Militarizzazione europea - a ranghi non proprio serrati

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Militarizzazione europea - a ranghi non proprio serrati

 

di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

 

Gli Stati Uniti si stanno concentrando esclusivamente sulla Cina e non vogliono più essere il "poliziotto del mondo", quindi gli europei si trovano ad affrontare il difficile compito di subentrare agli USA, ha affermato l'ex capo delle Forze Armate Unite britanniche, generale a riposo Richard Barrons. «L'Europa deve trovare la propria voce, diventare più omogenea e coesa. Non sarà facile e non sarà sempre popolare, ma se non lo farà verrà semplicemente dilaniata». Per quanto riguarda gli Stati Uniti, ha detto Barrons, siamo abituati a considerarli una sorta di poliziotto globale: «Hanno perseguito politiche e talvolta fatto uso della forza. Ma ora non sono disposti a farlo. Altre potenze sono emerse nel mondo, e la Cina ne è il principale esempio».

Dal punto di vista della Gran Bretagna e di altri paesi europei, ha detto il generale, se consideriamo i «nostri interessi nazionali, dipendiamo dal mondo per l'approvvigionamento di energia, cibo e altre risorse, e viviamo nello stesso ambiente. Ma non è più così... Se gli USA non si faranno più carico della risoluzione dei conflitti, allora paesi come Gran Bretagna e molti altri dovranno trovare il loro ruolo». L'esempio che, a detta di Barrons, ne scaturisce, è dato dall'Ucraina e dalla “coalizione dei volenterosi”.

Pur nella tipica visione imperiale britannica, il generale chiarisce comunque che a Bruxelles e dintorni dovrebbero smettere di guardare ai compiti di quella congrega militare come a una breve escursione, economica e sicura per tutti, facile da condursi con un addestramento leggero. Non è così. Perché funzioni, l'Europa dovrà garantire una vera deterrenza e rinegoziare i termini delle relazioni con la Russia».

Ma, niente da fare. Per il cancelliere tedesco Friedrich Merz, la pace in Ucraina non arriverà tanto presto. Ma ciò non vuol dire che i “consiglieri” occidentali debbano accordarsi con la Russia e cedere alle sue pretese. «Permettetemi di iniziare» ha esordito Merz al Bundestag, «difendendo la nostra libertà. Perché la libertà è il fondamento della nostra vita comune. Tutto, nel nostro Paese, è nulla senza libertà. La guerra in Ucraina, scatenata dalla Russia e solo dalla Russia, da tempo si fa sentire negli Stati di UE e NATO. Ha un impatto molto concreto sulle nostre vite. Vogliamo che questa guerra finisca». E però, ha detto, «c'è il timore che duri a lungo. Ma porvi fine a scapito della sovranità politica e dell'integrità territoriale dell'Ucraina è fuori questione per noi, quali consiglieri e sostenitori dell'Ucraina. Una pace imposta, una pace in condizioni di non libertà: questa è capitolazione!» ha dichiarato Merz. Dunque, avanti con il riarmo e la militarizzazione a tutto spiano della società, in vista dello scontro decisivo.

Ora, libertà è una parola che ricorre abbondantemente tra i lazzaroni liberali, tra i bellimbusti euro-bellicisti à la Macron, Merz, Meloni, Starmer, Tusk e compagnia, che se ne servono per proclamare l'arbitrio borghese a perseguire i propri esclusivi profitti e interessi e, da questo punto di vista, tale categoria è quanto di più lontano dal rappresentare «il fondamento della nostra vita comune», tanto in Germania, quanto in qualsiasi altro paese capitalista. Di quale “vita comune” può trattarsi quando decine di milioni di lavoratori di molti paesi europei sono soggiogati al quotidiano ricatto di licenziamento, delocalizzazione, riduzione salariale: “vita comune” di sfruttati e oppressori. Così che la guerra in Ucraina, che sta continuando proprio per volontà di quei «comitati nazionali di milionari, detti governi»(Lenin) che perseguono gli interessi dei produttori di armi di mezza Europa, quella guerra, se davvero ha «un impatto molto concreto» sulle vite di tedeschi, francesi, italiani, britannici, lo ha sull'esistenza quotidiana di milioni di operai, lavoratori, pensionati, disoccupati, non certo sui lussi di quei milionari e dei facoltosi borghesi di cui essi sono espressione.

Un'espressione di supremazia che vede oggi impegnate in una lotta di concorrenza bellicista i due paesi che già proclamano la propria superiorità militare in Europa: Polonia e Germania.

