I primi 100 giorni di Trump

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I primi 100 giorni di Trump

 

di Federico Giusti

I licenziamenti tra il personale Federale si prefigge due obiettivi: da una parte intimidire e allontanare personale assunto da amministrazioni democratiche, dall’altra ridurre i numeri dei dipendenti pubblici trasformando contratti a tempo indeterminato in rapporti lavorativi fiduciari che durano tanto quanto il mandato del Presidente Usa. Ma così operando si cancella quel poco che resta della presenza statale e pubblica in un paese nel quale tra privatizzazioni e tagli istruzione e sanità sono ridotte al collasso.

Ma come sono i primi 100 giorni della presidenza Trump.

Abuso delle decretazioni di urgenza e degli ordini esecutivi che poi celano il tentativo di ridurre le prerogative della Carta Costituzionale e affermare il primato dell’Esecutivo. Emblematico il caso della studentessa filo palestinese da un mese in carcere senza motivazioni e capo di accusa, le deportazioni dei migranti in una prigione nel Salvador, siamo davanti a una gestione del potere autoritaria e repressiva forse irreversibile.

Alcuni intellettuali si stanno chiedendo dove siano gli anticorpi della democrazia statunitense, senza dubbio Trump sta dando una incredibile accelerata alla sua azione di governo ma deve comunque fare dei passi indietro, dai dazi ai visti degli studenti negati anche per una semplice multa, i 140 ordini costitutivi nei primi 100 giorni di mandato sono un primato assoluto.

Quanti pensavano agli Usa come patria della libertà e della democrazia presto dovranno fare i conti con i processi involutivi in corso d’opera, senza dubbio è in corso nel paese uno scontro tra poteri non sintetizzabile nel classico scontro tra repubblicani e democratici, dietro alla vittoria di Trump si celano interessi economici e finanziari ma anche un retroterra culturale e ben definito che affonda le sue radici in un antidemocratico e imperfetto sistema elettorale, nell’oscurantismo ideologico e religioso, nella assenza di un reale stato sociale con sanità e istruzioni pubbliche inesistenti, processi di repressione evidenti nella società e soprattutto nelle scuole e università. Un paese spaccato, diviso e pronto a trovare nuove ragioni per esistere nella lotta senza quartiere contro i migranti.

Si restringono gli spazi di libertà e democrazia anche attaccando la stampa, ad esempio l'ordine esecutivo emesso il 1° maggio per porre fine ai finanziamenti federali per due servizi di informazione pubblica.

Già è emblematico il titolo di questo ordine "Porre fine alle sovvenzioni dei contribuenti ai media di parte" il cui fine è quello di impedire ogni aiuto economico in futuro e colpire intanto televisioni non commerciali per consegnare la informazione ai monopoli esistenti molti dei quali sostenitori di Trump.

In questi 100 giorni abbiamo conosciuto l’America profonda, dal nazionalismo Usa eurofobico all’odio e al sospetto verso i migranti e una società multirazziale, dalla esaltazione dei processi globali siamo passati all’odio viscerale di interi stati che hanno subito delocalizzazioni, tagli di decine di migliaia di posti di lavoro, intere comunità devastate dai processi economici degli ultimi 30 anni, oggi un giovane bianco con istruzione media trova solo una occupazione a tempo determinato, con bassa retribuzione, non beneficia di aiuti statali e privati per mettere su casa, rispetto ai genitori vede una condizione di vita decisamente peggiore, precaria e con un potere di acquisto inferiore del 40 per cento.

Per questo una parte profonda del paese sostiene Trump ritenendolo la risposta migliore ai processi di globalizzazione che hanno rafforzato il dominio del dollaro e di interi settori del capitalismo economico e finanziario statunitense impoverendo al contempo una parte del paese, quella tradizionalmente industriale che ha subito i processi di delocalizzazione.

Siamo a un punto di svolta, lo scontro politico tra poteri interni agli Usa appare assai probabile o quasi scontato, non è detto che ad atteggiamenti più pragmatici a livello internazionale non corrisponda una stretta repressiva interna, anzi proprio la lotta ai nemici interni, la repressione degli studenti e dei lavoratori qualora si rendessero autonomi da centrali sindacali colluse con i poteri forti,  la caccia alle streghe negli atenei e della società, potrebbero rappresentare il terreno privilegiato per conservare la fideistica adesione ai precetti trumpiani dell’elettorato bianco e degli immigrati di pristina generazione. E sullo sfondo troveremo uno stato federale sempre più debole e con esso anche istruzione e sanità pubblica, chi oggi invoca un atteggiamento ostile verso i processi di globalizzazione sta cadendo nelle mani di quanti quei processi li hanno favoriti per passare, in questa fase storica, dalla parte opposta indossando la veste di detrattori dell’economia globale.

Di certo l’enfasi con la quale gli over 50 europei continuano, anche a sinistra, a parlare del sogno americano stride con una realtà ben diversa, il sogno si è trasformato in incubo specie per le classi sociali meno abbienti che in 30 anni hanno visto dimezzato il potere di acquisto accrescendo il numero dei senza tetto, dei tossici di fentanyl che affollano le aree metropolitane.

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