La lettera aperta della comunità artistica alle organizzazioni culturali per la difesa dei diritti del popolo palestinese

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Riceviamo e pubblichiamo

Mentre fischiano le bombe e infuria la violenza eterna che devasta la Palestina da 75 anni un gruppo di artisti, scrittori e lavoratori del mondo dell’arte contemporanea chiede che il fragoroso e colpevole silenzio che proviene da tanta parte dell’universo culturale occidentale venga rotto.

Oltre 200 persone hanno scritto An open letter from the art community to cultural organizations che la rivista Artforum ha pubblicato il 19 ottobre 2023 e oltre 8000 sono le adesioni: un gruppo composto da tutte le professionalità del panorama artistico impegnate a sostegno della lotta di liberazione del popolo palestinese e a chiedere la fine del silenzio istituzionale che aleggia nelle istituzioni della cultura.

Ecco la traduzione del testo integrale della lettera:

«La comunità artistica è variegata e attraversa confini, nazionalità, fedi e credenze. Noi artisti, scrittori, curatori, registi, editori e lavoratori che producono opere, collaborano e comunicano, creando il nucleo attorno al quale ruotano le istituzioni e le organizzazioni, dobbiamo essere certi che questi non siano solo spazi sicuri, ma anche umani.

Sosteniamo la liberazione della Palestina e chiediamo la fine dell’uccisione e del ferimento di tutti i civili, un cessate il fuoco immediato, il passaggio degli aiuti umanitari a Gaza e la fine della complicità dei nostri organi di governo nelle gravi violazioni dei diritti umani e nei crimini di guerra.

Chiediamo che venga immediatamente rotto il silenzio istituzionale sulla crisi umanitaria in corso che 2,3 milioni di palestinesi stanno affrontando nella Striscia di Gaza occupata e assediata. Nelle parole del coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per i Territori palestinesi occupati, “si tratta della perdita della nostra umanità se la comunità internazionale permette che questo continui. Quello che stiamo vedendo ora è semplicemente disumano”.

Il silenzio in questo momento di crisi e di escalation del genocidio non è una posizione politicamente neutrale. Negli ultimi anni sono stati compiuti passi significativi per affrontare istituzionalmente la giustizia sociale e la disuguaglianza, e anche i vostri programmi artistici hanno beneficiato di queste politiche. Ora chiediamo che continuino e si estendano nel riconoscere i crimini contro l’umanità che il popolo palestinese sta affrontando.

Il continuo bombardamento di Gaza e l’uccisione e lo sfollamento forzato dei suoi abitanti sono stati condannati da Amnesty International, dalle Nazioni Unite, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e da Action Aid. Questi, insieme ad altri organismi mondiali, hanno indicato che la punizione collettiva dei civili di Gaza – che include l’uccisione di operatori umanitari, giornalisti e medici, nonché la distruzione di tutte le infrastrutture e delle risorse vitali, l’interruzione dell’acqua, del cibo, dell’elettricità e delle medicine – equivale a un crimine di guerra.

È ampiamente dimostrato che stiamo assistendo al dispiegarsi di un genocidio in cui le già precarie vite dei palestinesi sono considerate indegne di aiuti, per non parlare dei diritti umani e della giustizia. Con l’impunità, Israele ha già intrapreso 3 dei 5 atti definitori delineati dalla Convenzione sul genocidio delle Nazioni Unite. Come scrive Raz Segal, storico israeliano e studioso di genocidi, “Israele ha anche intensificato il suo assedio di 16 anni a Gaza, il più lungo della storia moderna, in chiara violazione del diritto umanitario internazionale, fino a un “assedio completo””. Questa direttiva di realizzare la distruzione sistemica dei palestinesi e della società palestinese a Gaza viene direttamente dal ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, che ha descritto i suoi obiettivi in termini degradati, come “animali umani”.

Noi sottoscritti rifiutiamo la violenza contro tutti i civili, indipendentemente dalla loro identità, e chiediamo di porre fine alla causa principale della violenza: l’oppressione e l’occupazione. Siamo solidali con il popolo palestinese. Chiediamo alle organizzazioni artistiche di essere solidali con gli operatori culturali e invitiamo i nostri governi a chiedere un cessate il fuoco immediato e l’apertura dei valichi di Gaza per consentire agli aiuti umanitari di entrare senza ostacoli.

Crediamo che le organizzazioni e le istituzioni artistiche, la cui missione è proteggere la libertà di espressione, promuovere l’istruzione, la comunità e la creatività, siano anche a favore della libertà di vita e del diritto fondamentale all’esistenza. Vi chiediamo di rifiutare la disumanità, che non ha posto nella vita o nell’arte, e di chiedere pubblicamente ai nostri governi un cessate il fuoco».

Mentre ci apprestiamo a firmare non ci resta che sperare nel risveglio delle istituzioni culturali e nella loro presa di posizione a sostegno della causa della Palestina. E nella liberazione del popolo palestinese, From the river to the sea.

a cura di Carlo Maccioni

 

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