L'oracolo di Bruxelles si è espresso
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Grazie all'intercessione de La Stampa, è possibile raccogliere la nuova divinazione dell'oracolo di Bruxelles, il lituano dirottato alla UE, Andrius Kubilius. A differenza dei vaticini della Pizia di Delfi, che variavano a seconda di chi domandava il responso, il cosiddetto commissario europeo alla guerra differenzia di poco, l'uno dall'altro, i propri presagi. E c'è da dubitare che anche chi gli si è rivolto a nome del foglio torinese si attendesse qualcosa di diverso dal numero di anni che devono ancora trascorrere prima che, statene certi, la Russia attacchi un paese europeo, «o forse più di uno». Ragion per cui, profetizza, «bisogna integrare le forze armate ucraine nella sicurezza dell’Europa», dato che sussiste «la minaccia di una possibile aggressione russa: i nostri servizi di intelligence lo affermano pubblicamente e con chiarezza: nei prossimi tre o quattro anni la Russia potrebbe essere pronta a “testarci” in un conflitto reale». Per non parlare della sfida che viene dagli USA, «che ci stanno chiedendo di assumerci maggiori responsabilità per la difesa europea». Da non raccapezzarcisi. Per fortuna che, là a Bruxelles e qualcuno anche a Roma, sembra avere le idee chiare su chi si appresti ad attaccare chi e quando lo farà.
Amareggiata per la mancanza di un esercito europeo, la signora Flavia Amabile chiede all'oracolo come potrebbe essere risolta la questione del possibile schieramento di truppe UE sul territorio ucraino, come richiesto da Kiev per un accordo con Moskva. Il novello Merlino non esita a dire che il dato sicuro è che l'intelligence europeista pronostica che la Russia potrebbe «lanciare un’aggressione contro Stati membri dell’UE o della NATO». In tal caso, di fronte a «un esercito russo addestrato dalla guerra, più forte di quanto fosse nel 2022 e capace di utilizzare milioni di droni», né la NATO, né la UE hanno «esperienza di combattimento». Dunque, che fare? Ecco che allora diventa essenziale l'esperienza degli ucraini e, dunque, «oltre a discutere delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina, dobbiamo chiederci come integrare le capacità di difesa ucraine, già collaudate sul campo, con quelle europee, per rafforzare anche noi stessi». Vale a dire, si tratterebbe di trasformare i fantasmagorici 800.000 uomini dell'agognato esercito ucraino in una enorme compagnia militare privata di mercenari, da utilizzare al posto dei militari di cui la cosiddetta “Europa” non dispone, sguinzagliandoli in giro per le aree mondiali in cui Bruxelles decida di intervenire. Per il presente, cioè tra «cinque anni, o forse anche prima», sul teatro di scontro europeo.
Non paghi dunque di aver dissanguato il paese, imponendogli prima un regime nazi-golpista che ha affamato le masse ucraine e spingendolo quindi a mandare al massacro centinaia di migliaia di propri uomini, ecco che ora il vate eurobellicista propone di servirsi della carne da macello ucraina anche per le prossime mire euro-atlantiche, sfruttandone le «capacità industriali, così come la loro esperienza e le nuove dottrine militari, sono impressionanti e cruciali per noi. È per questo che dobbiamo parlare anche di una possibile Unione Europea della Difesa, una nuova architettura di sicurezza che includa anche Regno Unito, Norvegia e Ucraina», in attesa della costituzione di un esercito europeo, per cui si stanno intanto approntando le dovute spese in armi e servizi tecnico-materiali, dirottando democraticamente centinaia di miliardi dalle spese sociali.
Dunque, al momento, la strada indicata dalla pizia-Kubilius, è quella di attivare la parte più rabbiosamente russofoba dell'esercito ucraino, non certo le decine di migliaia di giovani che approfittano della prima occasione per sottrarsi alle trincee e tentare di rifugiarsi all'estero. Quello cui punta Bruxelles è una grossa masnada di nazi-terroristi, ancora assetati di sangue, che condividano la propria pratica assassina con eserciti dei paesi europei lontani dalla pratica della guerra guerreggiata e li rendano adeguati a scatenare lo scontro che gli euro-atlantisti prevedono di imbastire – sono i loro pronostici: solamente, presentati per dovere mediatico a soggetti capovolti - «tra cinque anni o forse anche prima».
