Il governo autoritario. L'estrema destra e la fine del controbilanciamento fra i poteri

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Il governo autoritario. L'estrema destra e la fine del controbilanciamento fra i poteri

 

di Giuseppe Giannini

Con il suo terzo anno di governo Giorgia Meloni ha scoperto le carte. All'interno di una coalizione in cui convivono componenti iperliberiste (Forza Italia), sentimenti reazionari (la Lega) e conservatori (Fratelli d'Italia),  l'intento è quello di farsi accettare dai partner economici mondiali pur rimanendo fedele alla galassia dei movimenti nazionalisti illiberali.

Così, se da un lato - la politica estera - conferma la perfetta continuità con l'austerità (la firma nel 2023 del nuovo Patto di Stabilità e Crescita con la possibilità di rientrare dal debito in più anni, ma che verrà addossato ai futuri esecutivi) e con l'imperialismo guerrafondaio (il ReArm, l'aumento spropositato delle spese militari imposti dal diktat Trump-Nato, e sottoscritti, acriticamente, anche da moderati e socialdemocratici), dall'altro - le questioni di politica interna – cerca di rifarsi sui governati. Soprattutto, per non smentire la parte cd. sovranista. In pratica, però, più che agire nell'interesse della nazione e sulla popolazione che ricadono gli effetti delle scelte operate.

Lo scopo è quello di "sorvolare" sulle differenze sociali, tipico di chi fa gli interessi del capitale (nazionale e internazionale), di ceto e di classe come si sarebbe affermato una volta, aggravando di fatto le diseguaglianze. Tanto che il termine "conflitto sociale" diventa il pretesto per rispolverare un contesto anacronistico, legittimando l'uso dei provvedimenti liberticidi. Un governo succube della Alleanza atlantica e del mercato (come i precedenti), ma con in più un pericoloso piglio autoritario, che, all'interno di una visione gerarchica e classista, se la prende con i deboli. L'esecutivo non tollera dissensi e non accetta giudizi esterni, anche se provenienti da organismi autorevoli ed indipendenti.

Ogni critica viene vista come un attacco al potere che esso incarna, fino ai personalismi (l'eterno livore della premier). Evidentemente, allergico alle vie democratiche, rappresenta l'espressione di un autoritarismo, che cancella decenni e e decenni di riforme e progresso civile e sociale. In questi anni ne abbiamo viste troppe: scandali, favoritismi e nomine amiche, responsabilità politico-giuridiche, incompetenze. Reati e comportamenti rimasti impuniti (Santanchè, Delmastro, Nordio sul caso Almasri), l'uso della diplomazia per finalità di parte (Chico Forti, Cecilia Sala, mentre ci si è accaniti contro Ilaria Salis e nessuna pressione è stata fatta per Alberto Trentini).

Gli attacchi puntuali agli organi della giustizia italiana ed internazionale. In segno di successione con il berlusconismo, da parte di chi non accetta il rispetto delle regole, ma vuole imporle, in maniera sproporzionata, agli altri. La svalutazione del ruolo del Parlamento. I tentativi di ingerenza e controllo degli altri poteri. Eppure è una maggioranza difficilmente battibile nelle votazioni in aula, agevolata anche dalle precedenti pessime leggi elettorali e dal taglio della rappresentanza, che controlla gran parte del mondo dell'informazione (almeno cinque grandi tv e tanti giornaloni). Alla quale rimane solo di abbattere gli ultimi anticorpi rimasti, e cioè la Magistratura e il mondo della scuola.

La prima, se passa la riforma si troverà con le mani legate, o comunque depotenziata. A cui si aggiunge anche il Decreto Sicurezza per colpire il dissenso. La scuola è soggetta ad un revisionismo, che potrà comportare l'arretramento civile del Paese.

Il disciplinamento passa attraverso la retorica di "Dio, Patria e Famiglia". Per mezzo del voto in condotta,  l'esaltazione della divisa armata (il coinvolgimento dell'esercito nella formazione), e la modifica di programmi ed esami. E poi la premiazione del merito in una visione aziendalistica, che mette in discussione i principi basilari della scuola pubblica. Vengono così sacrificate l'inclusività e l'eguaglianza di trattamento, l'emancipazione. Lo stesso accade coi progetti di riforma dell'Università. L'ingresso di soggetti di nomina governativa o ad esso legati a discapito della terzietà e del pensiero critico.

Ogni settore culturale risente di questo cambiamento nella gestione, nelle personalità e nelle iniziative "retro-futuriste"  (le mostre sul Futurismo appunto) che vengono finanziate. Il neocolonialismo passa anche per mezzo del Piano Mattei per l'Africa (l'estrazione delle risorse spacciata come cooperazione allo sviluppo) e la ricostruzione di Gaza. Un indottrinamento che ricorda quanto vissuto durante il fascismo.

In questo quadro si inserisce la proposta di Gasparri che, con la scusa di colpire l'odio razziale, punisce chiunque critica l'operato di Israele, equiparando antisemitismo e antisionismo. Dunque, un governo con i pieni poteri che controlla i media e vuole farlo anche con la Magistratura e l'istituzione scolastica. Succede sotto le dittature, la pervasività arriva dappertutto e, alla fine, l'utilizzo delle forze armate serve a reprimere ed arrestare i dissidenti, mettendo in discussione la vita democratica. Anche dal punto di vista economico è possibile intravedere delle similitudini con quei regimi figli dei golpe ispirati dal fanatismo ideologico di Von Hayek e Friedman.

Taglio della spesa pubblica (e delle politiche del welfare) e fondi ai privati (sanità, scuola, istituzioni finanziarie); grandi opere inutili; regali alle multinazionali ed ai giganti del web (l'assenza del contributo di solidarietà per i grandi patrimoni); la legittimazione dell'evasione fiscale (i condoni); la flat tax. Ulteriori tagli sono previsti verso gli enti locali, già falcidiati dal Patto di Stabilità e, soprattutto, quelli delle aree interne destinati all'abbandono (il Piano nazionale strategico), visto lo spopolamento, la mancanza di lavoro stabile e la carenza infrastrutturale. E nemmeno il PNRR è servito ad invertire la rotta. L'economia dei bonus non impatta sulla crescita, i cui dati aggiornati sono inferiori alle previsioni. Il governo autoritario a disposizione dei ricchi è incapace di dare risposte alle tanti crisi aziendali (Ilva, Stellantis), e di affrontare il calo della produzione industriale che dura da trenta mesi.

Invece, diffonde notizie sui record del numero degli occupati, ma a ben vedere, è lavoro povero, poco qualificato e  con basse remunerazioni (anche perchè la tendenza di gran parte delle imprese è quella di risparmiare sul costo del lavoro senza investire in innovazione e ricerca). Nel Paese che invecchia la povertà tocca quasi sei milioni di persone; tantissime persone hanno un salario ed una pensione insufficienti a vivere dignitosamente. Il sistema sanitario funziona male per carenza di medici e presidi, e pare in corso di smantellamento. L'indigenza economica esclude le persone dall'accesso ai servizi essenziali. Il dieci per cento della popolazione rinuncia alle cure.

C'è chi racconta un'altra storia, e snocciola successi e numeri a casaccio. Parlano pure di prestigio accresciuto nelle sedi internazionali. Tipico dei regimi autoritari.

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