Rapporto Censis, soffiare sul fuoco

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Rapporto Censis, soffiare sul fuoco

 

di Federico Giusti

Gli italiani, stando al Rapporto Censis, si scoprono disorientati e impauriti, poco fiduciosi verso il futuro, preoccupati per il cambiamento climatico e gli eventi naturali catastrofici, per il diffondersi dei conflitti e delle guerre.

Paure alimentate dal clima di incertezza dimostrato anche dalle crescenti disuguaglianze sociali ed economiche.

L'allontanamento dei cittadini dalla politica è ai massimi termini, quasi metà degli aventi diritto si astengono, basti pensare che gli astenuti a fine anni settanta erano meno del 15% quando oggi siamo a quasi il 49%

La società della disuguaglianza e delle discriminazioni ha prodotto individualismi sfrenati, la crisi dei corpi intermedi è servita per disinnescare ogni elemento di conflittualità, al resto  poi ci pensa la repressione con 3000 lavoratori indagati per reati di piazza solo tra Nord Emilia e Lombardia.

 L’Unione Europea è vista con profondo sospetto e scetticismo, considerata una sorta di "guscio vuoto, inutile o dannoso" e "destinata a sfasciarsi definitivamente"

La classe politica vivacchia da tempo sulla salvaguardia dell'esistente, dopo le elezioni iniziano sterili dibattiti sula disaffezione al voto ma a far paura è soprattutto la conflittualità sociale, sindacale e politica, del resto è pur sempre preferibile la passività al protagonismo attivo delle classi sociali meno abbienti.

Nel corposo rapporto Censis scopriamo che due terzi della popolazione sarebbe in teoria contro la guerra e a fianco dei palestinesi , il 70 per cento degli italiani imputa direttamente all'Occidente la causa dei problemi ma da qui a determinare una coscienza politica e culturale conseguente a questi stati d'animo corre grande differenza. E la disaffezione, costruita ad arte, verso l'impegno sociale e politico, la crisi dei corpi intermedi e i processi repressivi preventivi giocano un ruolo determinante per non tradurre il dissenso e la paura in rivolte sociali.

Urge fare grande attenzioni alle questioni identitarie sulle quali si basa la propaganda delle destre politiche ed sociali, utili specchietti per allodole e facile ostaggio delle logiche securitarie da attuare direttamente sulla pelle dei subalterni e dei conflittuali.

Il  57,4% degli italiani si sente minacciato da chi vuole radicare nel nostro Paese regole e abitudini contrastanti con lo stile di vita italiano consolidato, come ad esempio la separazione di uomini e donne negli spazi pubblici o il velo integrale islamico; è del tutto evidente che questa diffidenza e atavica paura venga alimentata a livello mediatico da un odio viscerale verso l'islamismo che resta un perfetto sconosciuto.

Davanti alla perdita di posti di lavoro per i ceti meno abbienti senza specializzazioni e titoli di studio, la perdita del 7% del potere di acquisto per i ceti medi  nell'arco di pochissimi anni diventa fin troppo facile imbattersi nel 38 per cento degli italiani che vede nei migranti una minaccia senza per altro comprendere come la perdita dei posti di lavoro derivi da ben altre cause, non ultime gli appalti e i subappalti al ribasso, la precarietà diffusa, i mancati processi innovativi e i salari da fame, la crisi della manifattura europea.

Per dare una compiuta identità a questi stati d'animo, per cavalcarli elettoralmente e a livelli mediatici, non resta che alimentare l'odio per altre religioni o alcune etnie ergendo la famiglia tradizionale (in un paese per altro in cui i matrimoni sono ai minimi storici) a baluardo di una identità triturata dai processi economici di precarizzazione. E' il caso dei reati di violenza sessuale e di stolkeraggio, nonostante le statistiche è opinione diffusa pensare siano particolarmente diffusi, anzi maggioritaria, tra i migranti giusto a spiegare come si alimentato i pregiudizi (sulle fake news)

Il rapporto Censis dedica innumerevoli pagine alla fabbrica degli ignoranti, non siamo davanti alla spocchia della ztl verso i quartieri popolari ma ad un analfabetismo funzionale e di ritorno assai utile per alimentare i pregiudizi.

La scuola italiana ha perso gran parte delle sue funzioni: i docenti vengono utilizzati sempre più per funzioni burocratiche e non per educare in classe, gli istituti comprensivi non hanno fondi per portare le classi nei musei, al cinema e in biblioteca, si restringe agli occhi dei giovani i confini del mondo allontanando gli strumenti atti a comprenderne la complessità.

La fine dell'insegnamento della geografia, la contrazione delle ore dedicate allo studio di italiano e storia gioca un ruolo dirimente in questa situazione.

Un vecchio detto popolare, ripreso anche da alcuni pensatori politici del lungo secolo scorso, invitava le giovani generazioni a studiare e a documentarsi, farlo oggi è divenuto una sorta di  preoccupante di disagio sociale, in questo autentico capovolgimento della realtà, nella società con l'ascensore sociale fermo, il modello della disuguaglianza continua a guadagnare spazio alimentando paure ataviche.

 

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