In Medioriente c'è veramente una guerra: siamo sicuri?

In Medioriente c'è veramente una guerra: siamo sicuri?

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di Lenny Bottai*


Quando dico che i Tg del servizio pubblico sono ormai espressione moderna del "compianto" istituto LVCE lo affermo con cognizione di causa. Del resto, così non fosse, gente come Sangiuliano non sarebbe diventata da direttore del TG a ministro per evidente "riconoscenza".

Anche oggi hanno aperto con la guerra in medioriente dipingendo una realtà che sono i numeri a dire che è palesemente falsa. Pochi giorni fa i media hanno annunciato la morte del 217° soldato israeliano da quando è iniziata la vile rappresaglia del governo nazisionista di Netanyahu, il quale oggi, nel giorno della memoria, ha annunciato di aver ritrovato in un covo il Main Kampf in arabo (si, lo hanno detto!). Appare ovvio quindi che i media nostrani vogliono raccontarci una realtà che non esiste, ovvero quella di un conflitto tra due parti. “Ancora scontri a Rafah, a Khan Yunis”, dicono, per mimare una guerra tra due fazioni. Oppure “lancio di razzi da parte di Hamas”. Ed infine ogni assalto israeliano è giustificato dal fatto che il governo avrebbe detto che in quella posizione so trova un comando di Hamas. Eppure se le proporzioni sono queste, ovvero 217 soldati israeliani morti contro i più di 25.000 palestinesi uccisi, lo scenario quindi non quadra. Difatti muoiono solo civili, ma ci si sforza comunque sempre di dire che Israele ha dichiarato di aver colpito uomini di Hamas (salvo poi dire che le cariche di questi sono fuggite nei paesi confinanti, dove tirano razzi in barba al diritto internazionale). Ma allora che tipo di guerra sarebbe una dove il parametro sta 1 a 150? È ovviamente un’aggressione e basta, un genocidio, e via via ci scappa un morto anche tra gli aggressori. Perché il terrorismo nasce dalla guerra asimmetrica, inutile fare finta di non saperlo. I media si sforzano quindi di comporre un quadro di un conflitto che sono i numeri a sbugiardare. Artefice è il governo Netanyahu, complici sono tutti i giornalai che lo coadiuvano.

*Post Facebook del 29 gennaio 2024

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