L’economia cinese al servizio del popolo, tra adattamento e progettazione

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L’economia cinese al servizio del popolo, tra adattamento e progettazione

 

di Fabio Massimo Parenti* - CGTN

A fronte delle incertezze e delle tensioni internazionali, il sistema economico-politico cinese mantiene la sua stabilità e conferma la direzione verso uno sviluppo di alta qualità caratterizzato dall’innovazione come motore di maggiore autonomia e sostenibilità del Paese. Il bilancio del lavoro economico del 2025, anno di conclusione del XIV Piano, è positivo e permette di delineare le manovre per il 2026, quando prenderà avvio il nuovo Piano quinquennale.

Recentemente, il documento di indirizzo macroeconomico della Repubblica popolare, pubblicato pochi giorni fa a seguito della Central Economic Work Conference 2025 del Partito comunista, ha offerto una riflessione articolata su tutti i principali temi del sistema economico-sociale cinese. Si tratta di un forum annuale che, in modo complementare ad altri eventi, contribuisce a definire gli sforzi della leadership finalizzati a garantire stabilità e continuità allo sviluppo economico del Paese. Si badi bene, non si tratta mai di puro tecnicismo economico, ma di un approccio e di un metodo di lavoro che ha al centro una concezione sociale dell’economia, perché la priorità in Cina non è tanto controllare l’inflazione o favorire la domanda interna, necessità indiscutibili, ma perseguire e promuovere la coesione sociale, attraverso manovre economiche ben integrate e coordinate.  

Dopo aver sintetizzato risultati, problemi, orientamento politico ed adesione alla nuova filosofia dello sviluppo cinese, la Conferenza Centrale sul Lavoro Economico ha stabilito otto compiti prioritari per il lavoro economico del prossimo anno. Al riguardo, ci preme richiamare direttamente un paio di punti in relazione all’idea-pratica dello sviluppo guidato dai bisogni del popolo. Al punto sette del documento si legge: “perseverare nel dare priorità al benessere della popolazione e impegnarsi a fare più cose concrete a favore delle masse”. Ecco, questo è sempre l’obiettivo centrale di ogni azione politica cinese e va sempre ricordato: il PCC non si siede sugli allori dei successi già conseguiti.

Ad esempio, il grande traguardo dell’azzeramento della povertà assoluta in Cina, completato nel 2021 con 10 anni di anticipo rispetto alla tabella di marcia Onu, non ha ridotto l’attenzione della leadership su questo tema. Il punto cinque del documento, che affronta l’importante questione dello sviluppo coordinato al livello regionale ed urbano-rurale, sottolinea infatti la necessità di prevenire il ritorno alla povertà per alcuni segmenti sociali e di espandere i risultati delle politiche di riduzione della povertà.

Nel documento si ribadiscono le caratteristiche che hanno ben funzionato fino ad oggi, tanto nella lotta alla povertà quanto nel miglioramento complessivo delle condizioni di vita di centinaia di milioni di persone. Pertanto, lo Stato continuerà a svolgere un ruolo di guida fondamentale nelle dinamiche di mercato, fornendo incentivi fiscali, liquidità, sussidi e più in generale politiche volte al miglioramento di un modello di economia mista Stato-mercato, usando deficit e strumenti fiscali per stimolare domanda e investimenti.

Questo percorso è coerente con la strategia di Pechino di promuovere ed espandere sia i consumi interni, sia le capacità innovative-produttive high-tech, per obiettivi sociali ed ambientali a medio e lungo termine. Le riforme, dunque, continueranno in ogni settore economico ed in ogni area di governance, guardando ai grandi obiettivi del 2035 e del 2049.

I termini più ricorrenti nel documento sono riforme, promozione e stabilità. E’ necessario saper assorbire gli shock, continuare a risolvere i vecchi problemi legati all’immobiliare, ai debiti locali ed alla domanda interna (“rimozione delle restrizioni irrazionali al consumo”), nonché rafforzare il sistema di assistenza sanitaria, aumentando nel contempo l’offerta di beni e servizi di qualità, e favorendo l’integrazione tra investimenti fisici e investimenti in capitale umano. Qui la Cina sta ricostruendo il patto sociale in un contesto internazionale nuovo: la domanda interna diventa dunque uno strumento di coesione nazionale e non solo una leva di crescita.

Come dicevamo, uno degli aspetti più interessanti del documento è che non c’è alcuna opposizione Stato/mercato: si parla di “market vitality”, “effective regulation”, “policies for the Private Sector Promotion Law”, dove lo Stato non sostituisce il mercato, ma lo incanala. Il documento non è aggressivo, ideologico o propagandistico, poiché riconosce i risultati raggiunti, da mantenere e migliorare ulteriormente, ma evidenzia anche le criticità ed i problemi esistenti, tanto sul piano del mercato, quanto sul piano sociale, demografico ed ambientale, offrendo strategie e misure possibili per superarli. La Central Economic Work Conference non annuncia svolte clamorose, perché la vera svolta è già avvenuta: la Cina ha già dimostrato di poter governare la complessità per mezzo di una pianificazione costante, sperimentale, flessibile di lungo periodo.

In un mondo che reagisce a volte in modo irrazionale ed alza muri contro nemici immaginari, Pechino continua a progettare il proprio futuro ponendo l’economia al servizio del popolo.

*Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali e Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia

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