La "campagna mediterranea" della Meloni

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La "campagna mediterranea" della Meloni


di Pasquale Cicalese

Continua la "campagna mediterranea" della Meloni. Dopo Tunisia, Libia, Algeria, è ora la volta dell'Egitto. Sfrutta il marchio Ue, portandosi la von der Leyen e mettendo in pasto all'opinione pubblica la faccenda dei migranti , ma il suo scopo è un altro.

L'Italia ha perso il Mediterraneo nel 2011, con la scomparsa di Gheddafi, voluta da Obama, Sarkozy e Napolitano, con Berlusconi, minacciato, costretto a mandare i caccia. Morì quel che definì "un suo amico".

Poi ci fu il golpe di Monti e i governi piddini o gialloverdi, tutti incentrati verso il centronord dell'Europa. Intanto la Cina, come scrissi in Piano contro mercato, delocalizzava nel sud del Mediterraneo il 15% della propria produzione industriale a basso valore aggiunto, specializzandosi, in una corsa frenetica con gli Usa e con Taiwan, nell'high tech. Creava porti, zone franche, ricostruiva quartieri, costruiva autostrade, moschee e quant'altro. Stessa cosa nell'Africa nera.

Qualche anno dopo fu la Russia a seguire il percorso della Cina, in un ottica politico-militare. La Francia fu cacciata fuori. La Meloni, subito al governo, prese le mosse di De Michelis e Berlusconi per ricontattare il sud del Mediterraneo e l'Africa, con il Piano Mattei, poca roba, ma l'importante era ritrovarsi. L'Africa si stava e si sta industrializzando, ha alti tassi demografici, la tecnologia aiuta i collegamenti, i cinesi costruirono tante autostrade e quartieri. Se da una parte rompe con la Cina, su diktat del Deep State americano, dall'altra parte la Meloni cerca di raccogliere i frutti dell'azione cino-russa con le imprese parastatali. Qualche hanno fa Eni scoprì in Egitto enormi giacimenti di petrolio e gas e, con la fine dei rapporti con la Russia, d'intesa con la Ue, alias Germania, l'Italia, per la Meloni si trasforma in hub energetico, dando chance allo stesso Mezzogiorno, se non fosse per l'autonomia differenziata.

Il "mal d'Africa" meloniano, al  centro dell'attenzione del prossimo G7 in Puglia, ha come contraltare il PNNR ancora non speso dove sono previsti infrastrutture al sud, compreso il famigerato Ponte sullo Stretto, antistorico ma che ha logiche militari, far avanzare le basi americane in Sicilia verso nord, verso la Germania, in un'ottica di probabile guerra mondiale, o in ogni caso di presa assoluta americana sull'Ue, percorso già iniziato con la fine dei rapporti Germania Russia e la distruzione del North stream, che permette alla Meloni di far avanzare la "Southern Route" energetica e, si spera, commerciale e industriale. Oggi su Repubblica un editoriale, Meloni double face, sovranista e atlantista. La Southern Route, appoggiata da Forza Italia, provoca dissidi con la Lega, da sempre vogliosa di spaccare l'Italia e andarsene in Baviera.

Strano gioco quello della Meloni, avanza a tentoni, sfrutta ogni occasione, ogni "bacio" bideniano, o telefonate segrete con Trump, secondo la ricostruzione de Il foglio di sabato scorso, ma avente in mente la politica mediterranea di De Michelis e Berlusconi. Corsi e ricorsi storici, nel mentre Putin ha la presa assoluta in Russia ed avanza e a Gaza c'è il genocidio. La stessa cacciata di imprese italo cinesi si scontra con le contraddizioni di una parte della borghesia nazionale vogliosa di fare affari nell'Estremo Oriente. Se dovesse vincere Trump, ci sarà competizione assoluta, industriale, commerciale, finanziaria con la Cina, ma forse non guerra, in una triangolazione Usa-Cina-Russia (basi militari in Siria e in Libia) nel Mediterraneo. Lei attende, ed intanto va avanti con il "minuto" Piano Mattei, ben sapendo che la posta in gioco è ben altra, spostare, dopo la caduta del Muro di Berlino, l'asse europeo dal centro-nord est, al sud e al sud est. Dialoga con tutti, ma gli affari li fa nel Mediterraneo. Il 5 novembre sapremo se il suo sguardo, sempre che il suo governo stia ancora in piedi, proprio a seguito della triangolazione suddetta, si volgerà verso l'Estremo Oriente. Con l'India c'è già l'intesa, forse il paese al mondo che cresce di piu'. Il risiko meloniano, che vedrà Roma protagonista nel 2025 con il Giubileo (l'Africa è piena di cristiani) sfrutta le contraddizioni Ue per volgere la strategia verso sud sud est. Ciò avrà conseguenze sulla tenuta del governo con un partito, la Lega, da sempre proiettato verso centro- nord est. I dossier in giro servono a questo, a vedere chi avrà la meglio.

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