Sul decadimento della "giornata della memoria"

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Sul decadimento della "giornata della memoria"


di Paolo Desogus

Sono nato nel 1980 e la mia generazione è forse quella che più di tutte ha partecipato alla grande opera di sensibilizzazione sul tema dell’Olocausto. Questo lavoro pedagogico iniziava a scuola con Il diario di Anna Frank e negli anni proseguiva con la lettura degli scritti di Primo Levi, autore a mio avviso davvero eccezionale, con la visione di film, documentari e incontri con i sopravvissuti. L’attenzione era giustamente concentrata soprattutto sullo sterminio degli ebrei, sul razzismo nazista e sulla vergognosa complicità dell’Italia con le leggi del 1938. Non ricordo tuttavia docenti che si dimenticassero di spiegare che l’Olocausto ha riguardato anche l’omicidio sistematico degli oppositori politici, soprattutto comunisti, degli zingari, degli omosessuali e di altri gruppi classificati dai nazisti come inferiori.

La giornata della memoria, ricordando la liberazione di Auschwitz da parte dell’Armata rossa, doveva dunque servire per elaborare la coscienza delle generazioni future, affinché quel male non si verificasse più contro qualsiasi popolo: “mai più”.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un decadimento della giornata della memoria. Il suo significato ha cominciato a perdere il suo senso originario, complice anche il pericoloso uso della storia, che specie la destra italiana agita come strumento di deligittimazione e di squalificazione degli avversari politici (“E allora le foibe?”).
 
A questo ripiegamento tutto italico si è aggiunto l’uso che una parte dello stato di Israele fa dell’Olocausto. Il fatto si è ripetuto anche in occasione della denuncia alla corte internazionale di giustizia dell’Aja qualche giorno fa, quando tra gli argomenti in propria difesa Israele ha affermato che le sue politiche militari non possono essere genocide dal momento che il suo popolo ne è stato vittima. Il suo impiego della forza sarebbe infatti giustificato con l’obiettivo di impedire che si riverifichi quel tragico fenomeno. Come vedete, Israele, oggi guidato da un manipolo di fanatici estremisti che piacciono tanto ai benpensanti dei nostri giornali “moderati”, ha rovesciato lo spirito che animava la giornata della memoria: siamo passati da “affinché non accada più a nessuno”, alla versione degradata “affinché non accada più agli ebrei”. Con questa lettura il carattere universale della giornata della memoria viene meno per assumere un significato parziale e ideologico, se non addirittura ipocrita.

A questa involuzione si aggiunge un altro fatto più generale, ovvero la destoricizzazione dei fenomeni politici e della stessa memoria. Nel caso dell’Olocausto, questo fatto si è verificato con l’impiego della categoria del “male assoluto”. Probabilmente molti usano il termine “assoluto” in modo distorto, ma assai diffuso nel linguaggio corrente, ovvero come sinonimo di “male più grande, senza eguali”. In realtà “assoluto” ha un altro significato: assoluto è ciò che è sciolto da qualsiasi relazione, ciò che si determina in quanto tale. Da questa definizione capiamo benissimo che il male non è mai assoluto e non lo è perché è un fatto legato all’agire umano e alle determinazioni sociali, materiali e culturali di un dato momento storico. Senza questa coscienza storica la memoria scade in opinione soggettiva facilmente strumentalizzabile.
 
Rinunciare al carattere di “assoluto”naturalmente non diminuisce la gravità delle atrocità naziste, ma ci aiuta a ritrovare i fili della storia, a riconsiderare le sue trasformazioni e a prevenire in senso non solo morale, ma anche storico e politico, la possibilità che gli orrori si ripetano.

Chiudo. Non credo che gli orrori israeliani, particolarmente acuti in questi mesi, siano della stessa matrice dell’Olocausto. Non lo sono sul piano storico. E non lo sono anche per molte altre ragioni ideologiche. Questo non significa che non vadano condannati, al contrario. Non solo gli orrori israeliani vanno condannati, ma devono essere oggetto di riflessione per allargare il concetto del “mai più” ed evitare che venga usato in modo parziale, per scopi razzisti e disumani come accaduto recentemente. “Mai più l’Olocausto, mai più l’antisemitismo, lo sterminio degli oppositori politici, degli omosessuali, mai più il razzismo, il colonialismo, mai più il dominio dell’uomo sull’uomo”: questa è la mia giornata della memoria.

Paolo Desogus

Paolo Desogus

Professore associato di letteratura italiana contemporanea alla Sorbonne Université, autore di Laboratorio Pasolini. Teoria del segno e del cinema per Quodlibet.

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