Solo uno scivolone dell'interprete? Truppe UE-NATO o cadaveri in Ucraina....

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Solo uno scivolone dell'interprete? Truppe UE-NATO o cadaveri in Ucraina....


di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
 

Un mezzo scivolone dell'interprete e le cose si aggiustano nel senso esattamente opposto ai desideri dei “volenterosi”, espressi a conclusione dei colloqui di Berlino tra bellimbusti delle cancellerie europeiste, rappresentanti USA e il cosiddetto presidente ucraino.

A fronte delle due questioni chiave sul tavolo dei colloqui - “garanzie di sicurezza” e cessioni territoriali - il quasi gioco di parole che ha messo alla prova l'interprete alla conferenza stampa conclusiva in Germania riguardava la frase secondo cui “truppe UE e NATO” assicureranno la pace in Ucraina dopo la conclusione di un cessate il fuoco. Già detta così, non potrebbe che ricevere un pronto benservito da parte di Moskva. Ora, per assonanza, quelle “troops” euro-atlantiche, riportate in ucraino suonano come “trupy”, cadaveri e dunque, ironizza Pëtr Akopov su RIA Novosti, solo in quel caso, cioè come “trupy”, la Russia potrebbe accettare il dispiegamento di forze e basi occidentali in Ucraina.

Di fatto, a Berlino, secondo quanto riportato dai media, si sarebbe parlato di garanzie di sicurezza a Kiev, sul tipo dell'articolo 5 della NATO. Al di là di questo, pare confermato lo status di non allineato dell'Ucraina, de jure e de facto: Kiev non riceverà né l'adesione, né una "road map per l'adesione" all'Alleanza atlantica e ciò significa per Moskva il raggiungimento di uno dei principali obiettivi proclamati all'inizio del conflitto. Rimane in ogni caso da specificare, sottolinea Mikhail Karjaghin su Aktual'nye Kommentarii, che la lista dei protagonisti si va riducendo, dato che le “garanzie” sul modello dell'art. 5 saranno fornite solo dai firmatari dell'accordo di pace e tra questi, la domanda è se ci saranno solo gli USA, o anche rappresentanti della "Coalizione dei Volenterosi"?

E, comunque, come notato in più di un occasione e non da ora, la visione “mistica” di un art. 5 che, pare, scatterebbe comunque e integralmente, in ogni circostanza, coinvolgendo tutti i membri della NATO, tralascia di specificare la non piccola clausola secondo cui le parti intraprendono azioni «in base a quanto ritengono necessario». Oltre a ciò, per l'Ucraina si tratterebbe di un “simil art. 5”, che potrebbe dunque prevedere anche altre clausole.

In sostanza, afferma Karjaghin, a Berlino Zelenskij è riuscito a ottenere solo garanzie simboliche, su cui gli USA non si impegnano in alcun modo, mentre la Russia ha potenzialmente ricevuto garanzie sullo status di non allineato dell'Ucraina.

C'è da dire che, stando all'americana “Axios”, la delegazione yankee avrebbe promesso a Kiev garanzie di sicurezza che paiono aver sorpreso persino gli europei e che Trump, secondo un anonimo funzionario USA, «ritiene di poter convincere la Russia ad accettare questa garanzia, simile all'articolo 5 della NATO».

In effetti, il cancelliere tedesco Friedrich Merz aveva rilasciato una dichiarazione a sensazione sui risultati dei negoziati con gli inviati americani Wittkoff e Kushner, secondo cui si tratta di «un accordo davvero di vasta portata e sostanziale, come non se ne erano visti prima: sia gli europei che gli americani sono disposti congiuntamente a fornire a Kiev garanzie di sicurezza. Il presidente Zelenskij ha anche fatto riferimento all'articolo 5 del trattato NATO, cioè garanzie simili per l'Ucraina».

Ma, osserva Pëtr Akopov, Merz ha evidentemente agito frettolosamente: Trump aveva programmato una telefonata con i leader europei e Zelenskij, proprio sui negoziati di pace. Se gli americani avessero davvero promesso a UE e Ucraina quanto dichiarato da Merz, ciò avrebbe significato che «Trump stava abbandonando il piano che Wittkoff aveva discusso con Putin, ponendo di fatto fine a qualsiasi tentativo di negoziare un accordo con Moskva. Poiché la Russia non accetterà alcuna garanzia "simil NATO" sulla sicurezza ucraina e si rischierebbe una guerra: non una guerra per procura con l'Occidente, ma un conflitto militare diretto tra Russia e NATO sul suolo ucraino».

Detto questo, più intricata resta la questione delle cessioni territoriali: Kiev non pare disposta a riconoscere le nuove realtà sul terreno e rifiuta di ritirarsi volontariamente dalle parti della DNR che occupa. Dunque, l'attenzione sembra ora spostarsi sulla forma delle «cessioni territoriali e sul loro nuovo status giuridico: chi, come e in quale forma riconoscerà i nuovi confini».

Come aveva dichiarato alcuni giorni fa Vladimir Putin, la Russia ha bisogno che «la decisione a livello internazionale sia riconosciuta dai principali attori internazionali. Una cosa è se i territori vengono riconosciuti e posti sotto la sovranità russa e, se l'accordo venisse violato, si tratterebbe di un attacco alla Russia, con tutte le conseguenti misure di ritorsione. Oppure se sia visto come un tentativo di rivendicare un territorio che “appartiene legalmente all'Ucraina”. Sono due cose diverse».

