L'illusione ottica della "occupazione record"
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I dati ISTAT appena pubblicati confermano il buon andamento dell’occupazione. Cosa che il Governo Meloni, ovviamente, rivendica con orgoglio. Eppure i dati sul PIL e sulla produzione industriale raccontano una storia diversa, molto diversa. Com’è possibile?
Perché concentrarsi esclusivamente sul tasso di occupazione produce un’illusione ottica.
Innanzitutto bisogna ricordare che secondo la definizione ISTAT che si è adeguata da anni a quella europea dell’Eurostat, risulta come occupato chiunque nella settimana della rilevazione sulle forze lavoro abbia lavorato almeno un’ora, anche se retribuito in natura o anche se non retribuito in un’azienda di famiglia. Risulta inoltre occupato anche chi è in cassa integrazione, purché lo sia da non oltre 3 mesi.
E proprio a proposito di cassa integrazione, vale la pena sottolineare che nel terzo trimestre 2024 nell'industria le ore di cassa integrazione sono aumentate dell'8,8% rispetto al terzo trimestre 2023¹.
Più in generale, nei primi 9 mesi del 2024 sono state autorizzate oltre 350milioni di ore di ammortizzatori sociali: il 23,3% in più rispetto allo stesso periodo del 2023².
La fetta più grossa, per sospensione o riduzione dell’attività, è rappresentata dalla cassa integrazione ordinaria che è aumentata del 30%. I comparti più colpiti sono stati pelli, cuoio e calzature (+139,4%), abbigliamento (+124,7%), tessile (+74,6%) e meccanica (+48,3%).
Si tratta di 45 milioni di ore di lavoro perse, che corrispondono a 232.000 lavoratori che non hanno lavorato nei primi 9 mesi dell'anno con una perdita di reddito netta di circa 1 miliardo di euro.
Sempre nel terzo trimestre di quest’anno, gli inattivi sono aumentati di 88.000 unità rispetto al II trimestre e di 100.000 rispetto al III trimestre 2023. Rispetto a ottobre 2023 gli inattivi sono aumentati di 300.000 unità (per un totale di 12,463 milioni di cittadini).
Sono inoltre diminuite le ore lavorate per dipendente, sia in termini congiunturali (-0,9%), sia tendenziali (-1,0%).
Vale inoltre la pena ricordare che l’Italia resta comunque il Paese col più basso tasso di occupazione nell’Unione Europea (62,4% contro una media UE del 70,9%).
L’indicatore però che a mio avviso andrebbe preso maggiormente in considerazione, è quello sulla capacità inutilizzata del mercato del lavoro che comprende i disoccupati, i sottoutilizzati e le persone disponibili a lavorare ma non in cerca e quelle in cerca ma momentaneamente non disponibili.
In Italia queste persone tutte potenzialmente occupabili rappresentano il 16% della forza lavoro (dati del secondo trimestre 2024³). Il dato più alto nella UE dopo la Spagna (18%). SI tratta di circa 4,5 milioni di persone.