Caro Mattarella, sì questo 2022 sarà un anno di lotta!

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Egregio Presidente,
 
ieri ho ascoltato il suo discorso. Non lo faccio mai: forse in 35 anni era la prima volta che ascoltavo il discorso di fine anno dal Quirinale dalla prima all’ultima parola. Non se la prenda, è che ho sempre trovato molto noiosi e retorici quegli interventi. Questa volta però è diverso: siamo in una fase drammaticamente storica per il nostro paese e penso sia giusto partecipare, in ogni momento. Le sue parole mi hanno colpito: spesso durante la cena di ieri ho pensato di volerle rispondere. Ed eccomi qua.
 
Le dico subito che il suo discorso non mi è piaciuto. O, meglio, diciamo che non mi ha convinto: il fatto è che ascoltandola in molti passaggi sono restato di stucco. Presidente, in certi passaggi mi sono persino domandato se lei e io vivessimo nello stesso paese.
Ha parlato di Europa solidale, di risposte economiche adeguate a fronteggiare il disastro della crisi sanitaria, ma guardi che qui non è arrivato ancora nulla: i piccoli imprenditori hanno goduto di ristori assolutamente inadeguati, spropositatamente inferiori ai danni che hanno subito. Molte lavoratrici e molti lavoratori hanno già perso il proprio posto di lavoro. Senza contare la divisione interna: il paese avrebbe dovuto uscirne migliore, ma qui pare di assistere ad una caccia all’untore ogni giorno, giorno dopo giorno, in un incubo che stenta a terminare e che la politica pare voler alimentare. La politica e l’informazione: quest’ultima ha disertato il suo compito, quello di “cane da guardia” del potere, asservendosi piuttosto come un remissivo bassotto ai piedi di chi governa. E adesso ci arriviamo a chi governa.
 
Ha parlato di giovani, di precarietà, e le confesso che sono letteralmente saltato dalla sedia quando ha aperto quel suo passaggio del discorso. Sa, in tutta franchezza e col massimo riguardo, in quel momento ho pensato: «ma che fa? Ci prende anche per il culo?». Noi italiani siamo un popolo verace, anche nei pensieri, mi perdonerà. E si l’ho pensato perché è inutile nascondere il fatto che sia stato proprio lei a volere Mario Draghi alla guida del governo: e chi è Draghi?
 
La stampa ne dà un’immagine ben precisa, quella di salvatore della patria, colui il quale – mediante l’esercizio quotidiano del suo taumaturgico “effetto Draghi” – produce i risultati più impensabili, persino la vittoria dei campionati europei di calcio e delle medaglie d’oro alle olimpiadi per gli azzurri. La verità ovviamente non può essere questa e se davvero oggi è possibile proporre una narrazione di questo tipo, tanto offensiva dell’intelligenza degli italiani, è solo perché il paese è stato ridotto ai minimi termini, prostrato come forse mai lo è stato, politicamente anchilosato.
 
Parlare di giovani, di precarietà da combattere, dopo aver voluto Draghi a Palazzo Chigi è una contraddizione in termini, un cortocircuito assoluto. Nel 2011, con quella famosa lettera inviata dalla BCE, Draghi (con Trichet) impose al paese una serie di riforme drammatiche per il mondo del lavoro e le ottenne, portando la precarietà ai massimi storici: oggi tutto è precario sui luoghi di lavoro, tutto. Ottenne il “decreto Sacconi”, col quale per la prima volta il contratto di prossimità (siglato in azienda, dove il sindacato è più debole) ha persino il potere di peggiorare le previsioni contenute nella legge, una roba mai vista e manco pensata in italia fino a quel momento (venne adoperato in AlmavivA, ve la ricordate quella storia?); ottenne la “legge Fornero”, con la quale, oltre al disastro sulle pensioni, si allentarono i limiti al ricorso ai contratti precari e di destrutturò l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (molti di noi ancora piangono per questo, non riuscendo ad aiutare lavoratrici e lavoratori allontanati illegittimamente dai luoghi di lavoro senza speranza di reintegra); ottenne il Jobs Act, la peggiore riforma in materia di lavoro che sia mai stata realizzata, la sublimazione della precarietà, soprattutto per i giovani perché coloro i quali sono stati assunti dopo il 7 marzo 2015 subiscono regole ancora meno protettive di quelle individuate dai governi precedenti.
 
E oggi Draghi come si sta comportando? Ha forse cambiato approccio? Per carità! Pensi che recentemente ha provato a facilitare enormemente il ricorso al lavoro in somministrazione (quello più precario di tutti, dove sei dipendente di una agenzia che ti somministra ad un utilizzatore, proprio come si farebbe con un cacciavite, quello che un tempo si chiamava lavoro “interinale”) e fortunatamente gli è andata male. A luglio però è riuscito ad allentare i limiti al ricorso al contratto a tempo determinato, stabilendo peraltro che le regole sul suo utilizzo possano essere disegnate mediante contrattazione collettiva (anche aziendale, negli angoli più oscuri, dove il sindacato è tendenzialmente più debole), invece che riservare tale compito alla legge, sotto gli occhi dell'opinione pubblica nazionale.
 
Oggi le lavoratrici e i lavoratori italiani sono precari fin dentro le ossa e lo sono grazie alle politiche ispirate anche da chi oggi è a capo del governo. E a governare, caro Presidente, ce lo ha messo proprio lei. E forse spera intimamente che sia lo stesso uomo a succederle.
 
Anche di morti sul lavoro ha parlato nel discorso di fine anno: mi dica una cosa, Presidente, ritiene che un precario, col rischio di perdere il lavoro da un momento all’altro, sia nella migliore condizione di rivendicare il rispetto delle regole in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro? Anche quelli sono morti di precarietà: il ragionamento è uno solo e a fronte di circa 1000 morti sul lavoro registrati nel 2021, forse è il caso di rivederle quelle scelte.
 
Mi sono dilungato troppo e concludo. Mi è piaciuta molto la parte nella quale invita i giovani a partecipare, mi sembra ci abbia chiesto di mordere la vita. Penso abbia davvero ragione: i giovani, che come dice lei sono i protagonisti del presente, hanno il dovere di combattere, di lottare. Dobbiamo lottare per fermare la politica nefasta che ha voluto il suo predecessore al colle, la stessa che ha voluto che lei diventasse Presidente della Repubblica e la stessa che vorrà portare al Quirinale il suo successore (che spero non sia proprio Draghi): i giovani hanno il compito di lottare contro la politica che lei rappresenta, Presidente, quella che ha fatto della precarietà l’unico vero obiettivo da raggiungere, quella che ha reso i giovani subalterni al proprio tempo, attori marginali della storia che li avrebbe meritati protagonisti.
 
Caro Presidente, raccoglieremo il suo invito, questo 2022 sarà un anno di lotta: lotteremo per il nostro paese, perché sia giusto, perché sia equo, perché la Costituzione torni ad essere vigente e a proteggere ognuno di noi. Lo faremo noi, al posto suo.

Savino Balzano

Savino Balzano

Savino Balzano, nato a Cerignola nel 1987, ha studiato Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Perugia. Autore di "Contro lo Smart Working" (Laterza, 2021) e di "Pretendi il Lavoro! L'alienazione ai tempi degli algoritmi" (GOG, 2019). Sindacalista, si occupa di diritto del lavoro, collabora con diverse riviste.

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