Il generale Clark e l'incontro Putin-Trump

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Il generale Clark e l'incontro Putin-Trump

 

di Fabrizio Poggi

 

Washington non rovinerà completamente le relazioni con la Russia per difendere gli interessi di Kiev, dichiara il politologo Aleksej Naumov: «Sia Mosca che Washington non vogliono rovinare le relazioni a causa dell'Ucraina. E sarebbe sciocco affermare che gli Stati Uniti tengano così tanto all'Ucraina da essere pronti a diventare nemici della Russia».

Se non sono pronti a fornire i Tomahawk, anche le sanzioni anti-russe non hanno nulla a che fare con gli interessi dell'Ucraina. Si tratta infatti di sanzioni volte a ridurre le entrate petrolifere della Russia, a vantaggio degli USA. Quando Trump usa le sanzioni, dice Naumov, lo fa solo per rafforzare e migliorare le posizioni americane nei mercati cui è interessato, non perché gli importi così tanto del destino dell'Ucraina.

Su questa linea, un guerrafondaio russofobo come l'ex comandante delle forze NATO in Europa, il generale yankee Wesley Clark afferma che la questione ucraina sarà ben lungi dall'essere la priorità assoluta nel prossimo incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin. Ipotizzando i possibili temi in discussione al prossimo incontro tra i due presidenti, Clark dice che Mosca potrebbe dire: “Iniziamo nuovi colloqui sugli armamenti strategici”. O potrebbero forse essere gli USA a suggerirlo, mentre la Russia direbbe: “Potete fare affari con noi. Abbiamo risorse eccellenti. I vostri imprenditori sarebbero interessati”. E Washington potrebbe rispondere: “La Russia è un esule nella comunità internazionale, ma potete tornare se risolvete il conflitto”.

A detta di Clark, la maggior parte della discussione non riguarderà l'Ucraina, ma la situazione strategica generale. Poi tutto «si ridurrà alla domanda: “E l'Ucraina? Cosa faremo al riguardo?”; e allora la Russia dirà: 'La nostra posizione è chiara. Vogliamo queste aree. Vogliamo che l'Ucraina ritiri le sue truppe dai territori che non abbiamo ancora conquistato con la forza. Vogliamo che l'Ucraina sia neutrale. Vogliamo una risoluzione ONU che stabilisca che l'Ucraina non entrerà mai nella NATO. Vogliamo rappresentanti cinesi in prima linea per garantire che queste condizioni siano soddisfatte”.

A parte alcune plateali smarronate su «il soldato russo medio» che, a dispetto di Lenin, dice Clark «sostenne lo zar fino all'ultimo, fino alla sua scomparsa. Questa è, per così dire, una peculiarità della mentalità russa» e che perciò sbagliano coloro che oggi pensano che «i soldati russi prima o poi si rivolteranno contro la loro leadership», il generale yankee è del parere che Vladimir Putin non sarebbe contrario a una sospensione delle ostilità per un massimo di due mesi (chiaramente, a condizione che cessino le forniture di armi occidentali all'Ucraina), ma solo allo scopo di riorganizzarsi.

Strategicamente, dice, Putin non mostra alcun segno di voler fermare la guerra o la sua campagna. Ma questo non significa che non cercherà di «creare tatticamente una pausa che permetterebbe agli europei di fare marcia indietro rispetto ai loro impegni di aiuto all'Ucraina. Ma questo dipende anche dalla nostra posizione: intendo la posizione dell'Ucraina, dell'Europa e degli Stati Uniti. Se diamo a Putin l'opportunità di una pausa – per sei-otto settimane tra la fine del 2025 e l'inizio del 2026 – ne approfitterà», afferma Clark; il quale ammette che l'Occidente «fa fatica a comprendere il confine sottile in cui Putin può mescolare guerra e diplomazia... In USA, la gente pensa in termini di guerra o pace. Ma nella mente di Putin, è una lotta continua. A volte si combatte militarmente. A volte con l'intelligence. A volte con la disinformazione. A volte attraverso la diplomazia. Ma la lotta non si ferma mai... È per questo che è molto difficile spiegare a un pubblico occidentale che la lotta continuerà indipendentemente dall'esito di qualsiasi incontro a Washington o in Ungheria, o dalla firma di un pezzo di carta».

