Reflazione salariale e nazionalizzazioni: prendiamo esempio dalla Cina

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Reflazione salariale e nazionalizzazioni: prendiamo esempio dalla Cina

di Pasquale Cicalese 

 

Ho parlato con un mio caro amico economista, forse il migliore di Italia. No extratasse su banche. A partire dalla crisi dei subprime del 2008 e i rendimenti negativi hanno perso molti soldi e la stretta del credito era molto piu' forte.

La Bce li spinse a pulirsi dei crediti deteriorati, di cui parlo in Piano contro mercato e a fare aumenti di capitale. Molto meglio la nazionalizzazione con il ritorno della Riforma Bancaria del 1936 di Menichini, futuro governatore della Banca d'Italia nel dopoguerra. Per quanto riguarda il capitalismo delle bollette occorre studiare caso per caso perché diversi hanno contratti con il gas americano, visto che i "politici" e l'Ue ci costringono a comprare gas yankee.

Il lato su cui giocare dopo 30 anni è la scala mobile, l'inflazione una volta nella vita deve aumentare tramite reflazione salariale. Anche nel capitalismo delle bollette occorre nazionalizzazioni come fece Fanfani nel 1963 con l'Enel.

Magari iniziando con le municipalizzate privatizzate da centrosinistra e centrodestra. In ultimo è la reflazione salariale, simil cinese, che prende spunto dalla Prima Repubblica, la chiava di volta per arrestare l'immiserimento delle classi medio basse e della stessa classe media.

Poi equo canone, fine precarizzazione subappalti, Pacchetto Treu, Legge Sacconi, Jobs Act, Riforme Pensioni, Riforma Anselmi, fine riforma Fornero, internalizzazione delle funzioni esternalizzate nella Pa, fine performance. Insomma, lotta di classe riprendendo il motto: "vogliamo tutto!".

E se l'Italia stesse copiando la Cina? Stanotte sono emerse le prime indicazioni delle "Due Sessioni", l'organo consultivo, il Parlamento cinese, che si svolge ogni marzo. Parola chiave lo sviluppo delle nuove forze produttive basate sull'Ai, sulla sua diffusione nelle catene del valore industriale, nella modernizzazione industriale pubblica e privata. In un ambiente esterno fortemente deteriorato dalle tensioni Cina Usa e dalle guerre, la Cina vuole dare nuovo impulso alla crescita della sua economia e della comunità mondiale, secondo il concetto di "comunità condivisa".

Ho visto i giornali italiani. Milano Finanza dà notizie che secondo le recenti strategie governative italiane volte alla "giapponesizzazione" (ma potremmo dire anche alla "cinesizzazione") del debito pubblico (recente successo del Btp valore), 400 miliardi potrebbero rientrare in Italia, sognando l'autarchia del debito pubblico, dopo l'uscita della Bce. Ma c'è anche la notizia del "war deal Ue", l'acquisto di armi comune in ambito Ue come i vaccini secondo la nazista Von der Leyen (che posizione avrà l'Italia?). Quando curavo il blog Piano contro mercato due anni e mezzo fa diedi notizia della "terza gamba" cinese, vale a dire Pmi e artigianato. Ieri l'Italia ha fortemente deregolato il settore dell'artigianato, anche esso visto come terza gamba. Ma ci mancano, a differenza della Cina (le avevamo, non a caso, come sostengo in Piano contro mercato, la Cina prese spunto dalle riforme economiche e sociali della Prima Repubblica), i grandi complessi industriali dopo i golpi del 1992 e del 2008 e del 2011. E ci mancano banche pubbliche. Come la Cina, l'Italia mette sul mercato quote minoritarie di società e banche pubbliche (controtendenza della caduta del saggio di profitto), ma occorre l'unione tra Mps, Banca Popolare di Bari e Mcc come asse di banche pubbliche dedite al credito al lungo termine e il ritorno alla Riforma Bancaria del 1936. Il settore bancario attuale è troppo concentrato, dopo la scomparsa di tante banche a seguito delle politiche monetarie e bancarie di Bce e Banca d'Italia con Draghi protagonista. Se la Cina tanto tempo fa prese spunto da noi, forse è il caso che i nessi siano ricambiati.

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