Confisca delle riserve russe in Occidente: una mossa rischiosa del G7
Riguardo il vertice G7 in corso di svolgimento in Italia, la migliore descrizione viene probabilmente offerta da Politico, che definisce il vertice di quelli che una volta erano considerati i 7 grandi della Terra una cena d’addio invece che una dimostrazione del potere occidentale. Sei “anatre zoppe” e Giorgia Meloni: evidenzia il quotidiano statunitense.
Il vertice del G7 nel Sud Italia rappresenta forse il più debole incontro di leader che il gruppo abbia riunito negli ultimi anni. La maggior parte dei leader presenti non naviga in buone acque, alle prese con tracolli elettorali o con crisi interne e resta aggrappato disperatamente al potere.
Pertanto, i leader di Francia e Gran Bretagna, rispettivamente Emmanuel Macron e Rishi Sunak, stanno conducendo campagne elettorali anticipate, che si annunciano come un ultimo disperato tentativo di riconquistare il terreno perduto.
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz è stato umiliato dall’estrema destra alle elezioni per il Parlamento europeo lo scorso fine settimana e potrebbe presto perdere il suo posto.
Justin Trudeau, che è stato Primo Ministro del Canada per nove anni, parla apertamente di lasciare il suo lavoro “folle”.
Il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha un basso tasso di approvazione in vista delle elezioni interne del partito previste per la fine di quest'anno.
Joe Biden, dopo il verdetto di colpevolezza di suo figlio, deve affrontare anche la seria minaccia di perdere le imminenti elezioni presidenziali a favore di Donald Trump.
Solo Giorgia Meloni è reduce da un’affermazione elettorale.
Questo è il quadro in cui viene decisa un’ulteriore azione ostile contro la Russia. Pericolosa e gravida di conseguenze per il declinante mondo occidentale.
I leader dei Paesi del G7 hanno concordato un prestito di 50 miliardi di dollari all'Ucraina, che sarà garantito dagli interessi sui profitti dei beni russi congelati. I dettagli dell'accordo sono ancora in fase di discussione, ma secondo l'Associated Press, il regime di Kiev potrebbe ricevere il denaro entro la fine dell'anno.
Gli alleati occidentali, però, non possono semplicemente appropriarsi di 300 miliardi di dollari di beni russi, la maggior parte dei quali sono detenuti in Europa. Per più di un anno, i funzionari di vari Paesi hanno discusso sulla legalità della confisca del denaro e del suo invio all'Ucraina, si legge nell'articolo.
Tuttavia, sebbene i beni siano immobilizzati e Mosca non possa accedervi, essi appartengono ancora a Mosca. Per portarli via è necessario un ulteriore livello di procedura legale, quindi l'idea del prestito sembra una strada percorribile per il G7, spiega l'agenzia.
La maggior parte del denaro arriverebbe sotto forma di prestito dal governo statunitense. Il prestito sarebbe in gran parte garantito da Washington, ma potrebbe essere "integrato" da fondi europei o da altri contributi nazionali, sostiene l'articolo, citando un funzionario francese anonimo.
Allo stesso tempo, la fonte ha affermato che se la Russia riprende il controllo dei suoi beni congelati o se questi non generano interessi sufficienti a ripagare il prestito, "ci sarà una questione di condivisione degli oneri". Chi si assumerà l'onere resta da vedere, ha aggiunto il funzionario.
In precedenza, Max Bergmann, direttore del programma Europa, Russia ed Eurasia presso il Centro di studi strategici e internazionali, aveva dichiarato che i ministri delle finanze europei sono preoccupati. Secondo Bergmann, i ministri delle finanze europei temono che i loro Paesi debbano "versare la pappa se l'Ucraina è inadempiente".
La maggior parte dei beni sequestrati nell'Unione Europea è depositata presso Euroclear. L’anno scorso hanno realizzato un utile netto di quasi 5 miliardi di dollari. E per il primo trimestre di quest'anno l'utile netto ammonta già a circa 1,7 miliardi di dollari. Bloomberg chiarisce che il profitto annuo derivante dai beni congelati della Federazione Russa è stimato dagli esperti a 3-5 miliardi di euro.
