Cambiamenti climatici: un tentativo di analisi logica

Cambiamenti climatici: un tentativo di analisi logica

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di Luca Busca

Parlare oggi di cambiamenti climatici può sembrare anacronistico, visto che l’allarmismo sul caldo estivo è stato ormai abbandonato in favore di quello ben più reale di due guerre in atto, anche se una sembra già dimenticata. In realtà discuterne a mente “tiepida”, ancora lontano è infatti il grande freddo che ormai neanche a gennaio ci sfiora più, può aiutare ad analizzare le cose con una logica meno viscerale di quella che ha caratterizzato il dibattito estivo. Disputa questa contraddistinta, come è consueto da qualche tempo, dalla divisione netta in due fazioni: quella della Verità assoluta dettata dalla scienza dogmatica da un lato e quella dei terrapiattisti, complottisti, negazionisti dall’altra.

Prima di avventurarsi in questo tentativo di analisi logica è necessario premettere che, a parere di chi scrive, i cambiamenti climatici sono solo uno dei tanti elementi che compongono la più complessa “questione ambientale”. Con la locuzione “cambiamenti climatici” ormai si tende a restringere il campo delle gravi problematiche ambientali al solo fenomeno del riscaldamento globale. Un bombardamento mediatico incessante che sfrutta le ondate di caldo estivo per creare quell’atmosfera emergenziale utile ai regimi occidentali per promuovere una falsa transizione ecologica. Unico scopo di quest’ultima è quella di promuovere un sistema economico, il neoliberismo che in realtà è la causa principale dell’ingresso del pianeta Terra nell’Antropocene, l’era in cui i cambiamenti geologici del mondo sono causati da un suo abitante, l’Homo Poco Sapiens.

I “cambiamenti climatici”, sempre a parere di chi scrive, costituiscono l’arma di distrazione di massa dalle gravissime conseguenze che la “crescita economica” infinita, cioè la favoletta raccontata dal neoliberismo per promuovere l’accumulazione, questa sì infinita, di capitali, ha avuto sull’equilibrio naturale del pianeta. L’Antropocene definisce l’Homo Poco Sapiens come una potenza geologica atta a modificare anche in modo irreversibile le dinamiche geomorfologiche. Anche in virtù della crescita esponenziale della popolazione, l’uomo ha acquisito la capacità di  trasformare l’ambiente. Gaia, infatti, si trova ormai schiacciata sotto il peso di un consumo di risorse nettamente superiore alla sua capacità di rigenerarle.

Le tecniche di estrazione delle risorse si fanno sempre più invasive, come nel caso del “fracking” grazie al quale sono state distrutte intere regioni del pianeta a cominciare dall’Alberta in Canada. I rifiuti di otto miliardi di persone, molti dei quali tossici, soffocano superfici immense di terra e di mare. La deforestazione e la cementificazione eccessiva stanno modificando la morfologia e la geologia del nostro mondo. L’inquinamento atmosferico, dei terreni e delle falde acquifere, sta mutando la genetica umana in tempi molto più rapidi di quelli usuali. Prova ne è lo smisurato incremento dell’incidenza di tumori sulla popolazione urbana, nonostante la netta diminuzione dei consumi di alcol e tabacco, considerate sino ad oggi le principali cause di sviluppo di queste patologie. La biodiversità terrestre e marina è seriamente minacciata dal sovra sfruttamento di questi ecosistemi.

I “cambiamenti climatici” alla luce di tutti gli altri fattori risultano quindi solo una trappola ben congeniata in cui la vasta area del dissenso è caduta in pieno. Invece di allargare il dibattito all’insieme dei fattori della questione ambientale, l’opposizione ha preferito arroccarsi su posizioni che vanno dal negazionismo al complottismo. In questo modo ha fornito alle forze liberiste la possibilità di etichettare come antiscientifica qualsiasi forma di spirito critico. Ormai la disputa verte esclusivamente su quale estate sia stata la più calda dell’ultimo secolo, mentre il neoliberismo continua a costituire l’unico sistema economico possibile, nonostante rappresenti il motore principale dell’Antropocene.

