Dalla furia ultrareazionaria ai falsi ideologici: Paolo Mieli e i "finti pacifisti"

Dalla furia ultrareazionaria ai falsi ideologici: Paolo Mieli e i "finti pacifisti"

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I rinnegati si sa sono i più fanatici nel dare addosso alla parte politica di cui hanno fatto parte in passato.

Poco importa che quel passato sia lontano, un piccolo “peccato di gioventù”, quel ricordo brucia finché il rinnegato campa, obbligandolo a rincarare la dose per certificare che lui si è del tutto mondato del peccato in questione. Uno dei più “illustri” rappresentanti di questa schiera (in Italia nutritissima) di intellettuali “pentiti” di avere, magari per breve tempo, magari solo tangenzialmente, sfiorato il campo comunista (in tutte le sue varianti, dal PC alla sinistra extraparlamentare) è Paolo Mieli, ex direttore del Corsera, boss del gruppo editoriale cui il quotidiano tuttora fa capo, nonché autonominatosi “storico” nel vano tentativo di replicare la gloria di Montanelli (modello per lui inarrivabile, sia perché non avendo mai dovuto rinnegare la proprie idee – coerentemente conservatrici e filo occidentali – poteva permettersi momenti di obiettività, sia perché dotato di più robusti strumenti intellettuali).

Ed è proprio in veste di presunto storico che Mieli, con l’articolo di oggi sul Corriere, si spinge oltre la consueta furia ultrareazionaria, coprendosi di ridicolo attraverso una serie di pacchiani falsi ideologici.

Dopo avere gettato palate di merda sui pacifisti “cinici”, che, invece di plaudire all’invio di vagonate di armi letali all’Ucraina, spiegano che ciò serve solo a prolungare la guerra e la strage, si azzarda a fare una serie di paragoni da far arrossire di vergogna il peggiore dei pennivendoli di regime: sostenere che inviare armi è inutile perché gli ucraini saranno comunque sconfitti, scrive, è come dire che non aveva senso mandare aiuto all’esercito repubblicano spagnolo che resisteva a Franco perché non aveva chance di vittoria.

A parte il fatto che NESSUN PAESE “DEMOCRATICO” aiutò i combattenti antifascisti (mentre i loro nemici furono armati fino ai denti da Hitler e Mussolini), paragonare l’armata antifranchista a un esercito ucraino infarcito di combattenti DICHIARATANENTE NEONAZISTI è una infamia,

Ma al nostro non basta, è deciso ad andare fino in fondo sulla strada della più smaccata falsificazione storica: arriva a mettere sullo stesso piano i resistenti ucraini foraggiati dall’Occidente ai resistenti argentini e cileni contro i generali fascisti! Peccato che quei generali fossero pagati, armati e sostenuti (fatti documentati e riconosciuti dagli stessi responsabili) dai servizi americani (gli stessi servizi che anni dopo hanno alimentato e continuano ad alimentare tutte le rivoluzioni colorate - compresa quella del Maidan - promosse per promuovere cambiamenti di regime nei Paesi che sfuggono al controllo di Usa, Nato e Ue). Se lo è dimenticato? No, ma il suo compito è falsificare la realtà cambiando il significato stesso di fatti, notizie e parole (do you remember 1984?). E, a proposito di Orwell, a pagina 20 il Corriere arruola il dissidente di turno, tale Shishkin, per dire che i russi stanno con Putin perché, siccome tutti gli intellettuali (s’intende come me!) se ne sono andati, in Russia è rimasto solo il popolo bue che non capisce nulla e si lascia manipolare. Gratta il liberale e sotto troverai il nemico giurato delle classi popolari.

Carlo Formenti

Carlo Formenti

Giornalista, professore e ricercatore in pensione. Autore di "Il socialismo è morto. Viva il socialismo! Dalla disfatta della sinistra al momento populista" (Meltemi, 2019)

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