Gli "sconfitti degli anni '70" e un fronte salariale da ricostruire oggi

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Gli "sconfitti degli anni '70" e un fronte salariale da ricostruire oggi


Non mi vergogno a dirlo. Mi ha fatto un immenso piacere la missiva di Azzaroni dell'altro giorno che vi riporto: 

"Buonasera Pasquale,

grazie moltissimo per l'omaggio agli sconfitti degli anni 70, anche se purtroppo avevamo ragione su quello che sarebbe successo.

Ho ordinato il tuo libro (50 anni di guerra al salario) ti faro sapere...

Cordialmente

Paolo Azzaroni" .


Il mio libro si rivolge ai carcerati di allora, ai perseguitati dalla furia giudiziaria, ai 79 suicidi di Torino dopo la sconfitta di Mirafiori del 1980, a coloro i quali vissero l'emarginazione, l'eroina, la solitudine, la depressione, la fuga verso la  Francia della libertà.

E' uno sconfitto che scrive di loro, gli sconfitti degli anni settanta. Fossi stato giovane in quel periodo non avrei scelto la lotta armata, tutto si stava svolgendo sotto l'egemonia del movimento operaio che non mollava. Da studente universitario conobbi una ragazza. Sua madre era della Cgil. Lei era autonoma. La madre le rimproverava che gli autonomi contribuirono con le loro violenze, con le loro estremizzazioni, alla sconfitta del movimento operaio. La madre non voleva vedere il tradimento della Cgil del 1976 e del Pci nel 1977. Per lei la colpa era della lotta armata e della violenza giovanile di quegli anni. Due mondi che non si sono mai piu' ritrovati. Io cerco un filo di unione, in nome  della memoria, per questo ospito lo scritto di Franco Ferlini. Non sapremo mai chi aveva ragione, in fondo oggi non è importante. Oggi è importante ricostruire un fronte salariale, frantumato, emarginato. Gli emarginati di allora con gli emarginati di adesso. Il libro in fondo parla di due solitudini, scritto da un uomo che per sua scelta si è isolato.

E' di futuro che occorre parlare, tanto il presente è dei dominatori, e il passato lo hanno rivoltato a loro favore. Ci rimane il senso del futuro, come costruire un fronte salariale dopo 50 anni di guerra al salario. Non se ne può piu'. E il futuro sono le nostre radici, il passato sdraricato dalla vulgata dei dominatori, il passato degli sconfitti, che hanno ancora cose da dire, siano atei e credenti. Lo stesso senso religioso è venuto meno nel postmoderno dei dominatori, il sacro non appartiene a questo presente. Così come il sacro della rivolta spartachista, della Comune, dell'Aurora, di Stalingrado, della Resistenza, dell'autunno caldo, del biennio rosso 1919-1920 e il decennio rosso 1969-80. Alle armi, alla guerra occorre contrapporre un altro senso del futuro che abolisca il presente schifoso che da 30 anni ci appiccicano. Interi popoli si stanno emancipando, l'Ue ha riportato il nazismo economico nella sua Storia. Un economista mi disse lo scorso anno: "bisogna uscire, pensare a noi, ricostruire il Paese, tanti popoli ci ammirano, avremmo spazi". Ecco, il futuro.


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