Kazakistan, cosa si cela dietro il tradimento e l'arresto del capo dell'intelligence
Mentre sui media d’Occidente si rincorrono gli usuali strali contro il governo kazako, che starebbe reprimendo nel sangue una protesta pacifica contro un regime corrotto, un avvenimento di cronaca fa crollare tale narrazione.
L’8 gennaio le autorità hanno annunciato che il capo dei servizi di sicurezza Karim Masimov, destituito dall’incarico senza alcuna spiegazione subito dopo l’inizio della rivolta, è stato arrestato con l’accusa di tradimento (Eurasianet).
La svolta conferma in pieno l’analisi che abbiamo pubblicato in precedenza, che inquadrava gli eventi kazaki nel quadro di una banale, quanto sanguinosa, operazione di regime-change realizzata grazie al supporto di forze interne (peraltro le più oscure, essendo da anni Masimov alla guida della struttura repressiva del Paese).
Da parte sua, il presidente Kassym-Jomart Tokayev ha affermato che “l’analisi della situazione ha mostrato che il Kazakistan sta affrontando un atto di aggressione armata ben preparato e coordinato da gruppi terroristici addestrati fuori dal Paese” (Itar Tass).
Infine, sembra interessante l’analisi prodotta da Strategic Culture Foundation, in una nota rilanciata dal sito della Ron Paul Institute, che inquadra anch’essa le vicende kazake nel quadro di un regime-change allo scopo di far sprofondare nel caos un Paese più che strategico per Cina e Russia, ma soprattutto per porre nuove criticità alle trattative tra Nato e Russia che si terranno il 10 gennaio (sempre che non saltino a motivo della crisi kazaka).
In particolare, la nota riferisce che alcuni “osservatori hanno scoperto che i soliti sospetti – l’ambasciata americana – già dal 16 dicembre 2021 stavano ‘avvertendo’ della possibilità che avvenissero delle proteste di massa”.
Il 16 dicembre era l’anniversario del distacco del Kazakistan da Mosca. Sull’account twitter dell’ambasciata Usa anche un messaggio del Dipartimento di Stato che ricordava con soddisfazione quell’avvenimento, lodava l’impegno del Kazakistan nel promuovere i diritti umani (sic), impegno che gli aveva permesso di essere accolto nel l Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, e concludeva: “Gli Stati Uniti sono orgogliosi di chiamare il Kazakistan amico e restano impegnati a tutelare la sua sovranità, indipendenza e integrità territoriale. Continueremo a rafforzare la nostra partnership strategica a beneficio dei cittadini di entrambi i paesi”.