Da Mosca sono già arrivate le prime risposte a questo nuovo atto ostile verso la Russia. Una misura che rischia di nuovo di colpire fortemente l’Europa. Ma, evidentemente, alle “anatre zoppe” poco importa dei danni provocati ai propri paesi e alle popolazioni. Loro dimostrano ancora una volta di avere una sola priorità: gli interessi geopolitici di Washington.
L'imminente ritorsione della Russia contro l'utilizzo dei beni congelati per l'Ucraina sarà estremamente dolorosa per Bruxelles. Lo ha dichiarato la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, durante un regolare briefing con la stampa.
Secondo Zakharova, la Russia ha abbastanza proprietà e denaro europeo, quindi l'Europa "dovrà pagare per la sua follia innanzitutto dal proprio portafoglio".
"Indirizzare i fondi effettivamente rubati alla Russia alle avventure militari del regime di Kiev e dei suoi protettori è criminale, è cinico, rappresenta un altro colpo al diritto internazionale", ha osservato la diplomatica.
Il portavoce del presidente russo Dmitry Peskov ha affermato che Mosca adotterà misure di ritorsione se i suoi beni congelati verranno confiscati a favore di Kiev, comprese azioni legali.
È necessario cercare ogni giorno di infliggere il massimo danno a quei paesi che hanno imposto sanzioni contro la Russia e i cittadini russi. Ha invece affermato il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev sul suo canale Telegram.
Medvedev ha anche chiesto di causare “danno a tutto ciò che può essere danneggiato”: l’economia, le istituzioni, il governo, il benessere dei cittadini e la fiducia nel futuro. Per fare questo, a suo avviso, è necessario cercare i punti di vulnerabilità nelle loro economie e “colpirli in tutti i settori”, paralizzare il lavoro delle aziende e delle istituzioni governative, individuare problemi nelle tecnologie più importanti e colpirle, distruggere la loro energia, industria, trasporti, banche e servizi sociali.
Inoltre, il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza ha proposto di trasferire agli oppositori dell'Occidente tutti i possibili tipi di armi, ad eccezione, per ora, di quelle nucleari.
Quale ritorsione?
Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato nel maggio di quest'anno un decreto in base al quale i tribunali russi possono utilizzare i beni statunitensi in territorio russo, mobili e immobili, compresi quelli di organizzazioni e cittadini statunitensi, per compensare il sequestro di beni russi negli Stati Uniti. Uguale sarà la sorte dei beni europei e degli altri vassalli occidentali che decideranno di accodarsi a questo clamoroso furto.
"Abbiamo anche noi una risposta pronta", dichiarava nel mese di aprile Valentina Matviyenko, presidente della Camera alta del Parlamento russo, citata dall'agenzia di stampa RIA Novosti. "Abbiamo un progetto di legge, che siamo pronti a esaminare immediatamente, sulle misure di ritorsione".
"E gli europei perderanno più di noi", tuonava Matviyenko, che è membro del Consiglio di sicurezza russo.
Il Cremlino ha ripetutamente affermato che qualsiasi sequestro dei suoi beni andrebbe contro tutti i principi del libero mercato proclamati dall'Occidente e che minerebbe la fiducia nel dollaro statunitense e nell'euro, scoraggiando gli investimenti globali e minando la fiducia nelle banche centrali occidentali.
Alcuni funzionari russi hanno suggerito che se i beni di Mosca vengono confiscati, anche i beni degli investitori stranieri bloccati in conti speciali di tipo "C" in Russia potrebbero subire lo stesso destino.
Non è chiaro quanto denaro ci sia esattamente in questi conti.
Lo speaker della Camera bassa del Parlamento russo, Vyacheslav Volodin, a tal proposito spiegava che la Russia ha le basi per confiscare i beni occidentali.
Dei 280 miliardi di dollari di beni russi congelati all'estero, solo 5-6 miliardi di dollari si trovano negli Stati Uniti, mentre circa 210 miliardi di euro sono bloccati nell'Unione Europea.
