Federico Rampini e "il resto del mondo"

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Federico Rampini e "il resto del mondo"


di Paolo Desogus*


Con un tono a metà tra arroganza e preoccupata ironia Federico Rampini ha definito i paesi riunitisi oggi in Cina, per il vertice dell'Organizzazione per la Cooperazione, “il resto del mondo”. Rampini sa che in realtà il resto del mondo siamo noi occidentali, esclusi dall’incontro. Sa che i capi politici invitati a Tianjin rappresentano 3 miliardi di persone, mentre UE, GB e USA insieme non arrivano a 900miloni. Rampini però ci scherza su, fa la battutina per dissimulare un fatto storico oramai chiaro ed evidente: la marginalità dell’Europa.

Gli Stati Uniti, quantunque in declino, conserveranno ancora per un po’ un grado di influenza notevole. La loro l’economia resta la più importante del pianeta. E il loro esercito è ancora quello più teconologico e grande, con alle spalle una significativa esperienza sul campo.

La centralità unilaterale degli USA non è però più sostenibile. Non lo è per il loro debito stratosferico e per la sempre più debole forza del dollaro. Non lo è per la sempre più grande importanza dei paesi asiatici che Xi Jinping ha messo insieme (tra cui due paesi tra loro ostili, India e Pakistan). E non lo è soprattutto per la crisi etico-politica che ha eroso lo spirito imperiale americano. Se sino a venti o trent’anni fa poteva apparire normale che un cittadino americano si arruolasse e partisse per combattere in una guerra lontana in nome dei valori americani, oggi questo fatto non è più scontato.

Il cosiddetto sogno americano è fasullo. È una bufala hollywoodiana. La stessa ascesa di Trump ne è la rivelazione: dietro la vecchia retorica dell’impresa, dell’individuo che con le sue capacità si risolleva e trova le risorse per potersi esprimere e affermare si nascondeva ciò che Trump ora esibisce ogni giorno, e cioè l’arbitrio del potere, l’uso volgare della forza, la tutela degli interessi dei dominanti, la strafottenza dei ricchi sui più poveri, il razzismo del capitale verso i lavoratori, e tutto questo condito con una cultura edonista miserabile e adolescenziale, anche nelle sue punte sedicenti progressive, come nel caso delle degenerazioni della woke.

A fare le spese della perdita di centralità degli USA siamo per il momento noi europei che ci siamo bevuti tutte quelle sciocchezze. È questo un fatto epocale, di cui si ha cognizione da molto tempo, ma che ora si manifesta in tutta la sua brutalità: per la prima volta nella storia non è l’Europa che colonizza gli altri, ma sono gli altri che esercitano su noi europei il potere della sottomissione e dello sfruttamento.

Nell’arco di pochi anni gli USA ci hanno costretti a una guerra che non volevamo e che era contro i nostri interessi. Dopo averci fatto pagare cara la rottura commerciale con la Russia ci hanno spinti a comprare le loro materie prime a prezzi raddoppiati. Ora però decidono di disimpegnarsi dal conflitto ma ci obbligano a farci carico delle responsabilità militari. Ci impongono dunque di comprare tonnellate di armi, prodotte dalle loro industrie, ma pagate con soldi nostri, che tra l’altro non abbiamo. Per rendere tutto più comico, gli USA progettano pure di levare le sanzioni alla Russia, che invece noi teniamo e incrementiamo in modo irrazionale, spesso a nostro stesso danno. In tutto questo, come se non bastasse, gli USA svalutano la loro moneta e impongono i dazi ai nostri prodotti con la minaccia di quadruplicarli qualora ci saltasse in mente l’idea di fissarne di nostri sulle merci statunitensi.

Siamo un continente colonizzato. Siamo un ammasso di paesi politicamente falliti, uniti sotto un’unica bandiera, quella dell’Ue, priva di reale significato che non sia il frutto di artifici a cui crede la minoranza più privilegiata degli europei. Presi singolarmente i nostri singoli stati sono politicamente sfibrati, svuotati di ragioni morali, guidati da gruppi dirigenti legittimati da un sistema economico teorizzato negli Usa, il quale esige che i governanti siano dei perfetti imbecilli o che si comportino come tali. Paesi come Francia e Germania hanno oggi un personale politico di infimo livello, tanto che persino una scappata di casa come a Giorgia Meloni, del resto cresciuta fuori dai salotti europei, riesce a fare bella figura.

In Europa non c’è più cultura politica. Il liberalismo è una barzelletta popolata da servi del capitale o da personaggi ridicoli. Il pensiero socialista non esiste più se non attraverso sigle vuote; sopravvive al massimo in qualche isolata personalità. Il marxismo è stato ridotto invece a una delle tante teorie accademiche, a “un bene di cultura”, ma politicamente è marginalissimo. Il pensiero cattolico sociale ha ancora qualche forza, ma è in crisi con se stesso: sul piano culturale si è fatto scioccamente ingabbiare sui temi etici e, politicamente, non sa o non accetta che l’unica partita che può giocare oggi è all’opposizione recuperando il proprio dossettiano spirito anticapitalista: il compromesso tra cattolicesimo sociale e libertà di mercato non è più possibile (non lo è mai stato) ed è folle riproporlo, a meno di non svolgere un ruolo puramente servile, come quello di Comunione e liberazione.

In compenso però in Europa pullulano i neofascisti, spesso molto vicini alle forze conservatrici tradizionali. E più la crisi morde, più gli USA ci bastonano e più questi gruppuscoli crescono e si radicano.

La sintesi di tutto questo è che ora noi siamo il resto del mondo, siamo lo scarto del potere americano. Cina, India, Russia e persino la Turchia progettano un nuovo ordine mondiale dal quale saremo tagliati fuori. Non solo dobbiamo ancora subire l’egemonia americana, ma ci prepariamo a subire presto anche quella asiatica.

*Post Facebook del 31 agosto 2025

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