Tutto ciò premesso si può procedere con il tentativo di analisi logica. Il primo passaggio è semplice, ci sono solo due possibilità: i cambiamenti climatici esistono o non esistono. È una scelta semplice perché una posizione esclude in modo categorico l’altra. A sostegno delle due tesi non a caso vengono portate motivazioni quanto meno discutibili. Uno studio ha accertato che il 96% degli scienziati propende per la prima ipotesi e questo sarebbe sufficiente a dimostrare l’esattezza della stessa. Se la scienza funzionasse in questo modo la terra sarebbe ancora piatta e il sole farebbe avanti e indietro intorno ad essa. La teoria della relatività di Albert Einstein sarebbe considerata eretica e la fisica dei quanti, che ne ha smentito alcune intuizioni, sarebbe una favola dei Fratelli Grimm.

Inoltre, l’aumento degli eventi estremi costituirebbe, sempre secondo la Verità scientifica, un’altra prova definitiva dell’esistenza dei cambiamenti climatici. La controparte si oppone citando esempi del passato, prossimo e remoto, che superano i record di temperatura, pioggia, CO2 nell’atmosfera, registrati nell’ennesima estate più calda di sempre. Entrambe le parti dimenticano che gli eventi estremi odierni provocano molti più danni che nel passato, prossimo e remoto, a causa di alcuni fattori dell’Antropocene come la deforestazione, la cementificazione, la deviazione dei corsi d’acqua, etc.

Qualsiasi sia la scelta, è necessaria quindi una maggiore coerenza. In primo luogo se il pianeta si sta surriscaldando lo si può rilevare solo dalle temperature medie e non dai picchi di calore. Qualora si volesse promuovere una sorta di stallo del cambiamento di temperatura occorre confutare i dati che giungono da diverse località del mondo con progressivi aumenti negli ultimi anni. Ognuno può fare i propri esperimenti, il mio si fonda sul rilevamento delle temperature minime, massime e medie di ogni singolo giorno degli anni 1974 e 2022 nella zona di Roma Eur. Ricavando le medie annuali si può stimare la differenza reale di temperatura. Le mie sono risultate in aumento nel 2022 rispetto al 1974 di 2,54 o 2,38 gradi per le temperature medie annuali. La piccola differenza è dovuta a una diversa modalità di calcolo. La media delle minime è risultata più alta nel 2022 di 2,16 gradi mentre quella delle massime di 2,62. (Fonte ilmeteo.it/archivio-meteo/Roma).

A prima vista può sembrare poco rispetto alla percezione di 48 gradi strillata ogni estate dai media mainstream. Nella realtà un aumento di due gradi e mezzo in quarantotto anni è una tragedia. Il punto è che per avere dei dati attendibili bisognerebbe fare lo stesso lavoro per tutti gli anni e calcolare la costante di aumento. Lo studio poi dovrebbe essere replicato per almeno tutti i capoluoghi di regione per valutare il cambiamento in Italia. Poi l’Europa e così via per avere un quadro mondiale attendibile. La maggior parte degli studi fatti in tal senso sembra avvalorare la tesi del riscaldamento globale. Nel 2016, però, uno studio di Valentina Zarkhova, presentato al “National Astromy Meeting” di Llandudno assicurava che tra il 2030 e il 2040 vivremo un piccola era glaciale. Il fenomeno sarebbe dovuto ad una momentanea “pennichella” del Sole. (huffingtonpost.it-2016-il-sole-dormira)


La tesi dell’era glaciale ha trovato anche altri sostenitori e altre responsabilità. Tra queste spicca l’AMOC, il fenomeno di correnti di acqua calda nell’Atlantico che se particolarmente intense causano lo scioglimento dei ghiacci in proporzioni tali da poter raffreddare l’intero Oceano e di conseguenza il pianeta. Poi c’è anche quella delle eruzioni vulcaniche eccessive che filtrando i raggi del sole raffreddano il globo. Pochi anni fa uscì anche uno studio, che purtroppo non riesco a rintracciare, fondato su una raccolta di dati sulle temperature in abbassamento in diversi punti del globo. Quindi se proprio si vuole abbracciare la tesi del negazionismo in materia di riscaldamento del globo, almeno lo si faccia con cognizione di causa, propendendo per un diverso mutamento, perché il clima statico sulla Terra non lo è mai stato. Infine, per coerenza se si vuole negare il cambiamento climatico non si può credere nel complotto delle scie chimiche che proprio a questo dovrebbero servire.
Se invece si propende per la prima scelta, i cambiamenti climatici esistono, si aprono due nuove possibilità: sono di origine prevalentemente antropica e in parte naturale; sono esclusivamente di origine naturale con relativo negazionismo delle responsabilità umane. Anche in questo caso la logica impone un minimo di coerenza. Se si sceglie la seconda ipotesi non ci si può scagliare contro le scie chimiche e la geo-ingegneria in quanto sotto ogni punto di vista rappresentano fenomeni di palese origine antropica e vanno quindi a negare la negazione, cioè finirebbero per affermare quelle responsabilità umane in merito ai cambiamenti climatici precedentemente escluse.

