L'inutile alleanza
di Michele Blanco
Trump ha introdotto i dazi sulle merci importate, ma la Cina aumenterà il suo PIL del 5,6%, in netto aumento, addirittura smentendo le previsioni precedenti, mentre il mondo è a rischio recessione, il nostro paese l'Italia si è visto ridurre le previsioni del suo PIL dall'OCSE allo 0,7% nel 2025 e allo 0,9% nel 2026, con una riduzione rispettivamente di 2 e 3 decimi rispetto alle previsioni di appena pochi mesi fa a dicembre 2024.
E in questo contesto bisogna ricordare l'effetto delle sanzioni alla Russia che incredibilmente ha visto far schizzare in alto il Pil di quel paese e incrementare in modo massiccio l'export verso Cina e India, con queste nazioni con tre miliardi di abitanti circa, che comprano dalla Russia a prezzi stracciati e poi vendono gas e petrolio all'Europa, a prezzi ovviamente aumentati. Un aumento del PIL cinese di questa portata ha del portentoso visto la stagnazione dell'economia mondiale.
Tutti i paesi esportatori che hanno buon senso vedendosi bloccate le loro merci, prodotti e servizi verso gli USA si sono rivolte altrove, in primis, Cina e India ma anche tutti gli altri paesi Brics. E questo Trump non lo aveva capito?
Al momento è un fenomeno di breve durata, dovuto una reazione legata al buon senso e istintiva, ma tutto questo non significa che non possa avere anche una durata maggiore e, in prospettiva, divenire strategica. Non sempre i giochetti al massacro di Trump e le sue intemperanze possano avere risposte del tipo " lui è così, poi si calmerà", i mercati, è una legge del capitalismo strano che Trump non la conosca, hanno bisogno di certezze, per permettere agli investitori di investire i loro capitali. Nel caso contrario non investono. E nel lungo periodo i paesi come Cina e India possono rendere stabile lo scambio commerciale che oggi sembra assumere aspetti non definitivi, di transitorietà.
Molto modestamente ritengo che oggi l'unica via giusta, o quantomeno razionalmente possibile, per paesi come l'Italia e i tutti paesi UE è cercare alternative per le esportazioni al mercato statunitense, questa è la logica del mercato, possa piacere o meno. Se gli Usa non sono più affidabili non significa che dobbiamo entrare in recessione economica per colpa di Trump.
Oggi nel mondo ci sono tutte le premesse per un equilibrio geopolitico multilaterale, con la fine e delle nazioni sotto protettorati, come è stato per l'Italia, la Germania e il Giappone dalla fine della Seconda guerra mondiale. Sarebbe auspicabile, per chi ci governa, invece di andare con il cappello in mano a chiedere pietà e misericordia, per cosa poi? Prendere atto della nuova realtà effettiva e pensare finalmente al bene dei cittadini.
Sull' argomento il famoso economista francese Thomas Piketty ritiene senza mezzi termini che: «Usa non più affidabili, l’Europa promuova un altro modello di sviluppo».
L’analisi dell’economista francese pubblicata su Le Monde: «Da un punto di vista storico, c’è un solo precedente analogo ad oggi, il deficit commerciale delle principali potenze coloniali tra il 1880 e il 1914».
Sui dazi che vuole introdurre Trump, Piketty dice che per certi versi non siamo di fronte a una novità: la campagna militare contro l’Iraq all’inizio nei primi anni Duemila ha creato una destabilizzazione nell’intera regione con cui dobbiamo ancora fare i conti, scrive per fare un esempio. Ma, aggiunge, «la crisi attuale è nuova, perché mette in discussione il cuore stesso del potere economico, finanziario e politico del paese [gli USA], che appare come confuso, governato da un capo instabile e irregolare, senza alcuna forza di richiamo democratico».
Il cuore della questione, scrive Piketty, è il fatto che il Pil della Cina ha superato quello degli Stati Uniti già nel 2016 e attualmente è più alto del 30%. Non solo. In base ai calcoli di economisti di varia provenienza, Pechino raggiungerà il doppio del Pil degli Usa entro il 2035. «La realtà è che gli Stati Uniti stanno perdendo il controllo del mondo», è la ovvia conclusione di Piketty. Ma cosa ancora più grave, aggiunge, è l’accumulo di deficit commerciali che ha portato il paese a un debito estero pubblico e privato di una portata senza precedenti: 70% del Pil nel 2025. «Con l'aumento dei tassi di interesse potrebbe portare gli Stati Uniti a dover versare al resto del mondo flussi di interessi considerevoli, a cui erano finora sfuggiti grazie alla loro presa sul sistema finanziario mondiale».
Inoltre, continua Piketty: «Da un punto di vista storico, va notato che l'enorme deficit commerciale degli Stati Uniti – circa il 3-4% del Pil in media ogni anno dal 1995 al 2025 – ha un solo precedente per un'economia di queste dimensioni: è approssimativamente il deficit commerciale medio delle principali potenze coloniali europee (Regno Unito, Francia, Germania, Paesi Bassi) tra il 1880 e il 1914». E su Trump, aggiunge, «è in fondo solo un leader coloniale impedito come l'Europa del passato, vorrebbe che la pax americana fosse ricompensata con sussidi versati dal resto del mondo riconoscente, in modo da finanziare eternamente i suoi deficit. Il problema è che il potere statunitense è già in declino, e che l'epoca non si presta più affatto a questo tipo di colonialismo brutale e senza ritegno».
E l’Europa, di fronte a tutto questo? L’Europa, dice Piketty, deve sostenere una profonda riforma della governance del Fmi e della Banca Mondiale, in modo da uscire dall'attuale sistema e dare il giusto posto a paesi come il Brasile, l'India o il Sudafrica. «Se continua ad allearsi con gli Stati Uniti per bloccare questo processo irrimediabile, allora i Brics costruiranno inevitabilmente un'architettura internazionale parallela, sotto la guida della Cina e della Russia».
L’Ue, aggiunge, ha commesso un grave errore nel 2024 opponendosi alla proposta di giustizia fiscale promossa al G20 dal Brasile, e votando contro l'istituzione all'Onu di una convenzione quadro sulla tassazione equa, ancora una volta con gli Stati Uniti, «tutto questo per preservare il monopolio dell'Ocse e del club dei paesi ricchi su queste questioni ritenute troppo importanti per essere lasciate ai più poveri».
L’Europa, conclude il ragionamento Piketty, deve finalmente riconoscere il suo ruolo negli squilibri commerciali mondiali. «È facile stigmatizzare le eccedenze oggettivamente molto eccessive della Cina, che come gli occidentali prima di lei abusa del suo potere per sottopagare le materie prime e inondare il mondo di beni manifatturieri». Ma il fatto è che l'Europa tende anche a sottoinvestire sul suo territorio: «Ci vorrà molto di più del rilancio militare e di bilancio tedesco o della mini-tassa sul carbonio alle frontiere attualmente previste perché l'Europa contribuisca finalmente a promuovere un altro modello di sviluppo, sociale, ecologico ed equo».