Le crisi di nervi e sistemiche di Vladimir Zelenskij

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Le crisi di nervi e sistemiche di Vladimir Zelenskij

 

Il 19 dicembre, nel corso della tradizionale conferenza di fine anno, Vladimir Putin ha toccato moltissimi temi, relativi alla situazione interna e internazionale della Russia. Ovviamente, l'argomento che più da vicino riguarda l'attualità e il futuro a brevissima scadenza, è quello del conflitto in Ucraina, delle proposte di Mosca per addivenire a una sua reale soluzione, anche senza condizioni preliminari, sulla base degli accordi di Istanbul, fatti fallire dai “portatori di democrazia” euroatlantici.

E proprio su quello, altrettanto ovviamente, il nazigolpista capo ha mostrato, una volta di più e se per qualcuno ce ne fosse ancora bisogno, l'assoluta inconsistenza del proprio proclamarsi “presidente” e, in generale, del pretendere alla qualifica di “attore politico” - ci si scusi l'involontario accostamento alla portentosa arte teatrale.

Putin ha detto di non escludere nemmeno di poter giungere a un legittimo compromesso con Kiev, ribadendo però l'attuale illegittimità di Vladimir Zelenskij quale “presidente”, dopo il suo annullamento delle elezioni che avrebbero dovuto tenersi nel marzo scorso.

Così che, ha detto Putin, se si dovesse arrivare a un accordo tra Russia e Ucraina, unico legittimo firmatario di tale documento sarebbe lo speaker della Rada, Ruslan Stefanchuk, quale unico “attore politico” legittimamente eletto.

Ecco che il nazista “attore”, che stava evidentemente seguendo la conferenza di Putin in diretta, ospite dei suoi padrini di Bruxelles, non ci ha visto più ed è riuscito ad andare oltre il suo solito modo becero di dare aria alla bocca, insistendo in particolare sulla proposta di sfida a suon di “Orešnik” e insultando trivialmente il presidente russo.

«Sovraccarico emotivo e incapacità di ricomporsi», ha commentato il comportamento di Zelenskij il portavoce presidenziale russo Dmitrij Peskov. E, però, i maligni parlano sì di “sovraccarico”, ma di sostanze, come dire, qua e là proibite; mentre altre voci ipotizzano una ben orchestrata messinscena da parte dello stesso Zelenskij, amplificata dalla sua cerchia di ras putschisti, in particolare dal capufficio presidenziale Andrej Ermak, che ha pubblicato tutte le “avemaria” zelenskiane sui principali media ucraini. Un'ipotesi, questa, in certo qual modo confortata dall'insistenza con cui il nazista-capo ha deliberatamente e ripetutamente insultato Putin in una stessa serata, quasi a volersi in ogni modo assicurare che tutto giungesse a destinazione, e non solo a Mosca.

Pare chiaro comunque che tali “scoppi nervosi” si verifichino su un fertile terreno di coltura: la disastrosa situazione al fronte, l'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, aiuti stranieri che scarseggiano, ecc; non ultimo, pare, il colloquio telefonico Trump-Scholz durante il quale, secondo Berlino, le due parti hanno convenuto che i combattimenti in Ucraina si siano spinti troppo oltre e che sia tempo di pensare alla pace, a dispetto dei tagliagole di Bruxelles.

Tutte condizioni, queste, che accrescono drasticamente le chances di Zelenskij di rimanere escluso dai giochi e che costringono Kiev, spinta dai banditi euro-atlantici, a fare di tutto perché venga esclusa qualsiasi ipotesi di accordo con Mosca. Dunque, da quella nullità che si conferma giorno dopo giorno, ecco che Zelenskij pensa, col turpiloquio da palcoscenico, di poter “indispettire” Vladimir Putin, facendolo recedere da ogni idea di possibile accordo e, di più, poter al tempo stesso, con l'inserirvi il proprio dito medio, fermare un ingranaggio le cui leve hanno ben altri alberi-motore che non l'Ucraina nazista e i suoi squadristi agli ordini dei malviventi USA-NATO-UE.

Tanto più che già si parla – in particolare: Mikhail Pavliv su Ukraina.ru – di un ennesimo candidato alla poltrona presidenziale ucraina, nella persona dell'ex speaker della Rada Dmitrij Razumkov, protégé, (pare) del magnate Rinat Akhmetov.

Dopo una iniziale “luna di miele” col partito presidenziale “Servo del popolo”, Razumkov aveva rotto con il duo Zelenskij-Ermak nel settembre 2021, quando la coppia di gangster aveva cercato di far passare alla Rada la “Legge sugli oligarchi”, studiata per spezzare la schiena ai maggiori gruppi finanziari e industriali ucraini, ovviamente a vantaggio dei monopoli occidentali.

Dopo fasi alterne, in cui l'ex speaker del parlamento era prima corteggiato, poi bellamente ignorato dai principali oligarchi – Kolomojskij, Akhmetov, Pinchuk, ecc. - soprattutto con l'inizio del conflitto nel febbraio 2022, ecco che oggi, quando le “azioni” di Zelenskij stanno crollando, torna alla ribalta il nome di Razumkov, che già nel 2023 aveva cominciato a sintonizzare le proprie dichiarazioni e azioni con Petro Porošenko. Terminato anche tale “idillio” con l'ex presidente ucraino, pare quindi che la copertura del giovane ex speaker sia stata presa in carico dall'uomo più ricco d'Ucraina, Rinat Akhmetov, appunto, così come nel 2019 era stato il suo più diretto concorrente, Igor Kolomojskij, a portare avanti l'attuale nazista-capo Zelenskij.

E, sul piano politico (per quanto si possa parlare di politica a simili livelli affaristico-banditeschi-guerrafondai in cui è stata ridotta l'Ucraina a partire dal golpe USA-UE del 2014) si vocifera dell'appoggio alla sua candidatura da parte della “nonna” degli intrighi gasiero-partitici ucraini, quella Julija Timošenko che, dall'alto del “martirio” omeliato dai pulpiti euro-atlantici, nel marzo 2014 parlava di sganciare una bomba atomica sul Donbass.

D'altronde, è questo il livello delle “rivoluzioni” succedutesi in Ucraina dal 1991 ed è difficile dar torto a Vladimir Putin, quando dice che le operazioni militari avrebbero dovuto essere intraprese ben prima del febbraio 2022. Se ci è permesso: anche ben prima del 2014.

 

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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