Maradona simbolo delle proteste contro le politiche di Milei

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Maradona simbolo delle proteste contro le politiche di Milei

 

di Fabrizio Verde



In Argentina, uno dei cuori pulsanti dell'America Latina, le proteste dei pensionati contro le politiche criminali del governo di Javier Milei hanno assunto i contorni di una battaglia epica. Una lotta che, come in ogni grande narrazione popolare, vede emergere un'icona capace di ispirare le masse popolari: Diego Armando Maradona. La sua figura, già leggendaria per il genio calcistico, si erge oggi come simbolo di resistenza anticolonialista, difensore degli oppressi e paladino delle lotte sociali. In questo scenario di tensione e repressione, la memoria di Maradona risplende più forte che mai, guidando tifosi, pensionati e movimenti sociali verso un orizzonte di giustizia.

La repressione brutale e il grido disperato dei pensionati

Da mesi, i pensionati argentini scendono in piazza ogni mercoledì davanti al Congresso nazionale, chiedendo con disperata determinazione un aumento delle pensioni minime. Queste somme, ridotte a cifre irrisorie dal governo neoliberista di Milei, non solo sono insufficienti per garantire una vita dignitosa, ma condannano intere generazioni di anziani alla povertà estrema. Il governo ha risposto con una brutalità sconcertante, in classico stile neoliberista: gas lacrimogeni, cariche della polizia e arresti arbitrari hanno trasformato manifestazioni pacifiche in scene di caos e violenza. Solo nella giornata del 12 marzo, si contano oltre 114 arresti e almeno 50 feriti, tra cui il fotografo Pablo Grillo, ridotto in fin di vita da una granata lacrimogena sparata alla testa.  

Il presidente Javier Milei, esponente del neoliberismo più radicale, ottuso e fanatico, ha difeso l’operato delle forze di sicurezza accusando l’opposizione kirchnerista di fomentare disordini e complotti destabilizzanti. La ministra della Sicurezza, Patricia Bullrich, ha addirittura etichettato i manifestanti come "violenti preparati per uccidere", parole che hanno acceso ulteriori polemiche e indignazione. Ma in mezzo a questa tempesta repressiva, è emersa una voce potente: quella di Diego Maradona, il cui spirito indomito continua a ispirare chi non si piega alle ingiustizie.


Maradona: l'Eroe del Popolo

Maradona non è stato solo un calciatore straordinario; è stato un uomo profondamente radicato nelle lotte sociali e politiche del suo tempo. La sua passione per la giustizia sociale lo ha portato a schierarsi apertamente contro l'imperialismo statunitense e a sostenere i governi progressisti dell'America Latina, in particolare Cuba e Venezuela. Nel 1992, durante una storica manifestazione di pensionati, Maradona pronunciò parole che ancora oggi risuonano come un grido di battaglia: "Io difendo i pensionati, come potrei non farlo? Dovremmo essere dei gran vigliacchi per non difenderli".    

La sincera e profonda amicizia con immensi leader rivoluzionari quali Fidel Castro e Hugo Chávez testimonia il suo impegno antimperialista. A Cuba, Maradona trovò rifugio e guarigione. Fu lì che dichiarò: "Cuba mi ha salvato la vita, e io sarò sempre al fianco di questo popolo".  Con Chávez, invece, condivise la visione di un'America Latina libera dal giogo del capitalismo predatorio e unita nella solidarietà.  

Uno dei momenti più significativi del suo impegno politico fu la storica marcia di Mar del Plata  nel 2005, quando l'Argentina ospitò il vertice delle Americhe. Maradona, insieme a leader come Hugo Chávez e Nestor Kirchner, guidò le mobilitazioni popolari che affossarono il progetto dell'ALCA (Area di Libero Commercio delle Americhe), un accordo commerciale promosso dagli Stati Uniti che avrebbe ulteriormente impoverito e saccheggiato i paesi latinoamericani. Durante quel vertice, Maradona divenne il volto della resistenza popolare, brandendo cartelli con slogan come "Fuori Bush dall'America Latina!"  e "No all'ALCA!" . La sua presenza catalizzò l'energia delle masse, dimostrando che il calcio e la politica possono convergere in un’unica lotta per la sovranità e la dignità dei popoli.

Ma l'impegno di Maradona andò ben oltre le manifestazioni. Come rivelato dal presidente venezuelano Nicolás Maduro, Maradona giocò un ruolo cruciale nel supportare il Venezuela durante gli anni più duri delle sanzioni criminali imposte dagli Stati Uniti. Quando il paese caraibico venne strangolato da misure economiche punitive che limitavano l'accesso a cibo e medicinali, Maradona si adoperò personalmente per trovare soluzioni. Attraverso la sua rete di contatti internazionali, organizzò spedizioni di aiuti umanitari, cercando di alleviare le sofferenze di un popolo strozzato da draconiane misure criminali. "Maradona non era solo un amico,"  dichiarò Maduro, "ma un fratello che non ci ha mai abbandonato nei momenti più difficili".    

Maradona non era solo un simbolo sportivo, ma un rivoluzionario che vedeva nel calcio uno strumento per unire le masse e combattere le ingiustizie. La sua dedizione ai diritti dei lavoratori, dei pensionati e degli oppressi lo rende un faro luminoso in un mondo sempre più oscurato dalle disuguaglianze.