Quindi, una volta accettata l’origine antropica dei cambiamenti climatici, andrebbe valutata l’incidenza delle scie chimiche (di condensazione per i miscredenti) rispetto ad altri fattori di inquinamento dell’atmosfera, quali gli scarti industriali, solidi, liquidi e gassosi, l’incenerimento di rifiuti, i gas di scarico di tutti gli aerei di linea e cargo, quelli delle autovetture, dei riscaldamenti e degli impianti di condizionamento nelle grandi concentrazioni urbane. La stessa valutazione andrebbe fatta nei confronti della drastica diminuzione delle capacità delle grandi foreste di rigenerare il corretto equilibrio dei gas che compongono l’atmosfera, a causa della deforestazione. Le scie chimiche sono un fenomeno necessariamente ben localizzato con un’influenza limitata nel tempo e nello spazio. Pur prendendo per buona la teoria cospirazionista, rappresenterebbero una goccia nel mare di immondizia che viene continuamente riversata nella nostra atmosfera.

Lo stesso discorso vale per questa maledetta CO2 sulla quale si concentra tutto il dibattito ambientalista. Da una parte la scienza dogmatica della finta transazione ecologica neoliberista risulta impegnata, in maniera quasi esclusiva, a calcolare le tonnellate di biossido di carbonio antropico da ridurre entro i prossimi “x” anni. Calcolo questo che viene eseguito mentre si continua a cementificare, deforestare, bonificare, bruciare combustibili fossili e rifiuti in genere per sostenere l’economia. Il risultato è un costante aumento delle tonnellate da ridurre nel corso degli anni. Purtroppo il dato di fatto è che la CO2 prodotta dall’uomo falsa l’equilibrio difficilmente costruito dalla natura. Il biossido di carbonio tra le sue molteplici proprietà ha quella di rifrangere il calore solare emesso dai suoli, creando il famoso effetto serra e anche quello di acidificare le acque dei mari.

La scienza dell’assioma neoliberista concentra l’attenzione dell’opinione pubblica sulla CO2 perché secondo i propri “esperti” questo è l’unico fattore risolvibile senza alterare sostanzialmente i precetti economici neoliberisti. Così si pretende di contenere le emissioni di biossido di carbonio sostituendo l’intero parco auto con motori elettrici. Gli “esperti” sembrano non rendersi conto che la produzione dei nuovi mezzi e il mantenimento del mercato automotive a livelli accettabili di crescita comporterà più emissioni di quelle prodotte dai gas di scarico dei vecchi motori a combustibile.

Dall’altra parte i negazionisti dell’origine antropica decantano le lodi della CO2, senza la quale le piante non realizzerebbero la loro fotosintesi clorofilliana. Grazie ad essa si può estrarre fino all’ultima goccia di petrolio dai pozzi quasi estinti (EOR, Enanched Oil Recovery). L’anidride carbonica è anche un ottimo fertilizzante, è impiegata nei processi di decaffeinizzazione e, soprattutto, rende piacevole lo spumante e lo Champagne. Purtroppo i fan del biossido di carbonio dimenticano che se l’uomo continua a tagliare alberi la CO2 sufficiente alla fotosintesi clorofilliana sarà quella prodotta dalla Coca Cola per le sue bibite gassate.
I negazionisti dell’origine antropica più attenti non si limitano a contestare i danni prodotti dalla CO2 ma sostengono che i cambiamenti climatici sono dovuti a fattori naturali molto più influenti dell’effetto serra. Tra questi il più gettonato, e a ragione, è l’attività solare. In seconda posizione segue l’inclinazione dell’asse terrestre. In quest’ultimo caso però recenti studi hanno individuato un’origine antropica nel movimento di 4,36 cm annui dell’asse terrestre, dovuto all’eccessivo sfruttamento delle riserve idriche sotterranee per l’irrigazione agricola. Infine, ci sono le eruzioni vulcaniche, i terremoti e tutti quei fenomeni legati alle correnti marine e a quelle atmosferiche che possono causare eventi particolari come “El Niño”.

