"Cambiamento non avvenuto in 100 anni". Trema l'Impero Anglosassone

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"Cambiamento non avvenuto in 100 anni". Trema l'Impero Anglosassone

 

 

“Il cambiamento che sta arrivando non è avvenuto in 100 anni. E stiamo guidando questo cambiamento insieme”

Xi Jinping rivolgendosi a Putin

 

 

Dopo due intensissimi giorni ha avuto fine la visita di Stato in Russia del leader cinese Xi Jinping. Una visita che per molti versi rischia di passare alla storia perché ha visto suggellare quello che i protagonisti hanno chiamato partnership strategica tra i due paesi. Una partnership che di fatto può essere considerata una vera e propria alleanza a tutto tondo perché coinvolge sia il livello diplomatico che quello commerciale, energetico, militare e perfino monetario.

Lo stesso Xi Jinping rivolgendosi a Putin, dopo la cena di gala tenutasi al Cremlino l'ultimo giorno della visita, ha parlato di partnership che porterà un cambiamento nel mondo ad un tale livello che non se ne vede uno pari da cento anni. Ovvero - provando a decodificare le parole del leader cinese – da quando dopo la fine della prima guerra mondiale iniziò il tramonto dell'Impero Britannico e l'ascesa dell'Impero Americano, fenomeno questo che si concluse con la fine della seconda guerra mondiale quando l'Impero Britannico fu definitivamente smantellato.

Per la rilevanza degli accordi e dei memorandum d'intesa resi pubblici ieri per la verità si può parlare di media rilevanza al pari – mi sembra – dell'accordo della cosiddetta Via della Seta firmato dal governo italiano di Conte e Xi a Roma nel 2019. Si va da accordi sulla collaborazione in materia di ricerca scientifica, al nucleare, alla tutela dei consumatori, fino alla collaborazione in ambito di informazione di produzione di audiovisivi attraverso le televisioni statali dei due paesi. Insomma, nulla di trascendentale, non fosse per le dichiarazioni trionfalistiche dei due leader. Ma allora, di preciso, cosa giustifica i toni entusiastici dei russi e dei cinesi e l'evidente preoccupazione degli USA?

Sicuramente è una notizia ferale per l'Europa l'annuncio fatto da Putin secondo cui tutti gli ostacoli alla costruzione del gasdotto Power of Siberia 2 che collegherà la Russia alla Cina Nord-Occidentale fornendo a quest'ultima ulteriori 98 miliardi di metri cubi di gas all'anno a partire dal 2030 (1). Una notizia questa – come dicevo – ferale per l'Europa perché la relega, a Mosca, allo stato di cliente di seconda classe per l'energia. Dunque quel vantaggio competitivo che l'Europa ha goduto (in particolare la Germania) per 30 anni e oltre nei mercati internazionali è destinato ad andare a scemare, anche perché il gas GNL proveniente dall'America è costosissimo nell'ordine di 3 o 4 volte il costo di quello russo (peraltro anche più performante a livello energetico). E' chiaro ed evidente che per mantenere la propria competitività non rimarrà all'Europa che comprimere diritti e costo del lavoro in maniera ancora più devastante creando malcontento sociale. Per gli USA le cose sono diverse, con il riorientamento verso est delle rotte energetiche russe, Washington raggiunge certamente un grande obbiettivo strategico: quello di azzoppare la competitività dell'Europa che stava distruggendo le aziende americane. Peraltro manco a farlo apposta questo è lo stesso obbiettivo dell'Occulto bombarolo che ha distrutto i gasdotti russo-tedeschi NorthStream 1 e 2. Neanche a farlo apposta.

Però dall'altro lato questo riorientamento ad Est rafforza il grande competitore globale degli USA, la Cina Popolare. Dunque dal punto di vista di Washington una notizia in chiaroscuro.

