La strategia del Giappone nell’Indo-Pacifico preoccupa la Cina

Immagini satellitari rivelano la rapida trasformazione dell’isola di Mageshima in una base militare avanzata, mentre Tokyo rafforza anche la presenza di missili nelle isole Ryukyu

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La strategia del Giappone nell’Indo-Pacifico preoccupa la Cina

Mentre il dibattito internazionale si intensifica sul futuro della sicurezza nell’Indo-Pacifico, immagini satellitari esclusive ottenute dal quotidiano Global Times rivelano un’accelerazione senza precedenti dei lavori militari giapponesi sull’isola di Mageshima, situata strategicamente all’imbocco dello Stretto di ?sumi. L’isola, fino a poco tempo fa disabitata e acquisita dal governo giapponese nel 2019 per 16 miliardi di yen, si sta rapidamente trasformando in quella che Pechino definisce un’“portaerei inaffondabile”, progettata esplicitamente per contenere la Cina e prepararsi a un eventuale coinvolgimento nella questione di Taiwan.

Le immagini satellitari scattate da satelliti commerciali cinesi tra maggio 2024 e settembre 2025 mostrano un cambiamento drammatico: da un territorio quasi intatto a un vasto cantiere militare. È ormai visibile una pista di volo lunga circa 2.000 metri, depositi di munizioni, serbatoi di carburante, un molo temporaneo per navi da guerra e tutta l’infrastruttura necessaria a supportare operazioni aeree e navali complesse. Secondo fonti del ministero della Difesa giapponese, la base servirà in tempo di pace per addestrare i caccia F-35, F-15 e F-2, inclusi i velivoli imbarcati F-35B. In caso di conflitto, Mageshima diventerebbe una piattaforma logistica e operativa chiave per le Forze di autodifesa giapponesi e per le forze statunitensi stanziate in Giappone.

L’obiettivo strategico, ammesso apertamente da Tokyo, è rafforzare la “difesa offensiva” delle isole sud-occidentali, in risposta a presunte “capacità militari avanzate” di Paesi vicini, tra cui la Cina. Tuttavia, analisti cinesi non nascondono la loro preoccupazione. Zhang Junshe, esperto di questioni militari, definisce la base di Mageshima un passo fondamentale nella preparazione del Giappone a una possibile interferenza nella questione di Taiwan. “L’isola è pensata per controllare lo Stretto di ?sumi, bloccare il passaggio della Marina cinese e fungere da trampolino per attacchi con F-35B verso la costa orientale cinese”, le sue parole.

Zhang va oltre, paragonando la strategia giapponese alle tattiche di “island hopping” utilizzate dal militarismo nipponico durante la Seconda guerra mondiale. “Oggi Tokyo, allineandosi al concetto statunitense di operazioni distribuite, si riarma in modo incompatibile con lo spirito della Costituzione pacifista e con la Dichiarazione di Potsdam, che vieta al Giappone di riarmarsi per scopi bellici”.

Le preoccupazioni cinesi si inseriscono in un contesto politico sempre più teso. Il nuovo primo ministro giapponese, Sanae Takaichi, ha suscitato ampie critiche internazionali per le sue dichiarazioni provocatorie sulla questione di Taiwan, considerata da Pechino parte inalienabile del proprio territorio. Nel frattempo, il Giappone sta schierando missili antinave Type 12 e missili terra-aria Type 03 su isole come Ishigaki e Yonaguni, quest’ultima a soli 150 chilometri dalle coste taiwanesi.

Di fronte a questa escalation, la Cina non nasconde la sua determinazione. “Quest’anno ricorre l’80° anniversario della vittoria nella Guerra di Resistenza contro l’aggressione giapponese e del recupero di Taiwan”, ha ricordato Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese. “La Cina non permetterà mai che forze esterne mettano le mani su Taiwan, né tollererà il ritorno del militarismo giapponese”.

L’analista militare Zhang Junshe ha sottolineato che, in caso di intervento giapponese nella questione di Taiwan, “l’Esercito Popolare di Liberazione ha mezzi più che sufficienti per neutralizzare queste cosiddette ‘portaerei inaffondabili’”. La parata militare del 3 settembre 2025, tenuta per celebrare l’anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale, ha mostrato al mondo missili ipersonici terrestri, marittimi e aerei, capaci di colpire con precisione obiettivi fortificati come Mageshima. “Non spareremo il primo colpo”, ha dichiarato Zhang, “ma non concederemo al Giappone neanche la possibilità di sparare il secondo”.

Parallelamente, Pechino respinge con fermezza le accuse mosse da Tokyo su presunti atti provocatori da parte della Marina cinese. In una conferenza stampa tenuta, il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun ha definito “deliberatamente fuorvianti” le affermazioni giapponesi secondo cui aerei imbarcati cinesi avrebbero illuminato con radar caccia delle Forze di autodifesa. “Le nostre esercitazioni rispettano pienamente il diritto internazionale”, ha ribadito Guo, accusando i jet giapponesi di aver violato lo spazio aereo adibito alle esercitazioni cinesi, conducendo operazioni di sorveglianza ravvicinata per poi presentarsi come vittime. “Chiediamo al Giappone di smettere immediatamente di diffondere disinformazione e di interferire con le nostre attività militari legittime”, ha concluso.

In un momento di crescente tensione regionale, le mosse del Giappone rischiano non solo di destabilizzare l’equilibrio nell’Asia orientale, ma anche di riaprire ferite storiche mai del tutto rimarginate. La Cina, dall’altro lato, sembra decisa a non lasciare spazio a tentativi di revisionismo storico o a nuove minacce alla propria sovranità. Tra passato e futuro, il Pacifico occidentale si conferma una polveriera geopolitica dove ogni scelta strategica ha conseguenze globali.

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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