Draghi-Erdogan: chi è il cane e chi il padrone?

Draghi-Erdogan: chi è il cane e chi il padrone?

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Di Michelangelo Severgnini

Torno sull'articolo di Saviano sulla Libia sul Corriere che ho già commentato. Il ragionamento che fa Saviano, per quanto mi sia sentito di rettificare su alcuni punti, è ormai molto simile a quello che i migranti stessi in Libia raccontano come la verità.

Manca solo un passetto.

Ammettere che i migranti in mare non ci debbano stare, sia perché i gommoni sgonfi sono un modo barbaro di mettersi in mare sia perché l’idea di attraversare illegalmente fa da esca per i migranti che poi restano bloccati in Libia (1/70 soltanto di loro nel 2020 ha raggiunto l’Europa) nelle mani delle milizie libiche.

Occorre ammettere anche che le loro partenze si sincronizzano con la presenza in mare delle ONG, senza le quali le partenze si arresterebbero, perlomeno quelle sui gommoni sgonfi.

Questo lo raccontano i migranti in Libia, non sono mie considerazioni.

Ma anche se sul piano teorico tutto è possibile, dubito che sul piano pratico questo passetto venga fatto: troppi interessi, troppe generazioni traviate da decenni di narrazione mirata inculcata con tecniche di marketing perché il pensiero critico fosse messo ai margini, troppi invasati diventati strumento di interessi di parte. Ma non voglio lasciare limiti alla provvidenza…

Ad ogni modo, aggiungo una considerazione sulla conferenza stampa in cui Draghi ha definito Erdogan “dittatore”. Non si è trattato di un insulto, la parola è stata bene calibrata all’interno di un ragionamento compiuto. 

Draghi ha parlato di “giusto equilibrio” da usare con i dittatori. 

E’ un po’ come se avesse mandato a dire a Erdogan: “Va bene, grazie così, adesso a cuccia”.

Da presidente della BCE sa bene quanti soldi l’UE ha mandato a Erdogan in questo ultimo decennio e a quale scopo.

Quando nel 2010 l’Europa sosteneva il referendum costituzionale truffaldino, definito “passo avanti verso la democrazia”, che invece subordinava la corte costituzionale alla maggioranza di governo, l’Europa sapeva bene quello che stava facendo e perché.

Quando nel 2015 alle prime elezioni di maggio Erdogan ottenne solo una maggioranza relativa e l’Europa, con una guerra in corso in Kurdistan, andò a staccare il primo assegno per Erdogan che con quello dichiarò crisi di governo, indisse nuove elezioni e ottenne la sospirata maggioranza assoluta che gli avrebbe permesso di cambiare un’altra volta la costituzione in chiave ancora più presidenzialista ed autoritaria, l'Europa sapeva bene quello che stava facendo e perché.

Perché l’Europa si è comportata in questo modo con la Turchia, voltandosi dall’altra parte quando acquisiva il petrolio illegale rubato dall’Isis in Siria?

Perché l’Europa si è costruita il proprio mostro in laboratorio, o perlomeno ha lasciato che crescesse.

Perché c’era bisogno di un Paese che facesse il lavoro sporco e la Turchia di Erdogan non si è mai fatta pregare.

Però ora è successo un fatto. La Turchia in Libia sta tra i piedi.

Hanno lasciato che fosse la forza militare di primo intervento al servizio dell’Europa quando si è trattato di difendere Tripoli dall’Esercito Nazionale Libico di Haftar ormai alle porte della città sostenuto dalla maggioranza della popolazione libica, persino a Tripoli.

Quando poi alla Turchia, che ha difeso il giocattolo europeo del governo di Tripoli, ora si chiede di smobilitare, la Turchia allora si impunta.

Gli impianti dell’Eni a Mellitah, sulla costa tripolitana della Libia, sono sotto assedio da 3 giorni.

Da quelle parti comandano le milizie. Le milizie sono legate alla Turchia. Cosa vorrà dire?

Stiamo rischiando un conflitto tra Italia e Turchia?

In questo modo si spiega la voce grossa fatta da Draghi.

I Turchi dalla Libia non se ne vogliono andare, soprattutto perché la loro campagna militare è rimasta, dopo un anno, ancora senza coperture. I pozzi di petrolio sono rimasti sotto il controllo di Haftar, pertanto il sogno di Erdogan di ripagarsi lo sforzo militare con quel petrolio è andato in fumo.

Draghi sa bene cosa sia Erdogan, chi meglio di lui che era tra coloro che l’hanno addestrato?

Ora il cane da guardia ha morso la mano del padrone. 

E il padrone si è arrabbiato.

Staremo a vedere chi dei due abbaia e chi dei due morde.

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