Maradona e Napoli: un legame indissolubile

Se c'è un luogo che incarna perfettamente l'anima ribelle e solidale di Maradona, questo è Napoli. Durante i suoi anni al Napoli, dal 1984 al 1991, Maradona non si limitò a essere un campione sul campo; diventò un eroe per i napoletani (che adesso lo venerano), specialmente per i più poveri e marginalizzati. In un'Italia spesso divisa dal razzismo e dal pregiudizio del Nord contro il Sud, Maradona si schierò apertamente dalla parte dei più deboli.  

"A Napoli ho trovato un popolo che soffre, ma che resiste",  disse una volta. "Voglio diventare l'idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché sono esattamente come ero io a Buenos Aires. So cosa significa essere poveri ed è difficile". Maradona non si limitò a giocare a calcio; visitava i quartieri più poveri, stringeva mani, ascoltava le storie della gente comune e si faceva portavoce delle loro istanze.  

Quando il Napoli vinse lo Scudetto nel 1987, Maradona dedicò il trionfo "ai napoletani, che hanno sempre dovuto lottare per avere ciò che gli spetta".  Quel titolo non fu solo uno straordinario successo sportivo, ma un atto di ribellione contro il razzismo e il classismo che dominavano il calcio italiano. I media del Nord Italia, infatti, avevano spesso deriso Napoli come una città incapace di competere con le grandi squadre settentrionali. Maradona, con il suo genio e la sua leadership, dimostrò al mondo intero che Napoli poteva vincere contro ogni avversario o pregiudizio.  

Anche dopo aver lasciato la città, Maradona continuò a difendere Napoli e i suoi abitanti. Criticò duramente il trattamento riservato al Mezzogiorno d'Italia, denunciando le ingiustizie economiche e sociali che perpetuavano la povertà e l'emarginazione. "Napoli è stata la mia seconda patria",  disse in un'intervista. "E io sarò sempre al fianco di chi lotta per la giustizia, ovunque sia".  
 

Tifosi uniti sotto lo stendardo di Maradona

In questo contesto di tensione sociale, le tifoserie di calcio – spesso divise da rivalità accese – hanno trovato un terreno comune nella difesa dei diritti dei pensionati. Sotto lo slogan "tutti saremo pensionati" , i tifosi di club leggendari come Boca Juniors, River Plate, Racing, San Lorenzo e molti altri si sono mobilitati in massa. Hanno marciato insieme, cantando inni dedicati a Maradona e brandendo bandiere con il suo volto.  

Questa unità senza precedenti è stata ispirata proprio dalla figura di Maradona, che ha sempre visto nel calcio un veicolo di cambiamento sociale. Le sue parole, pronunciate quasi trent'anni fa, continuano a riecheggiare nei cortei: "Il calcio deve essere al servizio del popolo, non dei ricchi."  Oggi, i tifosi stanno dimostrando che il calcio può trascendere le barriere dello sport, diventando uno strumento di lotta e solidarietà.


La risposta repressiva del governo

Di fronte a questa mobilitazione popolare, il governo di Milei – il fantoccio che brandisce la motosega - ha intensificato le misure repressive. Il Ministero della Sicurezza ha emesso una risoluzione che permette di vietare l’ingresso agli stadi a chiunque partecipi a proteste considerate "violente". Una mossa che ha sollevato accuse di censura e tentativi di soffocare il dissenso. La ministra Bullrich ha anche chiesto ai club di espellere i tifosi coinvolti nelle proteste, ma questa richiesta è stata largamente ignorata.  

I tifosi, infatti, non agiscono su ordine dei club, ma si autoconvocano, dimostrando una forte autonomia e un profondo legame con le istanze sociali. Questa indipendenza li rende ancora più pericolosi agli occhi del governo neoliberista, poiché rappresentano una forma di opposizione che non può essere facilmente controllata o repressa.


Un paese diviso, un popolo unito

La situazione in Argentina riflette una profonda divisione sociale e politica. Da un lato, c’è un governo che accelera le sue politiche di austerity, tagliando il welfare e reprimendo ogni forma di dissenso. Dall’altro, c’è un popolo che, stanco e impoverito, torna a scendere in piazza per difendere i propri diritti.  

Le proteste dei pensionati e il sostegno delle tifoserie rappresentano un momento di risveglio civile. Come si legge in un commento sul quotidiano Pagina|12, "in Argentina non c’è politica senza conflitto, né storia senza antagonismo".  E in questo conflitto, la figura di Maradona continua a essere un faro, un simbolo di resistenza e di lotta per la giustizia sociale.  


La lotta continua

Il futuro è incerto. Il governo del fanatico Milei sembra determinato a proseguire sulla strada dell’austerità e della repressione più brutale, ma la mobilitazione popolare sta crescendo. Le tifoserie, i sindacati e i movimenti sociali stanno trovando nuove forme di unità, mentre la crisi economica e sociale spinge sempre più persone a scendere in piazza.  

In questo contesto, le parole di Maradona risuonano più che mai attuali: "Dobbiamo essere dei gran vigliacchi per non difendere i pensionati".  E i tifosi, insieme ai pensionati, hanno dimostrato di non voler essere vigliacchi. Hanno scelto di lottare, nel nome di Maradona e di un’Argentina più giusta.  

Maradona, l'uomo che ha sfidato il destino sul campo da calcio e nella vita, resta il simbolo di un popolo che non si arrende. Il suo spirito vive nelle strade di Buenos Aires, nei canti dei tifosi e nelle lacrime dei pensionati. Perché, come lui stesso ebbe a dire, "la vera vittoria è quella del popolo".   

 
 

Fabrizio Verde

Fabrizio Verde

Direttore de l'AntiDiplomatico. Napoletano classe '80

Giornalista di stretta osservanza maradoniana

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