Ma, per qualcuno, «chi muove la guerra» è sempre e solo la Russia, anche se si evita di citarla chiaramente, come è uso fare l'imbelle presidente della repubblica italiana. «Appare insensata la pace evocata da parte di chi, muovendo guerra, pretende in realtà di imporre le proprie condizioni», sentenzia il signor Sergio Mattarella, che poi prosegue omeliando che «Un protagonista della comunità internazionale, la Federazione Russa, ha, sciaguratamente, scelto di travolgere questo percorso ripristinando, con la forza, l’antistorica ricerca di zone di influenza, di conquista territoriale, di crudele prepotenza delle armi». Detto da chi, nel 1999, durante i bombardamenti NATO sulla Jugoslavia, per sconvolgerne la compagine territoriale ed esautorarne il legittimo potere, ricopriva la carica di sottosegretario alla “difesa”, suona quantomeno curioso.
Come almeno bizzarre appaiono le parole secondo cui questo sarebbe «il quarto Natale di guerra per il popolo ucraino. Si moltiplicano gli attacchi russi alle città e alle infrastrutture energetiche e civili. Le vittime civili sono sempre più numerose. L’Europa e l’Italia restano saldamente al fianco dell’Ucraina e del suo popolo, con l’obiettivo di una pace equa, giusta e duratura, rispettosa del diritto internazionale, dell’indipendenza, della sovranità, dell’integrità territoriale, della sicurezza ucraine». Ite missa est.
Ricorda per caso il signor Mattarella che, per decine di migliaia di ucraini delle aree del Donbass ancora non liberate dall'aggressione ucraina, questo è l'undicesimo “natale di guerra”? Si degna di sapere e di dire, il signor Mattarella, che insieme agli «attacchi russi alle città e alle infrastrutture energetiche e civili» ucraine, se ne registrano ogni notte altrettanti a città e infrastrutture delle regioni frontaliere russe, senza che però i media di regime si degnino di darne conto, tacendo sulle vittime civili a Tver, Belgorod e altre città russe, come accaduto ad esempio anche la scorsa notte a Saratov, dove due civili sono rimasti uccisi per un attacco di droni ucraini?
Parli pure, il presidente della repubblica italiana, di una Unione Europea come «una delle più riuscite esperienze di pace tra i popoli e di democrazia, è nata e si è ampliata nella costante ricerca della pace, ripeto, e della libertà, garantite, nel proprio ambito, in base a Trattati liberamente stipulati dai popoli europei; che ne hanno ricavato diritti e benessere». Di nuovo, i treni jugoslavi carichi di civili, gli ospedali di Belgrado colpiti dai caccia della NATO inviati da USA e UE, possono ben testimoniare di quali «esperienze di pace» sia stata protagonista l'Unione Europea, di quali libertà, diritti e benessere possano dirsi grati a Bruxelles i lavoratori, i pensionati, gli studenti, a cui vengono quotidianamente erosi gli elementari diritti a una vita dignitosa. Parlare, in modo aclassista, alla maniera di un qualunque fariseo liberale, di «diritti e benessere», tacendo del “diritto” e della “libertà” borghesi di essere sfruttati nelle fabbriche e ridotti alla fame fuori dalle industrie, questo fa tutt'uno con la trita omelia bellicista su “aggredito e aggressore”, così cara a quanti spargono lacrime sulla “democrazia ucraina” che assassina, sin dal 2014 e 2015, chiunque, giornalista o politico, esprima idee contrarie alla vulgata nazista. Parli pure, il presidente Mattarella, di quella “libertà” liberale grazie alla quale un centesimo della popolazione detiene tanta ricchezza quanta metà delle masse popolari. Si addicono, ai piagnistei liberali su «diritti e benessere», le note dell'Andrea Chénier «Varcai d'una chiesa la soglia; là un prete ne le nicchie dei santi e della Vergine, accumulava doni - e al sordo orecchio un tremulo vegliardo invan chiedeva pane e invano stendea la mano!».
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