Libia a un bivio. Un dialogo con il presidente del partito Jumua

Libia a un bivio. Un dialogo con il presidente del partito Jumua

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A tredici anni dall’intervento della NATO nel paese, la Libia continua ad essere un fronte aperto d’importanza globale, non solo legato ai rapporti di forza nel Mediterraneo. Il mancato compimento del processo di pacificazione, provocato anche dalle crescenti tensioni internazionali, ha impedito la ricostruzione di un’unica autorità statale riconosciuta e rallentato notevolmente la ricostruzione e lo sviluppo economico. La mancanza di elezioni libere e nazionali è il punto centrale della questione: esse metterebbero in dubbio la legittimità dei vari centri di potere e, probabilmente, esprimerebbero candidati mal visti da certi Stati. In una situazione fluida e dalla complessità spesso ignorata dai media occidentali è importante mettere al centro le voci libiche. Per questo parliamo con il dottor Abdul al-Aziz  Mohamed, presidente del partito politico Jumua, nato a Tripoli negli ultimi anni e sostenitore dell’indipendenza del paese e la sua unificazione sotto un unico Stato democratico.

 

Il panorama socio-politico della Libia è fortemente influenzato dal suo trascorso contemporaneo, dal passato coloniale alla cacciata delle forze straniere sotto il Gheddafi, fino all’intervento della NATO nel 2011. Quali sono secondo lei i lasciti più importanti del trascorso storico libico?

 La storia della Libia è ricca di conflitti e trasformazioni che hanno plasmato la sua identità e il suo attuale panorama politico e sociale. La Libia ha attraversato diverse fasi coloniali, iniziando dall'Impero Ottomano, passando per l'occupazione spagnola e arrivando al colonialismo italiano. Il popolo libico ha sempre mostrato una forte opposizione a qualsiasi forma di colonialismo, come dimostrato dalla sua continua resistenza contro tutte le potenze straniere. Dopo la Seconda Guerra Mondiale ci fu un ampio rifiuto della presenza di basi militari straniere in Libia. La Rivoluzione del 1969 guidata da Muammar Gheddafi incarnò questo spirito di liberazione e riuscì a espellere le basi militari straniere entro il 1970, anno simbolo della completa liberazione del territorio libico. È significativo notare che le decisioni internazionali successive, come l'imposizione di sanzioni alla Libia nel 2011  portarono con sé connotazioni storiche e coloniali. Nel 2011, l'intervento della NATO nel conflitto libico provocò reazioni nazionaliste contrarie a tale intervento. Il popolo libico, per sua natura amante della libertà, ha respinto fermamente l'ingerenza straniera nei propri affari interni, rimanendo fedele al diritto di autodeterminazione.

 

Quali sono le principali fazioni politiche in Libia oggi e come influenzano la stabilità e la governance del paese?

Il panorama politico libico è stato caratterizzato da divisioni e frammentazioni sin dal 2011. In Libia esistono diversi centri di potere politico, i principali dei quali sono il Parlamento, il Consiglio di Stato e il governo emerso dall'accordo di Ginevra, insieme a un governo parallelo creato dal Parlamento. Questa molteplicità di governi e parlamenti ha portato a uno stato di caos politico, dove ogni ente rifiuta di cedere il potere. La costituzione del Consiglio di Stato doveva essere temporanea, ma si è trasformata in un organismo politico con un ruolo fondamentale. Questa situazione è aggravata dagli interventi internazionali che mantengono il conflitto per perseguire i propri interessi. Nonostante il rifiuto del popolo libico verso tutti questi centri di potere, essi continuano a esistere grazie al sostegno internazionale. Storicamente, la Libia è stata capace di unire i propri sforzi e superare le difficoltà. Tuttavia, la situazione attuale richiede una soluzione puramente libica, lontana dalle ingerenze esterne. La stragrande maggioranza dei libici auspica elezioni libere e trasparenti che esprimano la loro vera volontà e permettano loro di scegliere i propri rappresentanti.

 

Come ha influenzato il conflitto l'economia della Libia, in particolare l'industria petrolifera, e quali sono le prospettive di ripresa economica?

