La repressione dello Stato dietro al Decreto Sicurezza

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La repressione dello Stato dietro al Decreto Sicurezza

 

di Giuseppe Giannini

Il Decreto Sicurezza approvato d'urgenza fa discutere. Soprattutto, allarma gli operatori del diritto e gli organismi internazionali. Rilievi preoccupanti sono emersi dalle dichiarazioni congiunte dei docenti di diritto penale, da parte dell'ANM, e dagli avvocati penalisti.

Questa comunanza di vedute, che di certo non può essere tacciata di fare politica, insieme alle osservazioni dei relatori dell'ONU, i quali fanno notare come vi siano aspetti illegali nel provvedimento. Innanzitutto l'anomalia nell'iter di approvazione. A distanza di un anno dalla presentazione in Parlamento, dopo il rinvio alle Camere da parte del Presidente della Repubblica, per farvi apporre dei correttivi su misure in dubbio di costituzionalità, il governo autoritario delle destre, che non smette di attaccare gli organi della giustizia (italiana e sovranazionale) quando le pronunce non sono gradite, ma al contempo si rende protagonista di scandali e illeciti, ribadisce la visione classista della giustizia.

In base alla quale il finto garantismo è sinonimo di impunità per i suoi membri ed affiliati, mentre assume la sostanza della repressione verso chiunque sollevi la propria indignazione. Perchè di questo si tratta: tutti i comportamenti  considerati devianti saranno puniti con la forza. Quattordici nuovi reati sono stati introdotti. Aumenti di pena per nove fattispecie. Il ministro Nordio, celebre per la conversione avuta, passato dall'essere il magistrato inquisitore di Mani Pulite alla via del garantismo per le élite, è il simbolo della deriva autoritaria. Tra i primi provvedimenti ricordiamo il Decreto Rave; una delle ultime figuracce riguarda il caso Al Masri.

Ci stiamo avviando verso l'orbanizzazione della giustizia: il simbolo sono le catene ai migranti deportati in Albania. Tutte le forme di manifestazione del dissenso, dopo le manganellate della polizia, subiranno una condanna giudiziaria. Per quanto riguarda l'aspetto formale del decreto in tanti osservano come nessuna urgenza potesse giustificarlo. Mancano i presupposti di necessità, ed appunto urgenza. E' stato vanificato il ruolo consultivo del Parlamento. Il testo inoltre appare disomogeneo: sono presenti norme per la lotta alla criminalità; a tutela delle forze dell'ordine; della sicurezza pubblica; riguardanti l'ordinamento penitenziario.

Sorgono quindi i presupposti per l'illegittimità costituzionale. Dubbi di incostituzionalità anche per quanto concerne il mancato rispetto dei principi di offensività, ragionevolezza, colpevolezza, sussidiarietà. Andando ad analizzarne il contenuto tra gli aspetti inquetanti vi sono quelli legati alla severità delle pene previste per chi protesta o fa resistenza passiva. Che la rivolta avvenga in carcere, al fine di evidenziare le pessime condizioni detentive, o si estrinsechi nelle piazze per problematiche sociali, lavorative, ambientali, della salute, o ancora assuma la forma dei blocchi stradali o mostri situazioni di indigenza (le occupazioni di immobili) tutto diventa ambito del penale. Punito chi ostacoli le grandi opere (inutili), i migranti in attesa di regolarizzazione, le donne incinte.

L'aggressione e la resistenza al pubblico ufficiale come aggravanti a discrezione del militare, la cui parola è legge inopinabile. D'ora in poi usufruiranno della copertura legale a spese dello Stato, invece vorremmo l'adozione del numero identificativo per riconoscere eventuali abusi. Il rischio è di portare al collasso il sistema carcerario. Anche in forza delle disposizioni immediatamente in vigore incidenti sulla libertà personale, pur in attesa della conversione, che sono operative (pensiano all'arresto basato su questi presupposti di colpevolezza) ma che in seguito potranno essere modificate ed abrogate. Atri esempi: l'occupazione di immobili avrà una pena come quella dell'omicidio colposo;la donna in gravidanza o madre potrà andare in carcere; le misure alternative per minori accompagnati, tossicodipendenti saranno sostituite da quelle repressive.

Già sorgono le prime problematiche applicative. E' il caso di un ragazzo che non si è fermato ad un posto di blocco e dopo un alterco con l'agente è stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale, per il quale è scattata l'aggravante prevista dal decreto. I legali hanno chiesto la possibilità del rinvio alla Corte Costituzionale.

Importanti saranno le ripercussioni per determinate attività imprenditoriali legate al commercio della cannabis light o della coltivazione per scopi alimentari e farmaceutici della canapa. Sono a rischio più di ventimila posti di lavoro e secondo le associazioni di categoria il decreto contrasta con le direttive europee. Nel frattempo alcuni poliziotti stanno andando oltre. Qualche giorno fa la notizia degli eccessi dopo un rave party a Torino. Botte, cariche, scontri, veicoli attaccati, ruote bucate, frasi sessiste contro i partecipanti. Altro che questioni di ordine pubblico. Questa è repressione nei confronti di ogni alterità culturale e sociale. I veri facinorosi sono alcuni in divisa che, come a Milano, vanno in giro con il giubbotto con lo stemma dell'estrema destra polacca. Il clima teso creato ad hoc sposta il discorso sulla sicurezza ma non vi è alcuna emergenza. I dati del ministero e della polizia dimostrano come sia notevolmente calato il numero dei reati negli ultimi decenni. Eppure abbiamo il numero di operatori delle forze dell'ordine più elevato in proporzione rispetto agli altri Paesi.

Tra carabinieri, polizia, guardia di finanza, polizia penitenziaria e locale la media supera quella di Francia, Germania., Regno Unito, Spagna. I procedimenti scaturiti da denunce della polizia vengono spesso archiviati. Nel 2022 il 49%.

Questi sono alcuni degli aspetti trattati nei libri di S. Palidda e I. Di Sabato dai quali emerge come invece di fare prevenzione, ed aumentare il controllo per combattere le economie irregolari, lo sfruttamento lavorativo, l'inquinamento ambientale ecc, l'interesse è quello di diffondere insicurezza fra la popolazione, così da surriscaldare gli animi. La tutela della (grossa) proprietà viene ad assumere un posto preminente rispetto al rispetto dei diritti individuali e sociali.

Siamo diretti verso lo Stato di polizia. Il controllo farà aumentare i reati, ed il lavoro dei Tribunali,  e renderà più pesante la detenzione nelle carceri e nei CPR.

L'allarme lanciato dall'ONU riguarda il rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite, dello Stato di diritto.

Il decreto colpisce gruppi specifici, mina la libertà di espressione e di movimento. Discriminazioni in netto contrasto con gli obblighi derivanti dal diritto internazionale.

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