La rimozione dell'esistente
di Giuseppe Giannini
Le applicazioni dell'intelligenza artificiale delineano un quadro in cui la volontà di potenza viene annichilita. O forse, la realizzazione di questo proposito, come espressione dell'affermazione dei valori, viene attualizzata in forme diverse, che vanno oltre l'esistenza stessa. Non sarà più l'uomo a decidere, abdicherà al ruolo da protagonista, rimettendo le scelte ad una volontà pragmatica, generata dalla mente umana ma che da essa si stacca in quanto educata a procedere in autonomia.
Tale processo viene tacitamente accettato perchè migliora le prestazioni, però è inquietante vedere passare in secondo piano, come se non fossero rilevanti, le possibili implicazioni che queste procedure automatizzate avranno sulle nostre vite.
Vengono trascurati gli aspetti etici e già sono evidenti gli eccessi che un utilizzo distorto ed abnorme di questi meccanismi comporta: l'azienda americana Palantir che si serve di dati massicci per il controllo preventivo e l'eventuale deportazione dei migranti; le società di sorveglianza americane Maven e Dataminr, che gestiscono dati provenienti da contesti di guerra (il controllo della Striscia di Gaza) e per finalità di antiterrorismo con lo scopo di monitorare e sorvegliare gli utenti della rete, i loro post e le connessioni pericolose. Fino a poco tempo fa, diciamo, l'agire umano richiedeva processi lunghi che, una volta giunti a definizione, acquisiti dalla generalità e riconosciuti come utili alle popolazioni, tanto negli aspetti materiali (l'homo faber) che in quelli propri legati alla conoscenza (il sapere e la ragione), venivano a cristallizzarsi in seno alle società. Segnali del progresso, di un'evoluzione, che affidava alla tecnica le mansioni di fatica per agevolare la libertà degli spiriti, il confronto, l'apprendimento.
Il miglioramento delle capacità, innanzitutto negli aspetti pratici, ha consentito alla successione delle generazioni di allegerire il carico che ne consumava le forze. Di pari passo alle scoperte applicate un ruolo sempre più rilevante l'ha preso la scienza, in quanto disciplina che permea il discorso del quotidiano. Linguaggio di esperti che confina, invadendo oltre il dovuto, le sedi della politica. Quando ci si rimette in tali mani o quando la tecnologia appare inconfutabile, malgrado gli errori (programmati?) e la trasformazione dei modelli comportamentali, degli stili di vita, e con esse delle abitudini consentite da un certo lassismo, sinonimo di assenza di approccio critico (degli educatori e delle famiglie), cieca fede e complicità interessata (della classe dirigente), allora viene a prodursi il cambiamento che determinerà le fasi a seguire. Le rivoluzioni industriali sconvolgono i sistemi produttivi e concorrono al mutamento dei costumi.
L'ultima rivoluzione cibernetica riguarda la capacità di incidere sulle facoltà umane, non solo attraverso macchinari e dispositivi che ne imitano le funzioni, ma al punto di arrivare a sterilizzare l'apprendimento per mezzo di supporti di comodità, che alla fine impigriscono il cervello ed il fisico. L'essere umano che usufruisce della tecnica applicata va perdendo tutte le qualità che nel corso dei secoli sono servite a migliorarlo.
La memoria e l'esperienza atrofizzate a causa di un soggetto altro (e non umano) che agisce al posto nostro, mentre ci crogioliamo premendo tasti. Una illusione di libertà, che comporta forme inedite di schiavitù: velocità di esecuzione, pensiero inaridito, e deficit di attenzione. Involuti in forme di vita ansiogene ci allontaniamo dai nostri simili. Il distacco dagli animali sociali combinato alla precedente disaffezione verso la natura e le altre specie ha, praticamente, rimodellato la contemporaneità. Non esiste più nessuna esperienza che valga la pena di essere raccontata. Il nuovo che avanza è temibile ed è già realtà. L'intelligenza artificiale programmata per coadiuvare l'umano sta producendo danni sostanziali. Di questo passo ci siamo autoinflitti l'estinzione. Al momento, siamo tutti più stupidi, banali, e scontati.
La fantasia e la creatività, la capacità di accogliere l'imprevisto, i sogni che alimentano i desideri, tutte doti che sono state, in qualche maniera, ridimensionate. Se per gli adulti il danno è minore, sempre che, in teoria, permanga la volontà di preservare il mondo precedente, i danni più preoccupanti riguardano le fasce in corso di formazione. Chi è in età scolastica risente delle precedenti innovazioni tecnologiche, che più di qualche guasto comportamentale hanno causato: impoverimento del linguaggio; incapacità di assorbire i traumi; tossicità delle relazioni. Escapismo verso la dimensione piatta dove niente accade davvero. Gli studenti dell'era internet passati dalla lavagna digitale e dalle ricerche poco sudate su wikipedia all'uso del modello Gemini dell'intelligenza artificiale. Il rischio è che, se le operazioni vengono effettuate o facilitate da un agente esterno, si possano perdere competenze ed abilità.
Dal saper scrivere un testo alla capacità di calcolo, fino alla possibilità di sviluppare curiosità e critica. La mente umana trova difficoltà a memorizzare conoscenze ed a ricordare. Se in passato la scrittura serviva a conservarle, oggi chi è che scrive? ( E' un dato di fatto che la penna appare sempre più come un corpo estraneo). E se lo fa dietro comando indotto cosa rimane dell'autenticità dell'esperienza umana? Androidi che sostituiscono lavoratori in carne e ossa e dispositivi di intelligenza pensati per l'efficienza del sistema ritengono residuale, ad sempio, il bagaglio culturale di avvocati, insegnanti, o medici. Un accumulo quantistico difficile da governare porta alla perdita del pensiero ed all'oblio della stessa, secolare, esperienza umana.
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UNO SGUARDO DAL FRONTE
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Fulvio Grimaldi, da Figlio della Lupa a rivoluzionario del ’68 a decano degli inviati di guerra in attività, ci racconta il secolo più controverso dei tempi moderni e forse di tutti i tempi. È la testimonianza di un osservatore, professionista dell’informazione, inviato di tutte le guerre, che siano conflitti con le armi, rivoluzioni colorate o meno, o lotte di classe. È lo sguardo di un attivista della ragione che distingue tra vero e falso, realtà e propaganda, tra quelli che ci fanno e quelli che ci sono. Uno sguardo dal fronte, appunto, inesorabilmente dalla parte dei “dannati della Terra”.

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