L’Euro affonda?
L'Europa "dovrà pagare per la sua follia innanzitutto dal proprio portafoglio", sono state le parole di Maria Zakharova. Vediamo a cosa si riferisce la diplomatica russa. La confisca dei beni appartenenti ad altri Stati è accettabile e legalmente permessa solo in situazioni di guerra conclamata, come dimostrato dagli esempi della Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, l'Occidente non è in guerra con la Russia anche se cerca continuamente di entrarci direttamente in questa guerra. Tale situazione rende la confisca dei beni russi un problema legale significativo, in quanto contrasta con il tanto sbandierato principio dello stato di diritto che governa i paesi occidentali.
Esaminando la distribuzione delle riserve valutarie globali, emerge chiaramente la predominanza delle valute occidentali, in particolare del dollaro statunitense. L'euro rappresenta circa il 20% delle riserve mondiali, mentre le valute anglosassoni (dollaro statunitense, canadese, australiano e sterlina britannica) costituiscono più dei due terzi di tutte le riserve mondiali. Questo nonostante le leggere fluttuazioni nel tempo.
Questi quattro paesi rappresentano meno del 6% della popolazione mondiale. Se aggiungiamo l'euro e lo yen giapponese, possiamo affermare che le valute delle economie che ospitano meno di un ottavo della popolazione mondiale rappresentano ben oltre il 90% delle riserve valutarie globali.
Una delle principali ragioni di questa situazione è la presunta solidità e affidabilità dello stato di diritto in questi paesi: la prevedibilità dei sistemi legali e l'applicabilità delle obbligazioni giuridiche. Decisioni politiche di confisca dei beni sarebbero fortemente incompatibili con questi principi, minandoli alla base.
Inoltre, la confisca dei beni colpirebbe in modo sproporzionato l'euro, poiché gran parte delle riserve della Russia è denominata in euro. Il rischio di compromettere lo status di valuta di riserva sicura riguarda quindi principalmente la moneta unica europea. Un effetto collaterale indesiderato – forse cercato da qualcun altro? - potrebbe essere il rafforzamento del ruolo delle valute anglosassoni come riserve. Questo scenario solleva interrogativi sulle intenzioni dei leader europei riguardo alle loro politiche economiche e monetarie, soprattutto in una fase dove il dollaro statunitense si trova in grande difficoltà e le economie emergenti lottano per superare il dominio della valuta statunitense nell’economia mondiale.
I costi
Il passaggio dal congelamento indefinito dei beni alla confisca totale avrebbe un impatto significativo sui mercati finanziari globali.
La confisca permanente dei 300 miliardi di dollari di riserve valutarie russe (il 2,5% del totale globale) detenute in paesi non in guerra con la Russia aumenterebbe il rischio percepito da altre nazioni, come Cina, India e Arabia Saudita, che attualmente detengono significative quantità di tali risorse. Questi paesi temerebbero di poter essere soggetti a misure simili.
Le questioni legali relative alla riproposizione dei beni statali sanzionati probabilmente comporteranno rendimenti più elevati per gli asset in valute occidentali. Anche un piccolo incremento del rischio percepito, di soli 5 punti base, sul debito pubblico dei paesi del G7 di 60 trilioni di dollari, costerebbe 30 miliardi di dollari l'anno. Se questo proseguisse indefinitamente, il costo totale a valore attuale netto (NPV) per il G7 supererebbe facilmente i risparmi derivanti dalla riproposizione dei beni sanzionati.
Esiste anche il rischio che i costi finanziari possano essere molto più alti, con danni che si estenderebbero all'economia reale. Questo potrebbe accadere se la confisca dei beni statali russi fosse accompagnata da ritorsioni delle autorità russe contro beni privati o multilaterali controllati dall'Occidente ancora presenti in Russia. Cosa che come abbiamo visto che autorità di Mosca hanno già annunciato.
Insomma, gli estremisti guerrafondai che siedono a Bruxelles hanno ancora una volta deciso di sacrificare le economie e il benessere dei popoli europei sull'altare degli interessi di Washington.