Lord of war: il mercante di morte a Hollywood

Lord of war: il mercante di morte a Hollywood

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Dopo aver scritto la nota dello scorso venerdì su Viktor Bout, il mercante di morte rilasciato dagli Usa in cambio di Brittney Griner, ci è venuta la curiosità di rivedere “Lord of war”, il film che, non solo si ispira alla sua storia, ma, come ricordava il Financial Times (vedi nota di cui sopra), è stato realizzato grazie ai suoi velivoli.

Attenzione spoiler!

Essendo il film uscito nel 2005 riteniamo di non far torto a nessuno nel rivelarne alcuni particolari, tra cui il finale, ma alcuni dettagli ci hanno incuriosito al punto da scrivere questa nota d’appendice all’altra.

Il protagonista del film, Yuri Orlov, interpretato da Nicolas Cage, è un giovane ucraino che si traferisce con la famiglia, che si finge ebrea, a Brooklyn, nella zona chiamata Little Odessa.

Assistendo casualmente a un omicidio capisce che più ancora che di cibo – la sua famiglia gestisce un piccolo ristorante -, il mondo vuole armi, tante armi. Da questo momento si dedica, insieme al fratello Vitaly, con astuzia e capacità, a tale redditizio commercio.

Inizia su piccola scala per poi accrescere via via le dimensioni del suo giro d’affari, fino ad avere la sua grande occasione a “Beirut nel 1984, dopo un attentato suicida” (probabilmente il riferimento è all’attentato all’ambasciata USA di Beirut del 20 settembre 1984 che causò 16 morti e oltre 90 feriti).

Gli intrecci tra traffico d’armi e di droga diventano sistematici e le due linee di business iniziano a correre in parallelo. La cocaina è protagonista di un scena surreale in cui Vitaly (il fratello), sparito con un chilo della preziosa polvere, viene ritrovato da Yuri tra i resti di un “festino” mentre disegna su un tavolino, con una certa fedeltà, i confini del proprio paese (vedi foto di apertura). Il tutto sulle note della canzone omonima di Eric Clapton.

Il salto di qualità, in termini di fette di mercato, per Yuri inizia con la caduta del muro di Berlino. Un generale, suo zio, responsabile degli immensi depositi dell’Armata Rossa in Ucraina, ne affida al  nipote la “distribuzione” worldwide e da allora i suoi rapporti con dittatori e signori della guerra, per lo più africani, diventano sistematici.

Le transazioni con questi “clienti” avvengono spesso e volentieri con pagamenti in diamanti (questo ci ha fatto venire voglia di rivedere un altro film, “Diamanti di sangue”, ma magari un’altra volta….).

Quello che sembra il termine della parabola di Yuri, la scena in cui l’integerrimo poliziotto che gli dà la caccia da anni riesce finalmente ad avere le prove per arrestarlo ed interrogarlo, serve solo a rivelare le vere proporzioni del “business”.

Infatti, come previsto da Yuri, un generale americano con la divisa piena di galloni viene a bussare alla stanza dell’interrogatorio e spiega all’onesto poliziotto, premiato per il suo zelo, perché dovrà lasciare andare Yuri.

Questa la spiegazione del trafficante al poliziotto, sempre più basito: “Vedi, il più grosso commerciante d’armi è il tuo capo, il presidente degli USA, che spedisce più merce in un giorno di quanto faccia io in un anno. A volte è imbarazzante avere le sue impronte digitali sulle armi, a volte lui ha bisogno di un uomo come me per rifornire truppe che non può rifornire personalmente…”.

Yuri può così riprendere tranquillamente le fila del suo business infinito, come infinite sono le guerre, dichiarate e non, in cui s’imbarca l’America dopo il crollo del Muro di Berlino.

 

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