I palestinesi ci chiedono di ricordare. Al via la missione italiana in Libano

I palestinesi ci chiedono di ricordare. Al via la missione italiana in Libano

I nostri articoli saranno gratuiti per sempre. Il tuo contributo fa la differenza: preserva la libera informazione. L'ANTIDIPLOMATICO SEI ANCHE TU!



di Paola Di Lullo


BEIRUT. È partita ieri per Beirut la delegazione italiana composta da 27 persone, organizzata dalle Associazioni "Per non dimenticare Sabra e Chatila" e "Con la Palestina nel cuore".

Beirut ci accoglie con la sua afa, le sue mille contraddizioni, i suoi tanti problemi, le sue luci, fioche ed iridescenti nella stessa strada. I suoi palazzoni di lusso e le sue stamberghe che, a me, ricordano un po' i bassi napoletani dei Quartieri Spagnoli. La giornata inizia con la visita ad uno dei tre campi profughi palestinesi interni alla Città, Burj El Barajneh ( gli altri sono Chatila e Mar Elias ). In totale, in Libano esistono 12 campi profughi ufficiali che ospitano 400.000 palestinesi. Nessun palestinese può accedere ad un lavoro dipendente né iscriversi ad alcun albo professionale. Non hanno altro documento che quello che attesta il loro status di profughi ed, in quanto tali, non possono lasciare il paese. Burj El Barajneh è un chilometro quadrato in cui vivono, ammassate, 43.000 persone, di cui 23.000 palestinesi, 16.000 siriani, 2.000 siriani profughi dal 2011 e 2.000 persone di altre etnie. Facile comprendere i problemi del campo: dal sovraffollamento, alla mancanza di corrente elettrica, a fili e tubi per l'acqua a vista, tra le case. Le strade sono strette e maleodoranti, le costruzioni asfissianti ( come in tutti i campi profughi, anche qui, si può costruire solo in altezza, cioè aumentare il numero dei piani, dal momento che non esistono terreni edificabili).



La situazione igienico sanitaria è altamente degradata, l'UNRWA contribuisce con il poco che può. Nel campo si registrano, al momento, 1.300 casi di diabete e/o ipertensione, 43 casi di tumore. 150 le donne incinte, 1.429 i bambini da zero a quattro anni. Sono solo 25 gli addetti alla nettezza urbana, uno per ogni mille persone, più o meno. Assistiamo alla posa di una corona di fiori al mausoleo dei martiri perché i palestinesi non dimenticano, soprattutto in questi giorni. Sono passati esattamente 35 anni dal massacro di Sabra e Chatila, 40 ore, due giorni e due notti di mattanza. Tra i 700 ed i 3.500 vennero massacrati dal 16 al 18 settembre del 1982 da miliziani libanesi cristiano- falangisti, sotto la supervisione e con il sostegno logistico dell’esercito di Tel Aviv che aveva occupato da poche ore Beirut ovest. 5.000 furono i dispersi.

Ci raccontano che dal campo di Chatila era possibile vedere il tetto dell'Ambasciata del Kuwait, sul quale ammirava soddisfatto, Ariel Sharon. Il campo fu illuminato a giorno per tutto il tempo del massacro, perché nessuno uscisse vivo. Eppure... Presumibilmente si trattò di una vendetta per l'attentato al quartier generale della Falange nella zona cristiana di Beirut, in cui perse la vita, il 14 settembre, il neo presidente libanese Gemayel, insieme ad altri 26 dirigenti falangisti. Il giorno seguente le truppe israeliane invasero Beirut Ovest. Il 10 settembre, 11 giorni prima della data prevista, le forze multinazionali - statunitensi, francesi ed italiani - che avrebbero potuto difendere i campi profughi dopo la partenza da Beirut dei fedayin palestinesi e far rispettare l’impegno israeliano a non entrare nella parte occidentale della città assediata dal giugno precedente, si erano prematuramente ritirate. Sino ad oggi nessuno ha pagato, nessuno ha chiesto perdono al popolo palestinese e alle vittime dell’eccidio. Eppure il 16 dicembre 1982, con la risoluzione 37/123, sezione D, l'Assemblea delle Nazioni Unite condannò il massacro, definendolo "un atto di genocidio".

