"Libero scambio" a doppio standard: l'UE adotta misure protezioniste contro la Cina
Mentre Bruxelles si presenta come paladina del libero mercato, utilizza strumenti protezionistici per limitare l’accesso delle aziende cinesi agli appalti pubblici
Negli ultimi giorni, l'Unione Europea ha approvato una misura che limita la partecipazione delle aziende cinesi di dispositivi medici alle gare d’appalto pubbliche europee per i prossimi cinque anni. Si tratta della prima applicazione dell’International Procurement Instrument (IPI), uno strumento introdotto nel 2022 con l’obiettivo dichiarato di promuovere la reciprocità nell’accesso ai mercati degli appalti pubblici. Tuttavia, questa decisione ha scatenato un’ondata di critiche sia da parte del governo cinese che di associazioni industriali, che accusano Bruxelles di protezionismo e ipocrisia.
L’UE, che si presenta come paladina del libero scambio, ha utilizzato lo strumento IPI per escludere le aziende cinesi da contratti pubblici superiori a 5 milioni di euro, a meno che Pechino non apra in modo simmetrico il proprio mercato a prodotti equivalenti provenienti dall’Europa. Secondo Michael Every, analista di Rabobank, questa mossa dimostra quanto l’UE abbia a disposizione strumenti sofisticati di "statecraft economico", ben oltre i tradizionali dazi doganali.
Questa decisione arriva in un momento delicato per le relazioni tra Europa e Cina. Da un lato, l’UE cerca di rafforzare i legami con Pechino, specialmente dopo il deterioramento dei rapporti con gli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump; dall’altro, però, sembra sempre più incline ad adottare posizioni protezioniste nei confronti della Cina, alimentando tensioni commerciali.
Il Ministero del Commercio cinese ha invitato l’UE a risolvere le divergenze attraverso il dialogo e la cooperazione, ribadendo che prenderà “misure necessarie” per difendere gli interessi delle imprese cinesi. In una nota ufficiale, il ministero ha espresso profonda preoccupazione per la decisione dell’UE, ricordando che la cooperazione tra i due blocchi nel settore sanitario ha portato benefici reciproci negli anni passati.
Anche la Camera di Commercio Cina-UE ha espresso “profonda delusione”, sostenendo che la mossa dell’UE contraddice i suoi stessi principi di apertura, equità e non discriminazione. Tra i membri della Camera figurano colossi come Bank of China, Cosco Shipping Holdings e BYD Co., che vedono nella decisione europea un segnale negativo per il futuro delle relazioni commerciali bilaterali.
Secondo alcuni osservatori, la strategia dell’UE sembra essere influenzata anche da pressioni interne e da una volontà di ottenere concessioni dagli Stati Uniti nelle trattative commerciali transatlantiche. Il professor Cui Hongjian dell’Università di Studi Internazionali di Pechino ha avvertito che sacrificare la cooperazione con la Cina per accontentare Washington potrebbe rivelarsi un errore strategico grave, che non porterà benefici reali all’Europa.
Nonostante le tensioni, i dati economici parlano chiaro: nel primo trimestre del 2025, gli scambi commerciali tra Cina ed Europa hanno superato il valore di 1.300 miliardi di yuan, mentre gli investimenti diretti cinesi in UE e Regno Unito hanno toccato quota 10 miliardi di euro nel 2024, con un aumento del 47% rispetto al 2023. Questi numeri testimoniano una complementarietà economica che non può essere ignorata.
Nei prossimi giorni, il ministro del Commercio cinese Wang Wentao incontrerà i rappresentanti europei a Parigi, dove si discuterà anche della questione degli appalti pubblici. Inoltre, è previsto un vertice tra leader europei e cinesi a breve termine, che potrebbe offrire un’opportunità per distendere i rapporti.
Tuttavia, molti esperti dubitano che si possa arrivare a una rapida soluzione. Wendy Cutler, ex funzionario statunitense per il commercio, ha sottolineato come l’UE debba destreggiarsi tra le pressioni dei propri Paesi membri e la necessità di mantenere un canale di dialogo con Pechino. Al contempo, Gerard DiPippo del RAND Center ha messo in guardia sulle probabilità di un reale miglioramento delle relazioni, considerando l’attuale clima politico.
Quello che emerge chiaramente è che la guerra commerciale globale non è solo tra USA e resto del mondo, come spesso descritta dai media mainstream. È piuttosto un conflitto multilaterale, in cui ogni attore cerca di proteggere i propri interessi, spesso con strumenti poco trasparenti e contraddittori. E se l’UE continua a presentarsi come campione del libero scambio, la sua crescente adozione di misure protezioniste rivela un atteggiamento molto diverso da quello professato.
Nel frattempo, la Cina ribadisce la propria disponibilità al dialogo, ma non esclude di rispondere con forza a quelle che considera misure ingiuste.