Appello per un Fronte unito contro la Guerra

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Pubblichiamo questo comunicato-appello del Fronte contro la guerra e chiediamo massima diffusione

 

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Dalla nebbia che è calata con l'inizio della guerra in Ucraina, che non è solo mediatica ma fatta anche di ambigua interpretazione degli avvenimenti, non è ancora emersa una indicazione chiara sul programma su cui organizzare un vasto movimento di lotta contro la guerra.

La debolezza di un movimento contro una guerra che ha la sua origine sostanziale nella politica Usa di espansione ad est della Nato (e di minaccia alla sicurezza della Russia), dipende da presupposti che danno per scontata la condanna unilaterale dell'azione della Russia ed una rappresentazione della crisi ucraina preparata e sedimentata nel tempo. Ciò depotenzia l'orientamento e la stessa combattività di quanti sono contro la guerra, contro la NATO e contro le forniture militari all'Ucraina.

Ma come si fa a combattere duramente un nemico che ha la possibilità di accreditare la tesi di una Russia espansionista, minacciosa verso l'Europa e di un Putin “criminale” e “macellaio”? E come si fa a combattere questa battaglia quando tutti dimenticano che in un contesto analogo ma rovesciato (la crisi dei missili a Cuba) Kennedy minacciò la guerra nucleare?

Si tratta di capire come l'azione contro la guerra va attrezzata e soprattutto su quali punti si deve lavorare per determinare lo sviluppo di una coscienza di massa e di una informazione senza censure. Ogni ritardo su questo fronte è un vantaggio per i nemici della pace.

Prendere coscienza di ciò è indispensabile per mettere in moto le forze necessarie a battersi contro una guerra che è ormai arrivata alle nostre porte.

La maggioranza degli italiani è contro la guerra. Ma su quali elementi può avvenire un risveglio di massa che si opponga a ciò che sta avvenendo? 

 

Quando inizia la guerra?

L’attuale guerra non è cominciata il 24 febbraio con l’intervento militare delle truppe russe in Ucraina, ma almeno 8 anni prima con il colpo di stato del 22 febbraio 2014, che depone la legittima presidenza Yanukovich (regolarmente eletta dal popolo) con la violenza di gruppi neo-nazisti sostenuti dall’Ambasciata Usa a Kiev. 

In violazione degli accordi di Minsk, che avrebbero dovuto concedere una vasta autonomia alle regioni di Doneck e Lugansk, il governo ucraino procede nell’offensiva militare in Donbass. In otto anni sono almeno 14.000 i morti (dati OSCE). Dal 2014 al 2022 USA ed alleati riforniscono l’Ucraina di tonnellate di armi moderne, addestrano l’esercito e le milizie paramilitari, riempiono il paese di basi militari e laboratori per la guerra chimico-batteriologica, preparandosi a dare il colpo finale alle repubbliche secessioniste del Donbass. Il presidente Biden si fa diretto promotore dell’ingresso dell’Ucraina nella NATO, mentre respinge tutte le proposte della Federazione russa di un accordo sul controllo degli armamenti e la sicurezza collettiva.

L’attuale guerra in Ucraina nasce quindi come reazione alla ininterrotta serie di provocazioni che, ad opera dei dirigenti ucraini, gli Usa portano alla Federazione russa.

 

Quando inizia l’attacco alla Russia?

 

Ma l’attacco alla Russia è iniziato già all’indomani della fine dell’URSS: con i tentativi di smembramento e balcanizzazione della Federazione russa, alimentando i movimenti separatisti (Cecenia, Daghestan); con l’espansione ad Est della NATO, fino ad abbracciare le repubbliche ex sovietiche del Baltico e i Paesi ex socialisti dell’Europa centro-orientale e balcanica; con l’organizzazione di ‘rivoluzioni colorate’ nei paesi dell’ex Urss, alcune delle quali riuscite (Georgia 2003, Kirghizistan 2005 ed Ucraina 2014), altre fallite (Azerbaigian 2005, Bielorussia 2004 e 2005 e Kazakistan 2022), e lo stanziamento di basi militari nelle repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale (Uzbekistan, Tagikistan 2001).

Nella seconda metà del primo decennio del 2000, dopo la elezione di Putin, la presidenza della Federazione russa comincia a rispondere ai colpi e alle provocazioni ispirati dagli USA (Georgia 2008). Ma è soprattutto la scelta russa di contrastare militarmente le manovre anglo-americane per sovvertire il legittimo governo siriano di Assad ad accrescere le preoccupazioni dei falchi americani. Perché rappresentavano il segno di un cambio di atteggiamento russo alla pretesa di dominio del mondo da parte di chi ricorre ad una guerra massiccia contro paesi sovrani e popoli.

È qui che comincia quella “guerra mondiale a pezzi” di cui parla papa Francesco dal 2014.

 

Qual è la posta in gioco?

Il 25 febbraio 2022, nel suo primo discorso al Parlamento sulla crisi ucraina, il presidente del consiglio Draghi parla di uno scontro con la Russia che abbraccia un’intera fase storica: “La crisi di portata storica che l’Italia e l’Europa hanno davanti potrebbe essere lunga e difficile da ricomporre, anche perché sta confermando l’esistenza di profonde divergenze sulla visione dell’ordine internazionale mondiale che non sarà facile superare”. 

Tutti i discorsi, le sanzioni adottate dall’Occidente portano ad una chiara scelta strategica: condurre la Russia alla sua disfatta attraverso la guerra e degradarla sul piano mondiale a Paese assoggettato, incapace di contrastare sul piano politico, militare, economico e finanziario il dominio USA. Per questo si usa ogni strumento mediatico per demonizzare il governo e il parlamento russo, per fare identificare nell’opinione pubblica i russi come i nuovi nazisti.

