Alessandro Di Battista: "Si aspetta la morte di Assange per fare l'elogio di un defunto che non può più nuocere ai potenti"

Alessandro Di Battista: "Si aspetta la morte di Assange per fare l'elogio di un defunto che non può più nuocere ai potenti"

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di Alessandro Di Battista

Quest'uomo, da quasi 10 anni, non vede la luce del sole. Pensateci un istante. Pensate a dove eravate 10 anni fa e a cosa stavate facendo. Ebbene da allora Assange non ha più libertà. A volte mi stupisco che sia ancora vivo. Giorni fa ha avuto un ictus (per fortuna lieve) dovuto alle disumane condizioni di vita oltre che al dolore per essere in prigione senza aver commesso alcun delitto.

Assange non ha ammazzato nessuno. Semmai ha mostrato gli assassinii commessi in nome della democrazia. Assange non ha corrotto nessuno. Semmai ha svelato casi di corruzione internazionale. Assange non ha preso i nostri soldi, semmai ci ha mostrato dove miliardi e miliardi delle nostre tasse siano finiti: nelle guerre senza fine. Come quella in Afghanistan. Guerre nate non per esser vinte ma solo per esser combattute decenni interi per la gioia dei produttori di armi. Eppure Assange è in carcere. E temo ci morirà in carcere. Se ciò dovesse avvenire i principali responsabili saranno i giornalisti silenti. Gli ignavi della carta stampata. Gli editorialisti incapaci di abbandonare la loro comfort zone. Sono loro i più grandi sicari della libertà di stampa. Più dei politici, più dei potenti, più della CIA, più del Pentagono. Sono loro i più grandi traditori di Assange.

I giornali più conformisti del Paese si scandalizzano per le fake-news di qualche cazzone ma tacciono sulle menzogne dei potenti. Menzogne che, come per la guerra in Iraq, hanno provocato centinaia di migliaia di morti. Forti con le balle dei deboli e deboli con le bugie del sistema. Facile, molto facile, fare i giornalisti così.

Assange in un mondo normale, sarebbe in giro per le università del mondo intero a ricevere applausi. Gli avrebbero consegnato il Premio Nobel per la Pace. Si godrebbe la famiglia. Invece, nel mondo alla rovescia, marcisce in carcere. Per adesso in una prigione di massima sicurezza britannica (la Guantanano dell'UK), un domani, chissà, in una prigione americana, anche se penso che difficilmente ci arriverebbe vivo.

Viviamo in un mondo di merda dove il carrierismo uccide gli ideali. Un mondo in cui un eroe è in carcere da 10 anni senza che ciò provochi sufficiente indignazione. Ed è anche un mondo stupido. Come non capire che il futuro di Assange è legato al futuro di tutti noi? Come non capire che la sua prigionia e la sua estradizione (tra l'altro verso un Paese che in passato pensò anche di ucciderlo) ha a che fare con la libertà di stampa dunque con il diritto ad essere informati? Come non capire che l'obiettivo è "ESTRADARNE UNO PER EDUCARNE CENTO", ovvero silenziare sul nascere tutte le voci libere di questo mondo terrorizzate di fare la fine di Julian?

Se Assange avesse pubblicato documenti top-secret prodotti dall'intelligence russa o se, braccato dagli uomini di Putin, si fosse rifugiato nell'ambasciata inglese di Mosca, tutti i pennivendoli nostrani l'avrebbero dipinto come un eroe. Il Parlamento europeo avrebbe imposto sanzioni alla Russia, i Presidenti occidentali avrebbero promosso riunioni straordinarie, i giornali italiani avrebbero pubblicato speciali su speciali. Invece qui si aspetta la sua morte per piangere qualche lacrima di coccodrillo o per fare l'elogio di un defunto che non può più nuocere ai potenti.

Solo da morto Assange verrà glorificato dalla stampa. D'altronde da morto sarà simile alla stragrande maggioranza dei giornalisti di regime. Muto. Proprio come loro.

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