Salviamo il soldato Reznikov!

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di Eliseo Bertolasi

Il 3 maggio 2024 si è tenuto a Roma, nei pressi dell’ambasciata ucraina, un picchetto a sostegno della figlia minorenne di un prigioniero di guerra russo Denis Sergeevich Reznikov, di Makeevka (sobborgo di Donetsk) detenuto nelle carceri ucraine. L’evento, che ha suscitato l’interesse della popolazione italiana, è stato organizzato dall’Associazione culturale “Speranza”. Elizaveta Reznikova figlia di Denis è stata ricattata dai rappresentanti dei Servizi Ucraini (SBU) dopo la cattura del padre da parte dell’esercito ucraino. Nonostante il forte stress nervoso e il grave trauma psicologico, Elizaveta ha sempre avuto la forza di opporsi al nemico che torturava suo padre in diretta durante le videochiamate.




Irina Vikhoreva presidente dell’Associazione culturale “Speranza” che prontamente ha preso a cuore questa tragedia umana e familiare, visto il silenzio delle autorità diplomatiche ucraine in Italia, si è rivolta, attraverso i suoi legali, alle più influenti sedi europee di diritto internazionale:

il Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT), un organo del Consiglio d’Europa che cerca di prevenire i casi di tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti sul territorio degli Stati che hanno firmato tale convenzione; 

la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) che è l’organo giurisdizionale volto ad assicurare il rispetto della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali da parte degli Stati contraenti del Consiglio d’Europa.

Entrambe le istituzioni hanno sede a Strasburgo. Considerando che l’Ucraina è uno dei 47 paesi che aderiscono al Consiglio d’Europa si deduce che, per coerenza, dovrebbe recepire le istanze rappresentate dalle due istituzioni giurisdizionali europee.

L’AntiDiplomatico ha raggiunto Irina Vikhoreva per un aggiornamento sulla vicenda.



Signora Vikhoreva cosa sa delle condizioni attuali di Denis Reznikov detenuto nelle carceri ucraine? Attraverso la figlia ha sue notizie?

Buongiorno. Purtroppo non abbiamo più notizie sul prigioniero di guerra Reznikov. Gli ultimi contatti che sua figlia ha avuto con i carcerieri del padre risalgono a un mese fa. La ragazzina ha avuto una crisi nervosa, piangeva e si disperava durante le chiamate effettuate dagli aguzzini del padre. Si è confidata con la madre e hanno deciso di raccontare il fatto ai giornalisti locali, a Donetsk. Appena uscita la prima pubblicazione, in loco, a Donetsk, le telefonate dall’Ucraina sono cessate. La moglie e la figlia di Reznikov, allora, hanno proseguito nell’iter amministrativo, rivolgendosi con varie istanze ad organi istituzionali nazionali e federali russi. In seguito si sono rivolte anche a noi. Spero tanto che Denis sia ancora in vita.


Com’è venuta a conoscenza di questa storia? Una tragedia umana e familiare disperata...

L’Associazione culturale “Speranza” dell’amicizia italo-russa, dal 2014 si batte in Occidente in prima linea a viso aperto, su questioni legate al Donbass: denuncia alle autorità internazionali i casi di sopruso, pestaggio, tortura, detenzione illegale, violazione dei diritti umani ecc.. Anche questa volta, tramite i nostri soci sul posto, che operano a Donetsk, siamo venuti a conoscenza del caso e l’abbiamo preso a cuore.

 

Vi siete rivolti a degli organismi europei di diritto internazionale, a che punto siete?

Si! Tramite i nostri legali abbiamo presentato prima una segnalazione al Centro di Prevenzione della Tortura, organismo istituito in seno al Consiglio d’Europa per monitorare e scoraggiare questo barbaro istituto, purtroppo ancora ampiamente utilizzato in tutti gli Stati europei. Sapevamo infatti, dal rapporto reso ad ottobre scorso dal CPT che anche l’Ucraina è monitorata sotto questo profilo, in quanto firmataria della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Ci hanno prontamente risposto che chiederanno del signor Reznikov all’Ucraina, nella prossima ispezione. Poi abbiamo anche aiutato la signorina Reznikova figlia del prigioniero a fare  ricorso cautelare alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo che prevede una tutela giudiziaria contro la tortura, le violazioni del diritto alla vita familiare, gli atti contro la dignità umana ed il ricorso è stato incardinato davanti alla Corte, contro l’Ucraina. Trattandosi di violazioni della Convenzione di Ginevra collaboriamo anche con l’Associazione svizzera Libera-mente Umani di Lugano che ci ha indicato gli avvocati, ed ha segnalato il caso anche al ministro degli Esteri svizzero nell’ottica degli imminenti incontri per la pace previsti a giugno.

 

Com’è possibile che l’Ucraina, un paese che vanta tanto la sua adesione ai principi democratici occidentali, possa mettere in atto un tal comportamento?

Purtroppo la tortura, malgrado quello che generalmente si crede, è un fenomeno estremamente diffuso in Europa e nel mondo, come dimostrano anche le tante sentenze che ogni anno la CEDU emette contro gli Stati europei che la praticano. L’Ucraina non fa eccezione e sembra che con la guerra abbia eccessivamente ampliato questa orribile e disumana pratica.

 

Quali sono le prospettive dei due interventi presso la CPT e la CEDU?

Innanzitutto, la posizione del padre di Elizaveta è ora stata resa nota al Consiglio d’Europa ed alla Corte di giustizia suddetta. Ora che queste importanti istituzioni conoscono la situazione anche l’Ucraina dovrà valutare con più attenzione la sua posizione e quella del prigioniero Reznikov.

 

Signora Vikhoreva vuole lanciare un appello per aiutare Reznikov?

- Si è assolutamente importante che la lotta contro l’uso della tortura continui ed il caso Reznikov è ormai anche un modo per tutelare anche tutti gli altri prigionieri delle parti in conflitto evidenziando il problema; tutto ciò, comporta, purtroppo, delle spese (ad esempio legali) che noi, senza l’aiuto e la generosità delle persone, non possiamo sostenere da soli. Confidiamo che chiunque abbia a cuore l’umanità ci aiuterà donandoci qualcosa. Negli anni precedenti a promuovere i nostri progetti umanitari ci hanno aiutato semplici cittadini italiani e le Associazioni con le quali collaboriamo sensibili all’ingiustizia. Dovendo ora sostenere le spese legali per questo importante iter giudiziario presso istituzioni europee di tal rilievo, lanciamo una campagna di raccolta fondi.

 

Fonti relative alle istituzioni giuridiche europee:

https://rm.coe.int/16806dbac0

https://presidenza.governo.it/CONTENZIOSO/contenzioso_europeo/sistema_cedu_2.html

https://presidenza.governo.it/CONTENZIOSO/contenzioso_europeo/documentazione/Convention_ITA.pdf

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