Il partito italiano della guerra (che vede tra i più attivi il segretario del PD Enrico Letta, che schiaccia il suo partito sulla linea degli oltranzisti atlantici) spinge per tagliare qualsiasi legame con la Russia, anche culturale, politico e perfino commerciale, anche a costo di bloccare l’importazione di gas e mandare in rovina la manifattura italiana, oltre a lasciare al freddo la popolazione. 

Il “partito della guerra a oltranza” non prevede una pace possibile, basata su un accordo complessivo sulla sicurezza in Europa ma mira a un nuovo ordine mondiale basato sulla cancellazione della Russia come stato sovrano ed indipendente. Nella guerra mondiale a pezzi, il conseguimento di questo obiettivo consentirebbe agli USA di potersi concentrare totalmente contro quello che l’establishment politico USA indica come il nemico strategico, la Repubblica Popolare Cinese.

Questo è dunque il carattere costituente della guerra in corso. Essa apre una nuova fase storica segnata dallo scontro tra una visione unipolare del mondo, imperniata sul dominio imperiale degli Usa e della Nato sui destini del mondo; e una visione progressiva, imperniata su un sistema multipolare di regole condivise e di cooperazione pacifica tra Stati sovrani, con pari dignità, nell'ambito di una effettiva centralità del ruolo delle Nazioni Unite. Una prospettiva questa in cui, a proposito di democrazia, si riconosce oggi la maggioranza schiacciante della popolazione mondiale. 



I compiti immediati e a medio termine di un Fronte unito contro la guerra


1) Indipendenza nazionale e fine del dominio americano

Diventa inutile parlare di pace se non si avvia una lotta contro la linea degli Stati Uniti che sono oggi l’avversario principale. Questo bisogna che gli italiani che vogliono uscire dalla guerra comprendano. Congiuntamente con la necessità di recuperare l'indipendenza nazionale. E ciò non riguarda solo le basi americane in Italia, ma la dipendenza del nostro paese dalla politica USA.


2) Un sistema di sicurezza europeo libero dalla Nato

C'è bisogno di un chiarimento di fondo sul fatto che quando si parla di NATO non si intende un sistema difensivo collettivo, ma uno strumento militare in mano americana a cui gli altri membri sono subordinati. Le scelte servili dei governi italiani andrebbero condannate perché adottate in pieno contrasto con l'art.11 della Costituzione.

Anche in questa vicenda la NATO rappresenta la strategia militare americana imposta all’Europa e quindi un sistema di sicurezza europeo passa da un'altra via: quella delle relazioni pacifiche e delle garanzie reciproche che si possono raggiungere solo se si rompe l'egemonia Usa e se gli Stati sovrani europei avviano un sistema di sicurezza e di cooperazione pacifica che comprenda l'insieme del continente. Il che implica, tra l'altro, la neutralità dell'Ucraina. 


3) Lotta ai governi guerrafondai

In Italia la sconfitta dei governi guerrafondai (come il governo Draghi) e la nascita di governi autonomi dagli Usa è condizione necessaria per la pace. Tanto più se il governo diventa cobelligerante nella guerra in Ucraina inviando armi, comminando sanzioni alla Russia e aumentando le spese militari nel quadro Nato. La lotta contro i governi italiani che sostengono le guerre americane è l’obiettivo primario e un punto fermo per arrivare alla pace.


4) Lotta alle conseguenze economiche e sociali della guerra

La guerra in Ucraina sta cambiando le condizioni di vita dei lavoratori e di ampi settori della società italiana. L'aumento dei prezzi, non solo di quelli energetici, e la grave crisi economica provocata dalle scelte di guerra rendono indissolubile il legame tra lotta contro la guerra e difesa degli interessi dei lavoratori e dei ceti più esposti all'aumento della miseria e dello sfruttamento. Soprattutto dopo una pesante crisi pandemica, ancora in corso, è indicativo che si utilizzino i soldi per armare l’Ucraina in una guerra nel cuore dell’Europa, invece di potenziare la sanità pubblica e la ricerca scientifica. Per questo, la lotta di massa deve comprendere lo sviluppo di una coscienza degli interessi in gioco. Contro la guerra e le sanzioni, ma anche per la difesa dei diritti dei lavoratori e dell’economia nazionale. A sostegno del programma economico-sociale progressivo e di ripudio della guerra della Costituzione antifascista del 1948; contro ogni rigurgito neo-nazista nel cuore dell'Europa; in difesa di spazi democratici e di libera informazione, minacciati dalla propaganda di guerra e da tendenze autoritarie e censorie nella società e nei media.


La situazione creata dagli Usa in Ucraina è al limite dello scoppio di una guerra mondiale. Una posizione genericamente pacifista, intesa solo come rifiuto morale della guerra, non è all'altezza della situazione che si è determinata se non si coniuga con la capacità di assumere la bandiera dell’indipendenza nazionale e della sconfitta dei governi che alimentano la guerra.

Per affrontare questa battaglia serve l'organizzazione di un movimento, di un Fronte che unisca e organizzi le forze che condividono alcuni obiettivi di fondo. La pace si conquista se impariamo a combattere per raggiungerla. Uno schieramento che ovviamente sia aperto al confronto con tutte le forze che auspicano una soluzione politico-diplomatica della crisi in atto.

Per conseguire questi obbiettivi si costituisce il FRONTE UNITO CONTRO LA GUERRA, che vede tra i suoi promotori iniziali il Comitato nazionale NO alla guerra (promosso dall’Antidiplomatico), il Forum contro la Guerra (collegato al World Peace Council) e l’Associazione politico-culturale Marx21.

Esso si propone come luogo di incontro e di coordinamento con tutte le forze, le soggettività e i comitati locali che si riconoscono negli assi portanti della sua piattaforma.

 

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