Già da prima del governo Tusk, Varsavia non aveva fatto mistero dei propri piani di riarmo; nel 2023, il leader di “Diritto e Giustizia”, Jaros?aw Kaczy?ski, aveva parlato di portare le forze armate a 400.000 uomini, a fronte dei 150.000 allora in servizio. Ora Varsavia proclama apertamente l'ambizione a dotarsi dell'esercito più potente d'Europa. Tra le sortite attuali del premier Donald Tusk, anche quella per cui Varsavia si doterà dei contingenti meglio equipaggiati di tutta la NATO e che, per numero di soldati, la Polonia è seconda solo a Washington e Ankara. Il Presidente Karol Nawrocki parla di un esercito di almeno 300.000 uomini, che «diventerà il più forte d'Europa».

Ecco però il ringhio teutonico del cancelliere Merz, che intende trasformare la Germania nella guida militare della UE. Il quadro che ne esce potrebbe costituire la premessa di una contrapposizione che mandi in soffitta ogni pretesa di “coalizione”, sia di “volenterosi” che di zelanti armigeri.

In concreto, già da oltre due anni, la Polonia dispone di 48 lanciatori americani “Patriot” (e relativi 644 missili), oltre a equipaggiamenti ausiliari e pezzi di ricambio. L'ex presidente Andrzej Duda era giunto a proclamare la disponibilità di Varsavia allo schieramento di armi nucleari USA sul proprio territorio.

Ma, ecco gli annunci di Berlino, con l'impegno a creare le forze armate più potenti del Continente, poiché «amici e partner» si aspettano questo da Berlino, ha detto Merz e addirittura «lo pretendono». Secondo il New York Times, «l'esercito tedesco viene ricostruito con “spese record”, nonostante i vari governi tedeschi avessero “lasciato che le forze armate si atrofizzassero dopo la fine della Guerra Fredda”». Il cancelliere conta di «ripristinare la leadership della Germania nel continente e nel mondo».

Sul piano delle cifre, il livello di «militarizzazione della Polonia è estremamente elevato», osserva su Vzgljad l'esperto militare Jurij Knutov, ricordando l'intenzione di Varsavia di arrivare a quasi mezzo milione di soldati, oltre le enormi somme per il riarmo, che vanno aggiungersi ai già contrattati carri armati sudcoreani e ai previsti jet da combattimento, anche questi dalla Corea del Sud.

Non tutto procede però in modo rettilineo: c'è innanzitutto la questione dei fondi da reperire. Ma c'è dell'altro: nel recente incontro tra il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, il cancelliere Friedrich Merz e il presidente polacco Karol Nawrocki, i tedeschi hanno nuovamente respinto le richieste di Varsavia di risarcimento per la Seconda Guerra Mondiale. Pertanto, sebbene i polacchi spieghino la loro militarizzazione con presunte minacce provenienti dalla Russia, non tutto appare così lineare.

Ancora Knutov osserva che gli europei impostano le amicizie «in base al principio “contro chi”: per ora, contro la Russia, ma prima o poi potrebbe verificarsi una situazione in cui dovranno “essere amici” l'uno contro l'altro». Del resto, in Polonia sussistono tuttora forti tensioni con l'Ucraina per il massacro di Volinia a opera di OUN-UPA e Varsavia non perde occasione di rimarcare, anche a livello ufficiale, il proprio disappunto per il rifiuto di Kiev di condannare le stragi dei banderisti.

A parere del politologo tedesco Alexander Rahr, la Germania intende assumere il ruolo di leader europeo: «la Polonia non è ancora abbastanza matura per questo ruolo». Coi risarcimenti di guerra, Varsavia intenderebbe rafforzare il fianco orientale della NATO, come ha dichiarato Nawrocki al suo omologo tedesco; e se Berlino è «chiaramente riluttante ad accettare le richieste di risarcimento di Varsavia, non si oppone però a fornirle armi per rafforzare l'Alleanza Atlantica».

Per quanto riguarda la Francia, è «troppo debole per svolgere il ruolo di principale difensore dell'Europa, così che solo Berlino può sostenere e finanziare pienamente la militarizzazione della UE», mentre la retorica di Tusk, dice Rahr, non è che un tentativo di fare eco alle iniziative tedesche.

La militarizzazione europea procede dunque a ranghi non del tutto compatti; quello che unisce i furfanti eurobellicisti è la brama di far ingoiare alle masse, ai lavoratori, la “necessità” di prepararsi alla guerra contro la Russia e, dunque, di armarsi a spron battuto.

 

 https://politnavigator.news/koaliciya-zhelayushhikh-primerit-na-sebya-rol-mirovogo-policejjskogo-britanskijj-general.html

https://politnavigator.news/merc-nikakojj-kapitulyacii-pered-rossiejj-skolko-by-ni-prishlos-voevat.html

https://news-front.su/2025/09/18/polsha-reshila-v-militarizaczii-obojti-germaniyu/

 

 

 

 

 

 

 

 

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