 

Tra il 2005 e il 2011 la Libia ha vissuto una promettente crescita economica e di sviluppo grazie al progetto "Libia del domani", il qualemirava a realizzare un salto di qualità in tutti i settori, compreso lo sviluppo delle infrastrutture, l'istruzione e l'assistenza sanitaria. Il progetto puntava a migliorare la vita dei libici e a potenziare le loro capacità umane, oltre a promuovere la libertà di espressione e opinione. Tuttavia, l'intervento militare del 2011 e le successive turbolenze hanno ostacolato questi sforzi, facendo precipitare la Libia in un vortice di guerre e conflitti che hanno avuto un impatto negativo sull'economia libica, in particolare nel settore del petrolio e del gas, considerato la spina dorsale dell'economia nazionale. La chiusura dei giacimenti petroliferi e le lotte per il loro controllo hanno causato enormi perdite finanziarie stimate in centinaia di miliardi. I conflitti persistenti hanno causato un grave deterioramento dell'economia libica. Il settore petrolifero, un tempo gestito con grande efficienza, ha subito un collasso che ha portato a un aumento dei tassi di povertà e disoccupazione e a un deterioramento dei servizi essenziali come la sanità e l'istruzione. I prezzi dei beni di prima necessità sono aumentati notevolmente e il valore del dinaro libico è diminuito, aggravando ulteriormente le sofferenze del popolo libico.

 

Quali sono le principali sfide umanitarie che la Libia deve affrontare, comprese le questioni relative alla migrazione, ai diritti umani e alla sanità?

La migrazione irregolare è diventata una grande sfida in quanto la Libia si è trasformata in un punto di transito principale per i migranti africani diretti verso l'Europa. Questo grande afflusso di migranti ha portato a cambiamenti demografici in alcune aree e a un deterioramento dei servizi sanitari con la diffusione di malattie infettive. Dopo l'intervento straniero del 2011, la Libia è diventata una terra aperta a tutti. I giovani sono rimasti senza lavoro, hanno abbandonato gli studi per seguire la via della criminalità, unendosi a gruppi armati e venendo sfruttati nelle guerre, così come nel traffico di droga, nella migrazione irregolare e nel contrabbando di carburante. La Libia è diventata un rifugio per i criminali internazionali entrati nel paese tramite la migrazione irregolare. Questo indica un deterioramento della situazione in Libia e un cambiamento demografico nel sud, dove il numero di migranti irregolari ha superato quello dei libici in quelle aree. L'aumento del loro numero ha portato a un calo dei servizi medici, rendendo difficile per i malati cronici trovare i farmaci necessari e causando il ritorno di malattie infettive che erano state eliminate prima del 2011, come la tubercolosi, il vaiolo, la malaria e la febbre aftosa. Questo rappresenta una violazione della sicurezza nazionale in Libia. Ci sono anche aree che sono state sfollate, con i profughi che si sono dispersi in tutta la Libia, verso est e sud. L'Italia è il paese maggiormente colpito dalla questione della migrazione irregolare, e qui vorrei ricordare le relazioni tra la Libia e l'Italia dopo le scuse storiche per il periodo coloniale e il trattato stipulato tra loro. La Libia è stata una porta d'accesso dall'Africa all'Europa e ha avuto un ruolo importante nella fondazione dell'Unione Africana. Pertanto, molti sperano che le cose tornino alla normalità, il che contribuirebbe a ridurre la migrazione irregolare e a permettere ai libici di svolgere il loro vero ruolo in Africa. E ciò non accadrà senza una soluzione politica e le elezioni.

 

Quali sono le strategie e le iniziative messe in atto da Stephanie Khoury, la nuova inviata speciale delle Nazioni Unite in Libia, per stabilizzare la situazione politica e guidare il paese verso elezioni di successo?

Dal 2011, gli sforzi internazionali per risolvere la crisi libica sono continuati, ma non hanno portato a risultati concreti. La nuova inviata speciale delle Nazioni Unite, Stephanie Khoury, come i suoi predecessori, non sarà in grado di fornire soluzioni di successo a causa delle complessità del panorama politico e della molteplicità degli interessi internazionali in Libia. Le dichiarazioni dei dirigenti internazionali, come quella dell'ex presidente americano Donald Trump, mostrano chiaramente che la soluzione della crisi libica dipende dal consenso delle parti internazionali, complicando ulteriormente la situazione. Il popolo libico desidera elezioni libere e trasparenti che permettano di scegliere i propri rappresentanti e di porre fine al caos attuale. Unificare il governo e le istituzioni militari e di sicurezza è considerato un passo fondamentale verso la stabilità. I libici devono unirsi attorno a un obiettivo comune e lavorare per porre fine alle divisioni interne per raggiungere questo obiettivo. Per raggiungere la stabilità, è necessario unificare il governo e le istituzioni militari e di sicurezza, e tenere elezioni libere e trasparenti senza escludere nessuna parte. I libici aspirano a un governo nazionale capace di gestire efficacemente il paese, stabilendo un calendario chiaro per le elezioni, aprendo così la strada per questo processo.

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