Pierluigi Fagan - Ipotesi sul futuro siriano: e adesso?

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Pierluigi Fagan - Ipotesi sul futuro siriano: e adesso?


di Pierluigi Fagan*


IPOTESI SUL FUTURO SIRIANO. E adesso? Il futuro, si sa, è impredicibile viepiù si affollano variabili incidenti e nel caso della Siria, di variabili ce ne sono a volontà. Molti provano a calcolare il gioco delle variabili partendo dalla contemporaneità, ma Paesi e popoli hanno una storia, anzi una geostoria, non sono materia vergine che può prendere qualsiasi forma. E nel caso siriano di geostoria ce ne è parecchia.


La Siria dovrebbe avere circa 18 milioni di abitanti, ma c’è chi ne ipotizza 24 milioni più altrettanti all’estero tra cui 3,5 milioni in Turchia che ora Erdogan vorrebbe rimpatriare. Più quelli in Libano ora destabilizzato anche lui. Geostoricamente è incastonata tra Turchia, Levante mediterraneo, deserto arabo (Giordania, Arabia Saudita, Iraq). Come paese in sé per sé, la Siria esiste da solo un secolo circa, prima e per secoli, è stata una regione dei vari imperi musulmani.

La sua breve storia recente è legata alle spartizioni coloniali dell’Impero ottomano operate tra Francia e Regno Unito, la Siria andò alla Francia. Nel 1946 si emancipa dal mandato francese e diventa una repubblica presto attratta dal progetto dell’egiziano Nasser di una repubblica araba unita (R.A.U.), con un pezzo di Yemen (Egitto, Siria, Yemen del nord) che durerà solo tre anni prima che proprio i siriani defezionassero. A seguire il colpo di stato del partito socialista-nazionalista Ba’th nel vicino Iraq (altro stato inventato dai colonialisti europei ma sotto egida britannica), la sezione siriana del Ba’th fa un colpo di stato e s’instaura al potere anche a Damasco. Tale assetto durerà sessantuno anni fino all’altro ieri.

C’è un perché da quelle parti, i militari sono così centrali nelle vicende storiche post-coloniali. Proprio al tempo dei mandati coloniali, entrare nell’esercito era l’unica forma di avanzamento sociale per status, reddito, cultura, non essendoci ciò che qui chiamiamo “capitalismo”. La aspirazionale borghesia locale finì tutta nell’esercito (e nella burocrazia neo-statale dove il concetto di “Stato” era ignoto), prima come braccio armato delle potenze coloniali, poi come braccio armato dell’emancipazione dalle potenze coloniali.

Ma tali origini militari erano giocoforza anche laiche e la cosa aveva un’ottima ragione per far funzionare il nuovo potere territoriale, cosa che vale anche per la Turchia moderna. Questo strato da cui provennero gli Assad e Saddam, era teoricamente super-partes rispetto la sottostante etnico-religioso assai ricco e problematico. In Siria, contiamo sunniti, sciiti, alawiti, ebrei ed uno spruzzo di cristiani, poi sottogruppi come gli ortodossi di Antiochia e i melchiti, Caldei, Drusi, Assiri, Armeni, Palestinesi, Turchi e la disgraziata etnia curda.

Va però ricordato che tale varietà era conforme la logica degli imperi musulmani, il Corano prescrive che i musulmani vivano in pace ed armonia con altre ispirazioni purché queste paghino una -diciamo- tassa di ospitalità. Usare le diverse ispirazioni religiose o etniche l’un contro l’altra è cosa storicamente recente, del resto la stessa etnia “araba” è una etnia di etnie.

Fu contro questa deriva militar-nazionalista-socialisteggiante che Occidente e regni arabi promossero ambiguamente il salafismo.

L’uomo nuovo del giorno è questo misterioso al Jolani, ex jihadista ora propugnatore di un califfato 2.0, un progetto troppo significativo per esser tutta farina del suo sacco. Al Jolani promette di tenere unita la Siria in un frame da una parte islamista di origine salafita, ma dall’altra senza sgozzare nessuno, quanto a Shari’a non si sa e contemplando la convivenza tra diversi com’era per altro nella tradizione degli imperi musulmani per milleduecento anni. Le due cose non vanno assieme naturalmente, se non altro in termini di interpretazione del Corano, della Sunna e della storia ideologica salafita recente.

La guerra civile siriana inizia nel 2011 ed ha quindi tredici anni, naturalmente ha sedimentato odi profondi e lunghe catene di desideri di rivalsa e vendetta che saranno difficili da pacificare soprattutto da un potere connotato ideologicamente sebbene si sforzerà di temperarsi. In questi anni lì, come Isis, è stato mandato di tutto, inclusi uiguri cinesi e turchici del centro-Asia che ora Erdogan dovrebbe rimandare a casa, chissà come.

Sebbene culla della civiltà (qui uno dei più antichi siti agricoli della storia Abu Hureyra 12.000 af circa) la Siria è il dodicesimo paese al mondo per stress idrico. Hanno un po’ di petrolio, fosfati e sono un narcostato (captagon) ma economicamente sono praticamente uno stato fallito con moneta (lira siriana) priva di ogni credibilità, fino ad oggi vissuto di solo credito a perdere da parte di Iran, Russia e Cina. Il 35% vive in povertà ma attenzione alle differenze tra aree periferiche e area Damasco cittadina, laico-moderna. In più va ricostruita, fino a 360 mld di US$ la prospettiva calcolata.

Nessuno dei vicini più prossimi Turchia, Israele, Giordania e Arabia Saudita hanno interesse che la Siria si ricostituisca come paese sovrano, ideale lasciarla in uno stato di coacervo instabile sulle cui divisioni manovrare. Ovviamente cercheranno di avere buoni rapporti coi russi (questione porti) ed americani (questione curda ma curdi iracheni più che siriani obiettivo specifico di Erdogan). Da vedere con iraniani.

Soprattutto sono curioso di capire (ad oggi non l’ho capito e quindi dichiaro semplicemente la mia ignoranza che però vedo assai condivisa anche se non sempre dichiarata) come la metteranno con Qatar e Arabia Saudita. L’ipotesi “stato islamico moderato” se funzionasse sarebbe apertamente concorrente i regni e califfati arabi del Golfo, poiché sarebbe -come da intenzione teorica salafita- l’idea di ripristinare l’unità di tutti i musulmani come da Corano-Sunna. Forse il Qatar con la Turchia s’è fatta il disegnino della vecchia idea di gasdotto da portare dal Persico al Mediterraneo/Turchia - Europa, ma con le mire del progetto Trump-Patto di Abramo e i nuovi giacimenti al largo di Israele-Libano, la vedo canizza certa. Non si sa poi dove dovrebbe passare se l'Iran (in Iraq) si mettesse di traverso. Tuttavia, magari includendo in un secondo tempo anche l'Iran, chissà che l'asse Doha-Ankara non l'abbia pensata proprio in opposizione al piano "Patto di Abramo-Via del cotone" che le emarginerebbe.

Costruire qualcosa in termini di progetti geo-politici di spessore da quelle parti è assai improbabile, a meno di non esser un generale feroce che instaura una dittatura sanguinaria con ampie riserve militari e qualche potenza alle spalle. La natura del frame è entropica, tende naturalmente al disordine. Chissà, in fondo forse era proprio quello che i più desideravano dando ad al Jolani le chiavi della storia. Anche perché un tale progetto costerebbe una tombola che oggi nessuno ha o ha intenzione di investire.

*Post Facebook dell'11 dicembre 2024

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