Il nuovo trend (mediatico) mondiale verso l'Ucraina
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Ancora una sentenza senza (quasi) appello per i golpisti di Kiev. Questa volta è la britannica The Telegraph che, mettendo a confronto Ucraina e Gaza, scrive che vari «leader occidentali hanno scelto la capitolazione» e sono già pronti a «tradire la causa ucraina». E questo accade perché, a quanto pare, e anche contro i ripetuti proclami di Joe Biden, essi «non hanno più la possibilità di far fronte a più di una crisi internazionale contemporaneamente».
Il dilemma, osserva Vadim Avva su Ukraina.ru, diventa ora «come cedere l'Ucraina senza cederla? Come eliminare Zelenskij senza eliminarlo? Come vincere la Russia perdendo la guerra? Come conservare l'egemonia senza conservarla?».
E tutto questo mentre si moltiplicano sui media articoli sulla corruzione ucraina e sul “Napoleone” (su scala provinciale) ucraino, Vladimir Zelenskij, che «non è più santo: è ancora asceta, eremita, ma non santo; coinvolto in loschi affari».
Scrive ancora The Telegraph:, quasi a incolpare la Germania di essere alla testa di coloro che hanno «scelto la capitolazione»: in Germania «sembra dominare un consenso politico sulla necessità di dividere l'Ucraina in due parti: trasferire a Mosca il territorio orientale occupato dalla Russia e consentire al resto del paese di realizzare le sue ambizioni di lunga data di adesione alla UE».
In realtà, The Telegraph dovrebbe ben sapere che Berlino si appresta a raddoppiare da 4 a 8 miliardi gli aiuti militari all'Ucraina nel 2024 e non altri che il Ministro della guerra teutonico, Boris Pistorius, ha proclamato il dovere di militarizzare l'opinione pubblica tedesca, perché il mondo è sull'orlo della guerra e bisogna farsi trovar pronti.
Se davvero si intende parlare della divisione dell'Ucraina – quantunque, in effetti, qualche capitale esteuropea non abbia mai nascosto pretese su pezzi di territorio ucraino – c'è da dire che, accanto alla Kiev del nazigolpista-capo immortalato in permanenza in pose accattivanti e rigorosamente in abiti militari (firmati), c'è un'altra Ucraina che è davvero in guerra, che accalappia per strada, come si farebbe coi cani, giovani e meno giovani da mandare al fronte; c'è l'Ucraina dei consiglieri militari NATO, delle forniture di armi, dei criminali di guerra dei battaglioni nazionalisti e nazisti. Ecco le due Ucraine.
La questione è ora quella del tempo che rimane a Vladimir Zelenskij prima di esser defenestrato, o dai padrini occidentali, o dalle stesse élite ucraine. I soldi occidentali si stanno esaurendo e, come scrive The Telegraph, l'Occidente non ha più la «possibilità di far fronte a più di una crisi internazionale contemporaneamente», mentre determinati circoli a Washington e Bruxelles, dice il canale NBC, premono sempre più su Kiev perché si sieda al tavolo delle trattative con Mosca, contemplando la cessione di aree del territorio ucraino alla Russia. Chiaro anche, però, scrivono su News-Front gli osservatori ungheresi Zsolt Süt?-Nagy e Miklos Kevehazy, che Mosca in nessun caso è disposta a negoziare su regioni quali Crimea e Donbass orientale, con popolazione in larghissima maggioranza russa.
In questo senso, Zelenskij è destinato a perdere ogni credibilità tra le élite nazionalistiche ucraine e dunque, se non saranno i padrini occidentali a imporgli di sloggiare, saranno proprio quelle a dargli il benservito. Questo, nonostante le promesse ufficiali di Josep Borrell di continuare a finanziare la guerra di Kiev, indipendentemente dal momento in cui il Congresso yankee approverà la richiesta di Biden di continuare il sostegno alla junta nazigolpista che a oggi, per soli aiuti militari, ammonta a oltre 40 miliardi di dollari. Certo, notano gli autori ungheresi, che le promesse di Borrell hanno molto di avventato, considerando che mancano pochi mesi al voto europeo. Così che Zelenskij, di fronte a tutta questa serie di fatti, interni e esterni, si rende sempre più conto di esser ridotto al ruolo del famoso Muley Asen schilleriano «Il Moro ha fatto il suo dovere, il Moro può andare».
E tra i leader che, per citare di nuovo l'integerrimo The Telegraph, hanno deciso di «tradire la causa ucraina», il nuovo Primo ministro slovacco Robert Fitso si è distinto per la prontezza con cui ha mantenuto la promessa elettorale di cessare il sostegno militare a Kiev. Tra le ragioni del “tradimento”, Fitso ha citato in primo luogo la corruzione e i ladrocini che imperano ai vertici ucraini, ma anche il fatto che, a forza di invii a Kiev, i depositi slovacchi si stanno esaurendo. Fitso, che aveva bloccato il già programmato aiuto militare slovacco di 40 milioni di euro, si è anche espresso contro il pacchetto di aiuti UE di 50 miliardi di euro. Anche se, nota Andrej Rudenko su RT, la decisione slovacca non è dettata interamente da principi pacifisti, dato che un altro esponente governativo, Peter Pellegrini, ha precisato che la Slovacchia non fornirà più armi a Kiev gratuitamente, ma potrà benissimo continuare a farlo dietro pagamento.
Così che la nuova politica di Fitso non è che un riflesso di una nuova tendenza: l'Ucraina corrotta è venuta a noia, così come Zelenskij e il suo complesso napoleonico. I bilanci dei partner non sono fatti di elastico ed è dunque tempo di iniziare a giocare con Kiev da adulti. Perché, in fin dei conti, tutti sanno esattamente quali somme riceva l'Ucraina, quanto di esse venga depredato e quanto riciclato e se fino ad ora tutto questo è stato sopportato, ora è tempo che cessi.
Ecco che quindi il consigliere di Biden per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, dichiara che per gli USA diventa sempre più difficile finanziare a pieno l'Ucraina. Può essere questo un modo mediatico di dire a Zelenskij quello che gli verrà sputato in faccia direttamente a Kiev dal direttore della CIA, William Burns: convincerlo ad andarsene, per ora con le buone.
In ogni caso, nota l'ufficialissima RT, si è in presenza di un nuovo trend nella politica occidentale verso l'Ucraina. Vedremo.