Molto interessanti sono le dichiarazioni di Putin in materia monetaria che si possono trovare a margine del documento “Dichiarazione congiunta del Presidente della Repubblica Popolare Cinese e del Presidente della Federazione Russa sul Piano di sviluppo pre-2030 sulle priorità della cooperazione economica Cina-Russia”(2). Ad un certo Putin dice: <<Come ho già detto, in questa fase, due terzi dei pagamenti nell'ambito degli accordi commerciali tra i nostri Paesi sono effettuati in rubli e yuan. Siamo favorevoli all'utilizzo dello yuan cinese nelle transazioni tra la Federazione Russa e i suoi partner in Asia, Africa e America Latina. Sono sicuro che questi tipi di pagamento cresceranno tra le imprese russe e le loro controparti nei Paesi terzi - come ho detto - pagamenti in yuan.>>

In buona sostanza Putin con queste parole espresse durante un incontro solenne non solo ha impegnato la Russia ad accettare i pagamenti in Yuan ma ha invitato tutti i paesi con il quale commercia ad effettuare le transazioni nella moneta cinese. Insomma, il Presidente della Federazione Russa non solo dichiara che il suo paese ha pienamente accettato lo “Yuan Standard” nel commercio internazionale, ma invita – facendosene così sponsor – terze nazioni a fare altrettanto.  In se stessa questa dichiarazione non ha alcun aspetto di preoccupante in relazione ai rapporti tra Russia e Cina da una parte e l'Occidente dall'altra. Per comprenderla bene però è necessario analizzare il contesto di riferimento: se la nascita ormai evidente di uno “Yuan Standard” in contrapposizione al “Dollar Standard” fosse figlia di un accordo globale come quello che ci fu nel 1944 a Bretton Woods non ci sarebbe motivo di preoccuparsi. Del resto agli americani interessa riassorbire il NIIP (Net International Investment Position) negativo a livelli ormai abissali piuttosto che difendere lo status del dollaro. Insomma, per Washington se una volta riassorbito il proprio debito estero si decidesse di utilizzare un'altra moneta per gli scambi internazionali andrebbe bene comunque, il problema è che russi e cinesi stanno provando ad imporre il nuovo standard senza alcuna trattativa facendo così collassare il sistema finanziario americano oberato da un debito estero impagabile come se gli USA fossero un'Argentina o una Grecia qualsiasi. Benzina sul fuoco su una crisi ormai non più latente tra Occidente e i due giganti euroasiatici.

Infine l'altro punto cruciale della visita di Xi a Mosca a mio avviso lo si trova nella “Dichiarazione congiunta della Repubblica Popolare Cinese e della Federazione Russa sull'approfondimento del partenariato strategico globale di coordinamento per la nuova era” (3) quando viene scritto, nero su bianco, nella Sezione 7 riguardante la Sicurezza Strategica <<Nel contesto del deterioramento delle relazioni tra gli Stati dotati di armi nucleari, le misure per ridurre i rischi strategici dovrebbero essere organicamente integrate negli sforzi complessivi per allentare le tensioni, costruire relazioni più costruttive e risolvere il più possibile i conflitti nel campo della sicurezza. Tutti gli Stati dotati di armi nucleari non dovrebbero schierare armi nucleari all'estero e dovrebbero ritirare le armi nucleari schierate all'estero>>.

In altri termini  Cina e Russia chiedendo (in teoria) ad ogni stato di non detenere armi nucleari all'estero (in pratica) stanno chiedendo agli USA di uscire dall'Europa e anche dal Giappone. Una plateale contestazione questa dello status quo post caduta del Muro di Berlino che vede gli USA come unica iperpotenza e Gendarme del mondo. 

Ritornando alla considerazione iniziale di Xi secondo cui si stanno apprestando al mondo dei cambiamenti che non si vedono da 100 anni non sembra azzardato dire che per Mosca e Pechino la missione americana di redimere i peccati dell'umanità cantata nel 1916 dall'allora presidente americano Woodrow Wilson può ritenersi definitivamente conclusa (4).

 

NOTE

 

 

 

Giuseppe Masala

Giuseppe Masala

Giuseppe  Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e  si specializza in "finanza etica". Coltiva due passioni, il linguaggio  Python e la  Letteratura.  Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe  essere il primo di una trilogia), "Una semplice formalità" vincitore  della terza edizione del premio letterario "Città di Dolianova" e  pubblicato anche in Francia con il titolo "Une simple formalité" e un  racconto "Therachia, breve storia di una parola infame" pubblicato in  una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come  Leonardo Sciascia crede che "Non c’è fuga, da Dio; non è possibile.  L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

 

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