Tornano alle “garanzie”, da parte UE, l'imbelle Kaja-Fredegonda-Kallas ha ammesso che l'adesione dell'Ucraina alla NATO non è più sul tavolo ma, in alternativa, l'Europa deve predisporre serie “garanzie di sicurezza”: «Dovranno esserci truppe vere, reali capacità militari», vale a dire basi militari in Ucraina. Ora, oltre a contraddire l'art. 17 della Costituzione, che Zelenskij cita a ogni piè sospinto, questo è proprio ciò cui Moskva potrebbe acconsentire solo nel caso che si trattasse, davvero di “trupy” UE-NATO e non di “troops”, anche se, per il momento, nessuna concreta reazione ufficiale è giunta dal Cremlino.

Questa settimana, dice ancora Akopov, costituirà un momento di verità per l'Europa: secondo “Politico”, i papaveri europei considerano i prossimi giorni “esistenziali”, perché se non riusciranno a proteggere l'Ucraina da un "umiliante trattato di pace" e a trovare i fondi per finanziare Kiev, l'Europa subirà una sconfitta. L'Europa ha «alzato troppo la posta, equiparando la sconfitta nella lotta per l'Ucraina a un duro colpo per il futuro della UE. E ora si rifiuta di accettarlo, continuando i suoi tentativi di sabotare l'accordo».

Tentativi che, al di là dello stretto “campo UE”, vengono anche da Londra; il Premier britannico Starmer ha illustrato i piani dei “volenterosi" per il dispiegamento di forze in Ucraina dopo il cessate il fuoco: un'idea vecchia, che non si adatta a «nessuna versione del piano di Trump, dato che rappresenta una linea rossa assoluta per la Russia, la cui semplice menzione annulla qualsiasi possibilità di raggiungere un cessate il fuoco. E tentare di attuarla arbitrariamente, dopo che un accordo fosse stato raggiunto, porterebbe all'immediato collasso del cessate il fuoco».

D'altronde, nella cosiddetta visione della cosiddetta Europa, quella del confronto pare per qualcuno l'unica strada possibile, tanto più in una situazione in cui, come afferma il signor Gabriele Segre su La Stampa del 16 dicembre, da ovest non arriva che il «disimpegno Usa», mentre da est non c'è che da aspettarsi la secolare «minaccia zarista»; proprio così: “zarista”, con la guerra in Ucraina che, «dal punto di vista strategico, è diventata un confronto diretto tra Russia e Paesi europei. Non era inevitabile, ma era prevedibile: Mosca è considerata una minaccia per il Continente fin dall’Èra degli Zar». Scritto proprio così, tutto maiuscolo e senza soluzione di continuità tra epoca zarista, ordine socialista e attuale Russia borghese: da Torino si conosce solamente lo zarismo quale unico e perenne ordine che debba in eterno dominare la Russia, minacciando tutto quanto stia intorno; o meglio: avvicinandosi pericolosamente «ai confini orientali della NATO», secondo la nuova vulgata geo- bellicista delle cancellerie europee. L'unica differenza, afferma il signor Segre, è che in «epoca sovietica, il conflitto era stato congelato dalla protezione dell’ombrello americano: colpire l’Europa significava colpire gli Stati Uniti. Oggi... quel confronto - rimasto latente per settant’anni - si è riattivato naturalmente». In altre parole: a fronte di un'Alleanza di guerra nata specificamente in vista di un'aggressione a URSS e campo socialista, a detta del signor Segre sarebbero stati proprio questi ultimi che avrebbero mirato a «colpire l'Europa» che, poveretta, non aveva che USA e NATO a fare da “ombrello” protettivo.

Concetti, se così possono definirsi, con rispetto parlando, che fanno il paio con le ormai trite e ritrite starnazzate del Presidente della repubblica italiana a proposito di una Russia che, a suo dire, intenderebbe «ridefinire i confini dell’Europa con la forza». Vien spontaneo chiedersi. Ridefinire i confini come aveva fatto l'Alleanza di guerra nel 1999, bombardando la Jugoslavia con il beneplacito e la partecipazione militare del governo D'Alema-Mattarella? Ohibò.

Perché, a detta del signor Sergio Mattarella, Moskva avrebbe aggredito direttamente quella UE che sarebbe uno «scudo» dei diritti umani. Di quei diritti a salari confacenti, occupazione, pensioni adeguate, servizi sanitari degni delle necessità che nessuno vede più da dcenni; di quei diritti degli studenti presi a manganellate squadristiche, reali e verbali; delle censure mediatiche e simili “valori europeisti”. Diritti, li chiamano. Ipocriti.

«È in atto un’operazione diretta contro il campo occidentale» tuona Mattarella, secondo il resoconto dato dal Corriere della Sera del 16 dicembre, che «vorrebbe allontanare le democrazie dai propri valori». Per cortesia, quali sarebbero i “valori” dell'euro-liberalismo che affama le masse e sottrae fondi ai servizi sociali per destinarli a una guerra voluta da una UE che continua tutt'oggi a sabotare qualsiasi iniziativa di pace? Le solite trite nenie liberali anti-classiste su “diritti”, “democrazia”, “valori”, “libertà” che, sul campo della guerra guerreggiata, significano politica di arricchimento dell'industria militare e persistenza nel cercare a ogni costo lo scontro militare con la Russia.

Uno scontro che potrebbe davvero significare che a essere dispiegati in Ucraina non siano “troops”, ma “trupy” e non solo quelli evocati involontariamente dall'interprete, ma di milioni di uomini, ostaggi di chi, a Bruxelles, Berlino, Parigi, Roma o Londra cerca la guerra a ogni costo.

 

FONTI:

https://actualcomment.ru/slozhnyy-berlin-o-chem-na-samom-dele-dogovorilis-ssha-i-ukraina-2512160926.html

https://ria.ru/20251216/trupy-2062269983.html

 

 

 

 

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