La mattinata prosegue con la preziosa guida di Kassem Aina, presidente della Beirut Atfal Assomoud Association dal 1984, con la visita ad una famiglia di profughi. Due stanzette da condividere per marito, moglie e quattro figli. L'uomo ha un'ernia al disco e non può lavorare. Ciò che da noi sarebbe una bazzecola, qui diventa una malattia invalidante. Al di là dei costi dell'intervento chirurgico, la mancata rassicurazione che l'esito sia possibile. Ci accoglie steso su un materassino, a terra. La moglie gli è accanto.I bambini ascoltano, incuriositi, forse annoiati, forse troppo maturi per la loro età. Eppure, il più piccolo ha solo cinque anni! Salutiamo ed un piccolo gruppetto si reca a visitare un'anziana signora i cui quattro figli sono scomparsi durante il massacro. Sta male, soffre di cuore, si aggrava ogni volta che si avvicina la ricorrenza. Non parliamo. Lei piange. Anch'io. La salutiamo ed andiamo via. Mi sento sporca, e tanto. Queste persone meritano giustizia, meritano pace. Meritano di poter tornare a casa loro, in Palestina.



Potrebbe anche interessarti

Repubblica e l'"assenza della sinistra" di Paolo Desogus Repubblica e l'"assenza della sinistra"

Repubblica e l'"assenza della sinistra"

Il Primo Maggio e il mondo multipolare di Fabrizio Verde Il Primo Maggio e il mondo multipolare

Il Primo Maggio e il mondo multipolare

3 LIBRI PER "CAPIRE LA PALESTINA" LAD EDIZIONI 3 LIBRI PER "CAPIRE LA PALESTINA"

3 LIBRI PER "CAPIRE LA PALESTINA"

28 luglio: la (vera) posta in gioco in Venezuela di Geraldina Colotti 28 luglio: la (vera) posta in gioco in Venezuela

28 luglio: la (vera) posta in gioco in Venezuela

Il Congresso Usa ha deciso: "fino all'ultimo ucraino" di Clara Statello Il Congresso Usa ha deciso: "fino all'ultimo ucraino"

Il Congresso Usa ha deciso: "fino all'ultimo ucraino"

"11 BERSAGLI" di Giovanna Nigi di Giovanna Nigi "11 BERSAGLI" di Giovanna Nigi

"11 BERSAGLI" di Giovanna Nigi

25 aprile: la vera lotta oggi è contro il nichilismo storico di Leonardo Sinigaglia 25 aprile: la vera lotta oggi è contro il nichilismo storico

25 aprile: la vera lotta oggi è contro il nichilismo storico

La macchia indelebile di Odessa di Giorgio Cremaschi La macchia indelebile di Odessa

La macchia indelebile di Odessa

Il caso "scientifico" dell'uomo vaccinato 217 volte di Francesco Santoianni Il caso "scientifico" dell'uomo vaccinato 217 volte

Il caso "scientifico" dell'uomo vaccinato 217 volte

Truppe Nato e Ucraina. Cosa ha detto Macron a l'Economist di Marinella Mondaini Truppe Nato e Ucraina. Cosa ha detto Macron a l'Economist

Truppe Nato e Ucraina. Cosa ha detto Macron a l'Economist

L'austerità di Bruxelles e la repressione come spettri di Savino Balzano L'austerità di Bruxelles e la repressione come spettri

L'austerità di Bruxelles e la repressione come spettri

Ucraina. Il vero motivo di rottura tra Italia e Francia di Alberto Fazolo Ucraina. Il vero motivo di rottura tra Italia e Francia

Ucraina. Il vero motivo di rottura tra Italia e Francia

Quando il bonus è un malus di Giuseppe Giannini Quando il bonus è un malus

Quando il bonus è un malus

La Festa dei precari e dei sottopagati di Gilberto Trombetta La Festa dei precari e dei sottopagati

La Festa dei precari e dei sottopagati

Il Pal-washing vive e regna in mezzo a noi di Michelangelo Severgnini Il Pal-washing vive e regna in mezzo a noi

Il Pal-washing vive e regna in mezzo a noi

Sussidi pubblici: l'ipocrisia occidentale verso la Cina è nuda di Pasquale Cicalese Sussidi pubblici: l'ipocrisia occidentale verso la Cina è nuda

Sussidi pubblici: l'ipocrisia occidentale verso la Cina è nuda

UTILI RECORD PER HUAWEI NEI PRIMI TRE MESI DEL 2024  di Andrea Puccio UTILI RECORD PER HUAWEI NEI PRIMI TRE MESI DEL 2024 

UTILI RECORD PER HUAWEI NEI PRIMI TRE MESI DEL 2024 

Lenin fuori dalla retorica di Paolo Pioppi Lenin fuori dalla retorica

Lenin fuori dalla retorica

Astensionismo, le ragioni di Michele Blanco Astensionismo, le ragioni

Astensionismo, le ragioni

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti