La volontà di potenza globale di una “persona facoltosa”

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La volontà di potenza globale di una “persona facoltosa”

di Adriana Bernardeschi - Futura Società

Sebbene al momento smentito, l’accordo fra Elon Musk e il governo italiano si subodora da più di un elemento in gioco. L’immenso potere mediatico ed economico del magnate è sempre più strumento di una volontà di potenza che mira a dirigere la politica globale.

In epoca di delicati equilibri di guerra e visite diplomatiche lampo oltreoceano in cui ci si indebita con Trump in cambio del favore di esentarci dall’estradare Mohammad Abedini Najafabadi (in quel momento incarcerato senza concessione di garanzie e diritti, esattamente come lamentato per la giornalista Cecilia Sala, la cui liberazione è stata fulminea dopo la visita a Washington, seguita dal rilascio di Abedini pochi giorni dopo), molto si è parlato di un presunto accordo tra la nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il magnate della tecnologia, Ceo di Tesla e SpaceX, Elon Musk, in cui sarebbe previsto un contratto pluriennale di 1,5 miliardi fra il governo italiano e il magnate per una serie di servizi di telecomunicazione affidati ai satelliti Starlink.

L’accordo, sebbene ufficialmente smentito dal nostro governo, è già stato al centro di molte speculazioni. Musk, figura emblematica della Silicon Valley e simbolo del capitalismo globale, ha sempre operato con l’intento di ridefinire le dinamiche di potere attraverso l’innovazione tecnologica. Il suo impero economico, che spazia dalle automobili elettriche Tesla fino alla conquista dello spazio con SpaceX, è di fatto attore di un imperialismo tecnologico che interagisce con governi e strutture di potere a livello globale per rafforzare la sua posizione e quella dei grandi gruppi tecnologici e industriali suoi alleati. Un accordo con l’Italia andrebbe, dunque, collocato nella logica di una egemonia Usa sempre più forte e prepotente con i suoi Stati vassalli, alla faccia del sovranismo di facciata di Meloni.

Il “colonialismo tecnologico” che si consoliderebbe con tale accordo porterebbe a un ulteriore svuotamento del potere decisionale delle nostre istituzioni, nel momento in cui già moltissime decisioni fondamentali riguardanti l’economia digitale, l’energia, la sostenibilità, sono sempre di più prese negli States. Superfluo ricordare, riguardo alla proclamata ideologia “green” promossa da Musk, che sotto la maschera della sostenibilità quello che viene portato avanti è un modello di sviluppo che continua a perpetuare logiche imperialiste, approfittando delle risorse dei Paesi più poveri mentre concentra la ricchezza nelle mani di una élite globale. L’espansione di Musk e delle sue aziende si inserisce, infatti, in un modello che consolida la divisione fra Paesi più ricchi e industrializzati come centri di innovazione e produzione avanzata, e Paesi più poveri relegati a ruoli subalterni nell’estrazione di risorse e nella gestione delle fasi meno allettanti della produzione. Tutto questo attraverso il controllo delle risorse energetiche e minerarie e il dominio delle reti digitali e delle infrastrutture globali.

C’è, però, un altro aspetto della questione che assume tratti particolarmente inquietanti. Oggi orbitano attorno al nostro pianeta oltre settemila satelliti, la fetta di gran lunga maggiore dei quali di proprietà Starlink, cioè dell’azienda di Musk, il quale si è di fatto appropriato dello spazio extra-atmosferico, peraltro contravvenendo agli accordi del Trattato sulle attività nello spazio extra-atmosferico siglato a Washington nel 1967 e approvato successivamente da quasi tutti i Paesi membri dell’Onu. L’uso dello spazio extra-atmosferico da parte delle migliaia di satelliti di proprietà di Musk (e non solo) non avviene infatti, come prevederebbe il trattato, “a beneficio e nell’interesse di tutti i Paesi”, bensì a vantaggio degli interessi di Musk, che può accumulare illegittimamente profitto e potere utilizzando uno spazio che appartiene a tutta l’umanità. Il paventato contratto Musk-Italia significherebbe, dunque, affidare al controllo del magnate tutte le informazioni diplomatiche, militari, le comunicazioni in tema di sicurezza pubblica, di protezione civile, i dati dei servizi segreti dello Stato.