Per i negazionisti dell’origine antropica poi non esistono eventi estremi. Ogni temperatura per quanto alta è stata già registrata precedentemente, così come le precipitazioni atmosferiche, gli uragani i Medicane, i tornado e le trombe d’aria, le onde anomale, le esondazioni dei corsi d’acqua, le alluvioni, etc. Nessuna delle due parti sembra accorgersi che gli eventi estremi, anche a parità di intensità, causano molti più danni di qualche decennio fa.

Gli “esperti” della scienza dogmatica, troppo concentrati a prendersela esclusivamente con i cambiamenti climatici, inanellano una figuraccia dietro l’altra. I negazionisti dell’origine antropica, troppo presi a rintracciare un precedente altrettanto intenso, si trincerano dietro la paura di dover perdere qualche privilegio personale, dall’autovettura privata alle vacanze poco intelligenti. Entrambi i fronti risultano così completamente ciechi di fronte all’interazione dei diversi fattori dell’Antropocene, grazie ai quali una semplice frana diventa una catastrofe perché non ci sono più alberi a sostenere il terreno. Fiumi di fango invadono borghi che hanno passato indenni i precedenti eventi estremi per oltre un millennio. Attività industriali e artigianali vengono spazzate via perché costruite dove non si dovrebbe. La gente muore travolta da eventi estremi, anche se già più volte registrati in un passato dove però non moriva nessuno.

In conclusione rispetto ai cambiamenti climatici si possono sostenere tre tesi: 

 • Non esistono, il clima è stabile e negli ultimi anni non ha subito variazioni di rilievo.
 • Esistono ma sono generati esclusivamente da fattori naturali e l’attività umana non ha alcuna influenza su di essi.
 • Esistono e sono generati dall’attività umana e da fattori naturali.

Ognuno è libero di adottare la teoria più consona al proprio pensiero, a condizione di mantenere una propria coerenza logica e di togliersi la benda dagli occhi. Ad esempio se si crede nella cospirazione delle scie chimiche l’unica tesi sostenibile è la terza, anche se è quella prevalente nei presunti autori del complotto. Le altre due, infatti, escludono categoricamente l’influenza delle scie sui cambiamenti climatici. Inoltre, a prescindere dalla teoria adottata, la coerenza e la logica impongono il riconoscimento di tutti gli altri fattori dell’Antropocene come giustificazione del maggior danno causato dagli eventi estremi.

Si tratti del sillogismo aristotelico o della dialettica della tesi, antitesi e sintesi adottata prima da Socrate e poi da Fichte, nella logica elementare se a prescindere dalla tesi scelta (1, 2 o 3) in materia di cambiamenti climatici, il prodotto resta lo stesso, l’Antropocene nel suo insieme di fattori, la sintesi non può essere che l’esistenza di una questione ambientale impellente. Ripetendo il processo: se esiste una questione ambientale e il potere vigente si impegna a concentrare l’attenzione sui cambiamenti climatici, celando gli altri fattori dietro la propaganda mediatica, è piuttosto ovvio che stia nascondendo le proprie responsabilità. Infine, l’ultimo passaggio, se i risultati della lotta ai cambiamenti climatici, con la riduzione delle emissioni di CO2, sono così fallimentari, nonostante l’impegno dei governi nazionali e delle istituzioni europee e mondiali, ne consegue che il sistema adottato, il neoliberismo, è incompatibile con la questione ambientale, anche se ristretta ai soli cambiamenti climatici.

Quindi, cara dissidenza in ogni forma sin qui espressa, è del tutto inutile lottare contro nemici immaginari e cangianti, scagliandosi secondo il momento contro un regime sostenendone un altro. Il nemico è uno solo ed è il sistema economico neoliberista che governa il mondo e che, per farlo, ha bisogno di crescere costantemente, aprire nuovi mercati, incrementare i consumi. Il risultato di queste politiche economiche non può che essere quello di incidere sempre di più su tutti i fattori dell’Antropocene. Pensare di fermare questa devastazione senza creare un sistema economico alternativo e antagonista a quello neoliberista è un miraggio nel deserto del pensiero critico.

 

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