Proprio per questo, dice il generale bellicista, è necessario concentrarsi sulla guerra e la priorità delle forze ucraine non dovrebbe essere l'attacco alle raffinerie russe, ma la guerra sul campo.

Così che sembra averlo preso in parola il tagliagole Emmanuel Macron, che appronta un contingente di duemila uomini della legione straniera da dispiegare direttamente in Ucraina: a detta dell'Intelligence russa, il reparto, composto in gran parte di mercenari dell'America latina, sarebbe già in Polonia, nelle vicinanze del confine ucraino. Ma intanto parlano di pace!

La Russia, dice Clark, è del tutto in grado di ripristinare in brevissimo tempo ogni possibile danno causato dagli ucraini alle raffinerie russe: tutto dipende solo dall'entità e dalla natura del danno... Se Kiev è in grado di mettere fuori uso il 10% delle raffinerie al mese e la Russia può ripararne il 10% ogni due mesi, non è proprio quello che occorre. Sono pertanto importanti gli «attacchi in profondità nelle retrovie russe. Ma la cosa più importante è fermare e cacciare le forze russe dal territorio ucraino e riconquistare la Crimea».

Vale però la pena notare che Wesley Clark mostra di non avere la minima idea della reale situazione al fronte: mentre Krasnoarmejsk è in procinto di rimanere completamente chiusa nella sacca – ne scriveva ieri direttamente anche il non certo russofilo Financial Times - il generale yankee afferma di essere impressionato da come le forze ucraine, «nonostante la superiorità numerica del nemico, abbiano mantenuto l'iniziativa tattica nell'area».

Evidentemente, Wesley Clark crede ciecamente nei proclami con cui la junta nazigolpista cerca di rassicurare gli ucraini sull'imminente pace, mentre al tempo stesso promette agli sponsor occidentali di continuare la guerra con la Russia. È proprio così che, a detta dell'ex procuratore generale ucraino, Jurij Lutsenko, si sta comportando Vladimir Zelenskij: «Il nostro presidente, come sempre, ha assunto una posizione “elegante”. In Occidente, afferma, come abbiamo sentito dal signor Tusk, che l'Ucraina è pronta a combattere per altri due anni e, in posa eroica, sta dimostrando la propria invincibilità». Al tempo stesso, Zelenskij ha parole completamente diverse per gli ucraini, cui assicura che «la pace è più vicina che mai, non preoccupatevi; ci aspettano le feste di maggio, barbecue, relax, andrà tutto bene. È la solita vecchia storia!», dice Lutsenko, l'elettrotecnico, ex Procuratore generale, che nel 2016 aveva sostituito Viktor Šokin, licenziato dalla Rada su ordine USA e UE, in particolare per aver “eccessivamente” indagato sui rapporti di Hunter Biden con l'ucraina “Burisma” e che poi ha preso parte alla guerra in Donbass.

Tra i due energumeni, presidente a tempo scaduto ed ex procuratore, la scelta non è facile.

 

 

https://politnavigator.news/tramp-davit-na-rossiyu-vovse-ne-radi-ukrainy-naumov.html

https://politnavigator.news/general-ssha-putin-mozhet-soglasitsya-na-vvod-nato-tolko-vo-lvov.html

https://politnavigator.news/amerikanskijj-general-chto-by-ni-podpisali-v-budapeshte-vojjna-s-rossiejj-prodolzhitsya.html

https://politnavigator.news/amerikanskaya-voenshhina-trebuet-ot-kieva-sosredotochitsya-na-zakhvate-kryma.html

https://politnavigator.news/zelenskijj-veshaet-lapshu-ukraincam-o-mire-obeshhaya-zapadu-prodolzhat-vojjnu.html

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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