L’arroganza sfacciata con cui Musk si sente in diritto di interferire nella politica dei Paesi europei è stata eclatante. In Inghilterra ha attaccato con offese esaltate il premier inglese Keir Starmer e la ministra laburista Jess Phillips, avanzato ingerenze sulla leadership del partito sovranista Reform UK, sostenuto l’attivista fascista Tommy Robinson. In Germania ha espresso il proprio sostegno nelle prossime elezioni tedesche all’estrema destra di Alternative für Deutschland, offrendo ad Alice Weidel il palcoscenico della sua piattaforma social X – e qui la candidata si è lanciata in falsi storici su Hitler, che è stato definito “libertario” e “comunista socialista”. Nel nostro Paese è entrato a gamba tesa nel sistema giudiziario, attaccando i giudici del tribunale di Roma che hanno sospeso la convalida del trattenimento per sette migranti nel Cpr in Albania. Sempre in tema migrazioni, ha definito “organizzazione criminale” l’organizzazione umanitaria Sea Watch che si occupa di salvataggi in mare.

Non si tratta semplicemente, come dichiarato da Meloni, di una “persona facoltosa” che “esprime le sue posizioni”. Musk è, infatti, non solo padrone di un impero aziendale, ma anche un futuro ministro dell’amministrazione Trump. E l’oligarca tecnologico, per tornare alla questione del mondo della comunicazione e di Starlink, possiede un potere di condizionamento politico enorme attraverso la sua piattaforma X e il quasi monopolio della trasmissione satellitare di informazioni.

Le smentite della presidente del Consiglio non sono convincenti. In alcuni talk show il direttore del «Secolo d’Italia», Italo Bocchino, quindi assai vicino politicamente alla premier, ha ripetutamente affermato che l’affidamento a Musk è pressoché obbligatorio in quanto egli detiene un numero di satelliti di ordine assai superiore agli altri e quindi sarebbe in grado di offrire un servizio migliore. Queste sue esternazioni lasciano intuire che potremmo essere di fronte a una decisione già presa.

La vicinanza estrema di Meloni con l’uomo più ricco del pianeta, si siano parlati o meno dell’affare, assume in ogni caso una rilevanza enorme. Mentre Musk, tramite la sua impresa, tratta con il governo italiano per ottenere il monopolio di un delicatissimo ramo, la presidente del Consiglio lo elogia come un paladino della libertà e quindi il più probabile assegnatario del contratto. Quindi, non serve che Meloni parli con Musk perché quest’ultimo ha già praticamente in tasca la concessione.

È di questi giorni anche la notizia che Elkann, il patron di Stellantis, anch’egli – guarda caso – elogiato da Meloni, nonostante abbia concorso allo smantellamento dell’industria automobilistica italiana, ha stipulato un accordo con Tesla di Musk per bypassare le sanzioni dell’Ue in fatto di emissioni di CO2. Si tratta di comprare dalla casa americana i crediti, previsti dal vergognoso accordo Cop, che, come le indulgenze, purificano dal peccato di inquinamento atmosferico al costo di 10 miliardi di euro.

Alla luce di tutto ciò, bisogna fare una riflessione accurata sull’opportunità di affidare a SpaceX la gestione delle comunicazioni del nostro Paese. Come Meloni stessa ha detto, si tratta infatti di “tema di sicurezza nazionale”. Fra l’altro, nel caso si arrivasse ad affidare a Musk la gestione delle comunicazioni di Stato italiane, vanno tenute presenti le implicazioni che ciò avrebbe anche sul piano della tutela della privacy dei cittadini, essendo la piattaforma digitale di Musk uno strumento di profilazione degli utenti, ed essendo il proprietario in procinto di avere un ruolo di rilievo nel governo Usa.

Ci troviamo, dunque, di fronte alla complessa interazione di interessi politici, economici, personali, istituzionali, che ormai hanno sdoganato il paletto della democrazia liberale e delineano un futuro tecnologico all’insegna del sostegno alle oligarchie finanziarie. E dove l’Europa è sempre più elemento strategico nella guerra, commerciale e militare, che gli Usa portano avanti verso la parte del mondo non allineata al proprio impero.

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