Quando l'Alto Adige poteva diventare il "Donbass italiano"
Alto Adige/Südtirol, avrebbe potuto essere il Donbass italiano.
Annesso all’Italia con il Trattato di Versailles del 1919, questo territorio, da sempre popolato da tedeschi, conobbe da allora una politica di “italianizzazione”, tradottasi durante il fascismo anche in feroci deportazioni, che fecero nascere nel secondo dopoguerra un vasto movimento che chiedeva, per lo più, il bilinguismo e una autonomia amministrativa. Nulla di diverso da quanto previsto per il Donbass dal Protocollo di Minsk II, (stipulato nel 2015 anche dal Governo di Kiev).
Nel 1962, nell’Alto Adige/Südtirol, il movimento autonomista diventa guerriglia con decine di poliziotti e carabinieri uccisi e innumerevoli attentati. Nonostante le provocazioni dei servizi segreti e di Gladio, la risposta del Governo italiano, fu, per una volta, buona: bilinguismo, autonomia amministrativa e fiscale, risolvendo definitivamente la questione.
Perché questa risposta? Intanto perché non c’era da trascinare in guerra la Russia, così come è stato per il Donbass (dal 2015 devastato da una guerra condotta da Kiev che ha provocato almeno 14.000 morti). E poi perché al governo in Italia c’erano politici che trovavano legittimazione non solo da una investitura da parte degli Usa ma, soprattutto, da un consenso popolare. Non rischiavano, una volta fuori dal governo, di tornare a vendere bibite negli stadi.