparlamentare, di tendenza “guevarista/trotzkista”».

Oppure scriveva: «Ho studiato le tesi di Mao e Lenin che hanno rafforzato la mia ideologia marxista-leninista – Marx, Engels, Lenin e Mao – sono grandi statisti che con il loro pensiero e la loro azione hanno cambiato e cambieranno il modo di pensare e di agire, e per questo penso di lottare con tutte le mie forze per la rivoluzione proletaria».

Sul fatto che una persona possa cambiare idea nel corso della vita e prendere posizioni completamente opposte a quelle di prima non ho nulla da ridire, è più che legittimo. E per questo, da parte mia, non c'è alcun sarcasmo nel riportare le convinzioni giovanili di Saviano.

Le sue enfatiche affermazioni si permettono a ogni adolescente che abbia dentro di se un sentimento di ribellione verso qualsiasi ingiustizia sociale e senta l'esigenza di rivendicare che “un altro mondo è possibile”. Ben vengano giovani con queste “intemperanze”.

Intemperanze che Saviano dopo un po' di tempo già rinnegava, criticando in modo duro e deciso il “massimalismo verboso e violento” di Antonio Gramsci a favore del riformismo di Filippo Turati, il quale tentava di “coniugare socialismo e liberalismo”.

Questo si leggeva in un suo articolo su “la Repubblica” pubblicato il 28 febbraio 2012 con il titolo «Elogio dei riformisti», dove recensiva un saggio di Alessandro Orsini, domandandosi “che cosa significa essere di sinistra? È possibile ancora esserlo? E come si coniugano le due anime della sinistra, quella riformista e quella rivoluzionaria?»  

Un bell'articolo quello di Saviano, se non fosse “sporcato” da deliberate accuse nei confronti di Gramsci, citando frasi del politico e filosofo sardo del tutto decontestualizzate dal periodo storico e da fatti a quel tempo contingenti.

Una bella e dettagliata risposta, che smonta punto per punto tutte le accuse strumentali rivolte a Gramsci, si può leggere in un articolo pubblicato sullo “Scrittore della domenica” dal titolo «Sull'“Elogio dei riformisti” di Roberto Saviano». [2]

Tra l'altro anche in questo caso, dove il discorso era tutto italiano, non ce l'ha proprio fatta a non parlare dei “crimini della dittatura castrista” e a elogiare Yoani Sánchez.

Ho citato questi due momenti nell'evoluzione del pensiero politico di Roberto Saviano per arrivare direttamente all'ultimo suo periodo, dove dichiarazioni e articoli fanno capire molto bene il suo posizionamento nella geopolitica internazionale, con chi schierarsi e contro chi; basta citare la Palestina con Israele e Cuba con gli Stati Uniti. Così come alcune prese di posizione che inducono a pensare a un suo avvicinamento al pensiero neoliberista.

La storia di Yoani Sánchez è sicuramente diversa da quella di Saviano, non può essere altrimenti essendo nata a Cuba; ma su un aspetto hanno molto in comune.

Anche lei cresce marxista-leninista (non si sa se per condizione o per scelta), in quegli anni a Cuba la formazione era quella.

Solo dopo essere diventata adulta e famosa che inizia a criticare fortemente il sistema socialista e a partecipare a convegni organizzati da neoliberisti. Uno dei suoi riferimenti, letterari e politici, è lo scrittore Vargas Llosa (Premio Nobel 2010) con il quale diventa molto amica. Anche lui comunista in gioventù per poi diventare uno dei più impegnati sostenitori delle politiche neoliberiste e, come la Sánchez, fermamente in opposizione a qualsiasi candidato progressista che si presenti alle elezioni presidenziali nei vari Paesi dell'America Latina. 

Ma ritorniamo all'attualità e al tema che mi ha spinto a scrivere questo articolo.

Anche Saviano, come altre milioni di persone, di agenzie stampa, di Tg e giornali, ha avuto fretta a utilizzare la bella foto di Betty Pairol contro Cuba. Tanta fretta che nemmeno si era informato che la donna cubana era scesa in strada per tutt'altro motivo e, come lei stessa ha poi stupendamente descritto, si trovava «Tra la gentaglia, la feccia, la volgarità, l'indecenza, l'oscenità, lì, tra i disadattati sociali, la piaga, i delinquenti, i vagabondi abituali, tra il branco aggressivo, pericoloso, violento [...] Stavo guidando la folla che si spostava per “Paseo” con intenzioni di arrivare fino al lungomare, ma già c'era il popolo pronto a pulire le sue strade da tanto fetore che avevano lasciato».

Eppure, dopo aver saputo che quell'urlo era in difesa della Rivoluzione – e non contro – invece di scusarsi, Saviano, oltre al danno aggiunge la beffa nei confronti di Betty Pairol, postando un tweet sull'intervista a Yoani Sánchez, donna agli antipodi di colei che è scesa in strada per alzare in alto la bandiera con la “stella solitaria”.

Per mia natura sono incline a pensare sempre alla buona fede delle persone e faccio fatica a pensare che non sia così anche per Saviano, e allora chiederò direttamente a lui, permettendomi di dargli del tu: Caro Roberto, ma tu sapevi o no che Yoani Sánchez ...

 

Continua... 

 

[1] Yotuel Romero, progetto “Patria y vida”

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-quello_che_i_media_non_dicono_su_cuba_e_il_rap_anticomunista_patria_y_vida/5694_42275/

 

[2] Articolo di Fabrizio Verde su Saviano (tweet Betty Pairol) https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-costretto_a_cancellare_un_tweet_lincredibile_figuraccia_di_saviano_su_cuba/82_42364/

 

[3] Risposta a Saviano “Sull'Elogio dei riformisti” (Gramsci)

http://scrittoredelladomenica.blogspot.com/2012/03/sullelogio-dei-riformisti-di-roberto.html

Roberto Cursi

Roberto Cursi

Sono nato a Roma nel 1965, passando la mia infanzia in un grande cortile di un quartiere popolare. Sin da adolescente mi sono avvicinato alla politica, ma lontano dai partiti. A vent'anni il mio primo viaggio intercontinentale in Messico; a ventitré apro in società uno studio di grafica; a ventiquattro decido di andare a vivere da solo. Affascinato dall'esperienza messicana seguiranno altri viaggi in solitaria in terre lontane: Vietnam, Guatemala, deserto del Sahara, Belize, Laos... fino a Cuba.

Il rapporto consolidato negli anni con l'isola caraibica mi induce maggiormente a interessarmi della complessa realtà cubana.

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