"Il disagio degli adolescenti è diventato una patologia psichiatrica conclamata"

"Il disagio degli adolescenti è diventato una patologia psichiatrica conclamata"

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“Il disagio degli adolescenti è diventato una patologia psichiatrica conclamata, con un accesso al pronto soccorso e ai reparti che è aumentato in maniera molto evidente, quasi esplosiva”. Lo ha affermato il professor Renato Borgatti in un'intervista a La Bussola, direttore dell’unità di Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza dell’Istituto Mondino di Pavia, condividendo anche le preoccupazioni dei suoi colleghi.

Come denunciato già dal Bambin Gesù, la situazione psichica degli adolescenti si è aggravata con il secondo lockdown, che registra in tutto il territorio nazionale un aumento esponenziale di tentati suicidi, atti di autolesionismo, disturbi ossessivi compulsivi, anoressia o bulimia, dipendenza dallo strumento tecnologico, nomofobia (paura di perdere la connessione digitale). “L’isolamento sociale interrompe il processo evolutivo”, soprattutto degli adolescenti. L'uso eccessivo delle tecnologie, come nella didattica a distanza, “comporta un impoverimento neuronale”, dichiara il professor Renato Borgatti.

Ma non solo: uno dei temi fondamentali degli studi di antropologia culturale è rappresentato dalla presenza in tutte le culture e in ogni tempo dei riti di passaggio.

Attraverso varie forme cerimoniali i bambini attraversano la fase adolescenziale per entrare di diritto nella società organizzata degli adulti.

Il rito di passaggio ha sì una valenza sessuale, ma è funzionale a qualsiasi società organizzata per rendere il membro partecipe delle regole necessarie al mantenimento dell'ordine sociale e fargliele accettare.

Ogni cultura, da quella tribale a quella rigidamente organizzata deve stabilire regole di convivenza e condivisione, aldilà del fatto che queste leggi siano funzionali al mantenimento dell'ordine costituito o alla socializzazione "giusta" del bene comune.

Molto più banalmente, il rito di passaggio adolescenziale fa morire il bambino, legato all'omeostasi familiare per dargli un ruolo sociale riconosciuto. E questo rituale non può prescindere dalla socializzazione con i pari.

È questo passaggio cruciale che manca nei nostri ragazzi. E non si può sociologicamente pretendere che accettino regole imposte senza il passaggio fondamentale alla fase adulta.

Passaggio che prevede, per citare Freud, l'"uccisione del padre", cioè la fase trasgressiva e la catarsi, la sfida e l'acquisizione dell'autostima, la visione di un futuro da costruire e di cui essere protagonisti.

La scuola è soprattutto il luogo in cui deve avvenire questo percorso di formazione.

Non la scuola in dad, attraverso uno schermo, mera acquisizione e valutazione di nozioni.

È stato condotto uno studio nel primo lockdown su 1649 adolescenti, distribuiti su tutto il territorio nazionale, selezionati proprio tra giovanissimi non a rischio di disturbi neuropsichiatrici, per  individuare eventuali nuovi sintomi riconducibili al disturbo post-traumatico da stress (PTSD), sia acuto che cronico.

Nel 79% del campione sono stati segnalati sintomi psichiatrici acuti o in cronicizzazione: alterazione del contenuto del pensiero, stati allucinatori, sintomi dissociativi, stati di agitazione, preoccupazione ansiosa per la propria salute, per il futuro proprio o dei propri cari, disturbi del sonno e dell’alimentazione. "Stiamo parlando del 79% di una popolazione di adolescenti sani, non già precedentemente segnalati: erano dati clinici ancora sottosoglia, cioè non potevano essere classificati come PTSD, ma esprimevano comunque un grave disagio. Quel disagio non ha trovato risposte; è rimasto un po’ in sordina. Con l’estate si è andati incontro ad una falsa normalizzazione. Le nuove chiusure dell’autunno sono state peggiori per gli adolescenti, rispetto alle prime. Prima di tutto perché è stata una “brutta sorpresa”; il primo lockdown era stato vissuto come un anticipo delle vacanze: si andava sui balconi, si cantava, si mettevano gli striscioni.

Il secondo è stato decisamente più problematico: i bambini più piccoli hanno ripreso la scuola, i genitori il lavoro e gli adolescenti sono rimasti gli unici a restare a casa, avvertendo la solitudine, la preoccupazione.

Questa situazione è stato il terreno di sviluppo di patologie gravi, che li portano oggi ad arrivare ai nostri reparti" continua il Professore, evidenziando anche che nel secondo lockdown si abbassa notevolmente la media d'età, già gli undicenni presentano gravi disturbi alimentari, tentativi di suicidio, depressioni gravi.

È molto interessante la differenza della reazione psichica degli adolescenti rispetto agli adulti osservata dai neuropsichiatri infantili in relazione alla pandemia e al recepimento dei messaggi mediatici.

Al contrario degli adulti, gli adolescenti non sviluppano paura: è assolutamente fisiologico che un giovane abbia un rapporto con il pericolo della malattia fisica più ottimista e meno cosciente.

Piuttosto, "ad aver determinato maggiormente il loro disagio è stato invece l’isolamento sociale, soprattutto il non andare a scuola. Perché la scuola è un elemento che organizza la giornata: dà un motivo per alzarsi la mattina, per curare il proprio corpo, mettersi in ordine, perché devo incontrare i miei amici o anche il morosino o la morosina. Noi invece abbiamo ridotto la scuola al passaggio di informazioni; la Dad, in fondo, è lo specchio di questo riduzionismo. Per l’adolescente è importante andare a scuola perché lì c’è il suo mondo, perché si incontra con i coetanei e condivide paure, preoccupazioni, perplessità e, confrontandosi, le ridimensiona. Invece isolandosi, rimanendo chiusi in se stessi, qualunque pensiero si ingigantisce".

Ma non solo.

"Anche il bambino della prima e della seconda infanzia gode dello stare con gli altri bambini; però, nel processo evolutivo della costituzione di un’identità di sé, il bambino trova nei genitori, nei nonni, nei fratelli le figure principali di riferimento. L’adolescente invece, per compiere il proprio processo evolutivo, deve uscire dal nucleo famigliare e vivere con i coetanei, confrontarsi con il gruppo. Inoltre, ha bisogno di trovare delle figure educative adulte diverse dai genitori e li cerca negli insegnanti, negli allenatori sportivi, nell’educatore scout o dell’oratorio. Eliminare tutte queste opportunità a questi ragazzi vuol dire interferire gravemente con il loro processo di sviluppo. In questo senso è molto più importante che vadano a scuola i ragazzi delle scuole superiori piuttosto che i più piccoli. Sentire che il presidente del Consiglio dà invece la priorità del rientro a scuola ai bambini della scuola materna e delle elementari, significa che stiamo facendo scelte di tipo economico. Siccome i genitori devono andare a lavorare, la scuola deve fare babysitteraggio... Pensare che gli adolescenti possano invece farne a meno, significa non aver capito la gravità della situazione e il rischio a cui stiamo esponendo i ragazzi più grandi".

La denuncia è gravissima e conferma che tutte le misure che il governo Draghi sta implementando (in continuità con il governo Conte) servono solo a "mettere una pezza" alla vergognosa carenza di un intervento sostanziale perché l'applicazione della Costituzione italiana, la più bella del mondo, sia realtà, dal diritto alla sanità pubblica al diritto alla formazione, dal diritto al lavoro al diritto alla dignità.

Agata Iacono

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Sociologa e antropologa

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