La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo

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La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo


di Leonardo Sinigaglia 

La procura di Palermo ha chiesto una pena di sei anni di detenzione per Matteo Salvini in relazione al caso della “Open Arms”. Salvini è accusato di aver “sequestrato” l’equipaggio della nave della ONG e i 147 clandestini da questa soccorsi in mare rifiutandogli l’attracco a Lampedusa nell’agosto del 2019. Una chiara mossa politica che rimette al centro del dibattito la questione della “difesa dei confini” e dell’immigrazione di massa.

Il ministro e il governo difendono l’operato di quell’agosto, mentre la procura, assieme alla cosiddetta sinistra, “radicale” e non, fanno leva sulla priorità dei “diritti umani” rispetto a qualsiasi altra preoccupazione. Due posizioni che sembrano antitetiche, ma che in realtà rispondono alla medesima visione da cui ricavare un gioco delle parti dagli impatti trascurabili sulla realtà.

L’odiosa retorica “No-Border” delle “sinistre” si sposa perfettamente con gli intenti e le azioni dell’imperialismo e del capitale finanziario monopolistico: continuare nel saccheggio e nella destabilizzazione del continente africano, garantire manodopera a bassissimo costo per ciò che rimane del comparto produttivo europeo (magari anche in vista di un riarmo in funzione anti-russa), fomentare scontri orizzontale interetnici e interreligiosi. La scusante “umanitaria” è chiamata in causa per nascondere la costante violazione dei diritti umani dei popoli africani, in primis i diritti allo sviluppo e alla sovranità nazionale, presentando quello che è un fenomeno artificioso come i flussi migratori di massa come qualcosa di naturale, inevitabile e in fin dei conti anche positivo. La realtà è che si tratta di un fenomeno recentissimo, soprattutto per l’Italia, innescato dal permanere nel sottosviluppo dei paesi del continente africano,  dalle politiche di saccheggio e asservimento messe in campo soprattutto da Washington e Bruxelles e dalla complicità di ONG, organizzazioni criminali, schiavisti e trafficanti. Senza neocolonialismo semplicemente non esisterebbe immigrazione di massa, ma questo priverebbe gli industriali e i latifondisti di lavoratori da sfruttare, le ONG, le cooperative e organizzazioni simil-politiche di prebende statali da incassare, e tutto l’arco liberal-progressista di una ghiotta opportunità per presentarsi come moralmente superiore e attento alle sorti degli ultimi.

Detto questo, la destra si discosta forse da tutto ciò? Assolutamente no. Le forze di destra sono impegnate in un’operazione uguale e contraria, presentandosi con parole d’ordine alternative ma rimanendo all’interno della stessa visione strategica. Anche in questo caso si ignorano le cause dell’immigrazione di massa, avanzando una retorica che colpevolizza gli immigrati e, non offrendo soluzioni reali al di là dell’indignazione, fomenta unicamente lo scontro orizzontale. Il parlare di “difesa dei confini” senza mettere fortemente in discussione l’Unione Europea, che ha fattivamente privato l’Italia della possibilità di esercitare qualsiasi controllo sui propri confini nazionali, è già di per sé manifestazione di malafede. Una malafede che non si può negare se allo stesso tempo si sostengono, più o meno attivamente, le politiche neocolonialiste statunitensi in Africa, vedasi il ridicolo “Piano Mattei”, il sostegno alla guerra contro la Libia e il rifiuto di riconoscere l’unico parlamento regolarmente eletto presente ora nel paese, quello di Tobruk.

Qualcuno potrebbe obiettare che, in passato, da parte di Fratelli d’Italia e della Lega è stato attaccato il Franco CFA, come anche la politica africana di Parigi. Ma questo non deve trarre in inganno: tali affermazioni avevano lo scopo di sostenere il (riuscito) tentativo statunitense di rilevare i possedimenti coloniali francesi non ancora caduti in mano a governi patriottici sostenitori del multipolarismo, come è accaduto nel Sahel.

Il centrosinistra e la sua galassia movimentista, dai centri sociali a Lotta Comunista, dai sindacati confederali fino alle cooperative, vede nell’immigrazione di massa una grande “opportunità” che gli italiani, ignoranti e retrogradi non sarebbero capaci di cogliere perché pieni di pregiudizi.

Il centrodestra e le relative organizzazioni collaterali, dall’area neofascista a quella sionista, presenta l’immigrazione di massa come una sorta di complotto dalle cause inconoscibili, con il quale immense masse di criminali e folli tenterebbero di occupare l’Italia e tutta l’Europa mossi da odio per la “civiltà occidentale”.

Nel mentre, gli abitanti di questo paese, italiani e stranieri, sperimentano quotidianamente la realtà: l’immigrazione di massa è un fenomeno che porta a immense opportunità per criminali e speculatori senza scrupoli, grandi e piccoli, mentre per la gente comune, per i lavoratori e le famiglie, che si parli di italiani e di stranieri, porta unicamente a tragedie, disagio e perdita di coesione sociale. Le morti nel Mediterraneo, le vite buttate nella microcriminalità, la violenza nelle periferie, gli episodi di razzismo e lo sfruttamento disumano sul lavoro sono tutti fenomeni che hanno come responsabili sia le anime belle della “sinistra”, sia i patrioti a giorni alterni della destra.

Nessuno di questi due schieramenti può o vuole risolvere il problema rappresentato dall’immigrazione di massa, perché entrambi non sono che servi del potere imperiale che occupa il nostro paese e che vede l’immigrazione di massa come irrinunciabile conseguenza delle sue politiche predatorie e delle sue esigenze sfruttatrici. Non bisogna farsi illudere dalla retorica di chi parla di “diritti umani” o di “difesa dei confini”: alle loro spalle ci sono sempre e comunque Washington e Bruxelles.

 Quello che si deve fare invece è riconoscere la profonda identità nella lotta che unisce i popoli africani a quello italiano, lotta di liberazione internazionale contro il regime imperialista egemonico e il suo neocolonialismo. Gli immigrati non sono il nemico, la cosiddetta “accoglienza” è solo uno specchietto per le allodole: quella proposta dal centrodestra e dal centrosinistra è una falsa dicotomia da rifiutare in toto.

Leonardo Sinigaglia

Leonardo Sinigaglia

Nato a Genova il 24 maggio 1999, si è laureato in Storia all'università della stessa città nel 2022. Militante politico, ha partecipato e collaborato a numerose iniziative sia a livello cittadino che nazionale.

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